Dopo vari tentativi di riprendere il gran gioco della Coppa dopo la lunga pausa dovuta alla seconda guerra mondiale, nel ’56 il commodoro del New York Yacht Club Henry Sears e quello del Royal Yacht Squadron di Cowes sir Ralph Gore trovano finalmente un accordo per ricominciare le regate. Si cerca anche una nuova barca: i vecchi J Class sono improponibili perché troppo costosi in un periodo in cui tutti pensano alla ricostruzione. Si sceglie così la classe 12 metri Stazza Internazionale: la regola è simile (derivazione dalla Universal Rule che aveva generato i J Class) ma gli scafi sono molto più piccoli, poco più di ventuno metri con undici uomini d’equipaggio. La Corte Suprema di New York accetta una modifica del Deed of Gift per ridurre la lunghezza minima al galleggiamento e inoltre si decide che le barche non dovranno più arrivare sul campo di regata americano navigando in autonomia l’Atlantico. Questo rende molto più equilibrata la competizione, perché anche chi arriva dall’Europa potrà costruire una barca per condizioni leggere di Newport.
Lo sfidante è il Royal Yacht Squadron con Sceptre di Graham Mann, uno scafo progettato da David Boyd il cui modello ha vinto una gara in vasca navale contro altri tre progetti. Il pozzetto è molto grande, arriva fino all’albero, e parte dell’equipaggio lavora sottocoperta. Il defender è Columbia affidato a Brigs Cunnigham. L’esperienza su questo tipo di barche, per quanto la formula in realtà esista da una cinquantina d’anni e abbia già generato imbarcazioni interessanti (come Vim considerato il primo della generazione moderna), non è molta. Columbia si batte con una concorrenza agguerrita per conquistare il ruolo di defender ed è ancora una volta una barca che porta novità. Le regate scrivono poca storia: Columbia vince le quattro prove che servono a difendere con successo la Coppa senza una grande resistenza. La leggenda della supremazia americana di rinnova, ma la Coppa è ripartita e ricomincia a muovere passioni e interessi.

La Coppa delle cento Ghinee è una brocca forgiata nel 1848 in due esemplari (si dice) nei laboratori londinesi di Garrard, i gioiellieri della regina Vittoria. Una delle due nel 1851 è stata il premio per una regata che ha visto la goletta America sfidare un certo numero di yacht inglesi nel Solent. La esile goletta, discendente diretta delle barche da pesca dei banchi di Terranova, battè senza pietà navigando attorno all’isola di Wight e sotto gli occhi della regina imperatrice le migliori barche inglesi, molte delle quali navigavano complete di caminetti, tappeti e arredi. Pare che il leggendario “maestà non vi è secondo” non sia mai stato pronunciato dal valletto: ma è servito molto a  illustrare la magia della regata e la distanza che separava l’America dal resto dei concorrenti. La goletta, che in seguito ha navigato anche come nave militare, costava più o meno l’equivalente di 500 mila euro attuali. Quella sfida, avvenuta nell’anno di una importante esposizione universale, è stata l’inizio di una delle più belle leggende dello sport. Mostrava già una sua valenza simbolica: gli uomini del nuovo mondo, in arrivo dalle colonie erano riusciti a battere con quattro soldi e le loro idee la più grande potenza industriale e marittima del mondo. Quella Coppa diventa America negli anni 70 dell’ottocento attraverso un atto di donazione, Deed of Gift, che ne sancisce alcune regole fondamentali che, nel bene e nel male, le hanno consentito di restare il più antico trofeo dello sport internazionale che si disputa senza interruzioni. Nel 1983, quando Alan Bond (uno dei grandi rider degli anni ottanta, che dopo un grande successo e aver comprato i girasoli di Van Gogh ha fatto bancarotta) con un manipolo di australiani istigati da John Bertrand ha strappato la Coppa agli “imperatori” del New York Yacht Club che se la tenevano stretta da 132 anni. E’ stato proprio quell’anno che l’Italia ha scoperto tutta la leggenda della Coppa. Lo Yacht Club Costa Smeralda aveva lanciato la prima sfida italiana con Azzurra, che riuscì a battersi bene con i migliori: skipper Cino Ricci, timoniere Mauro Pelaschier. Sostenitori sono l’avvocato Gianni Agnelli e s.a. Karim Aga Khan. La sfida italiana è un indicatore anche di salute economica: essere accettati nel tempo del capitalismo anglo sassone, ha un peso. E non è un caso che un anno prima l’Italia di Zoff abbia vinto uno storico campionato del mondo di calcio. La Coppa dopo quello storico primo viaggio verso l’Australia ha viaggiato ancora. L’hanno rivinta gli americani con una storica impresa di Dennis Conner, poi i neozelandesi con sir Peter Blake e una squadra di invincibili. Nel 2003 l’imprenditore svizzero Ernesto Bertarelli riesce nella storica impresa di riportarla in Europa con il suo Alinghi. La sua vittoria è in parte ancora neozelandese, il nucleo centrale dell’equipaggio è di bandiera neozelandese ma ci sono uomini forti da tutto il mondo. Due per tutti: il timoniere ingegnere Russell Coutts, nato a Wellington, e Jochen Schumann, un atleta di Berlino che ha cominciato a navigare con la maglia grigia della DDR e ha vinto quattro medaglie alle Olimpiadi. Sono anni in cui la vecchia Europa è forte e centrale: per la prima volta le tasse di iscrizione sono in Euro. Per chi si è incuriosito sulle vicende del trofeo: sembra che il secondo esemplare del più antico trofeo internazionale dello sport sia finito sul caminetto di Ted Turner, l’armatore timoniere che aveva vinto nel settantasette prima di inventare la CNN. O sul suo caminetto è finita la Coppa originale e quella che circola è una copia? Certo è che il trofeo è stato riparato nel 98 dopo che un maori lo aveva preso a martellate nella sede del Royal New Zealand Yacht Squadron. Siamo abituati a pensare che vince chi ci mette più soldi e che la Coppa è una faccenda soprattutto mondana. E’ certamente vero che nel tempo sono stati i personaggi più ricchi e potenti del mondo ad essere incuriositi, e qualcuno si è rovinato la reputazione finendo per essere un eterno sconfitto come Thomas Lipton, Thomas Sopwith, Marcel Bich l’uomo diventato barone comprando un castello in rovina della Val D’Aosta. Ma è anche vero che è sempre stato uno scontro tra uomini e idee, prima che l’esibizione di potenza economica. La Coppa è una sfida dove i denari servono ad alimentare le idee. Il più ricco dell’inverno 2003, Larry Ellison di Team Oracle, se non avesse avuto la cattiva idea di mettere a riposo Paul Cayard per una questione di gelosia e protagonismo forse avrebbe fatto un po’ più del solletico ad Alinghi che invece le idee le aveva tutte buone. E non ha fatto meglio nel 2007 con Chris Dickson quando in semifinale è finito in ginocchio davanti a Luna Rossa. Solo nel 2010 dopo una lunga battaglia legale (la seconda della storia dopo quella dell’88) il suo trimarano BMW Oracle ha battuto Alinghi e riportato la Coppa in America. Nel 95 la vittoria dei neozelandesi a San Diego è diventato un caso universitario di “team building”: non avevano moltissimi soldi, ma un planning formidabile ed erano esperti del gioco. E’ un po’ un peccato che l’aspetto mondano prevarichi quello sportivo e tecnico: c’è molto da scoprire nelle storie e nel lavoro di queste squadre di squadre. Ci sono uomini, protagonisti. Gli italiani dopo la sfida di Azzurra ci hanno provato altre volte. Nell’87 a Perth in Australia c’erano una nuova Azzurra e Italia, condotta dai fratelli Chieffi. Nel 92 la grande sfida del Moro di Venezia, Raul Gardini mette insieme un team molto forte, con skipper e timoniere Paul Cayard, le regate diventano televisive e per la prima volta una barca italiana conquista la Louis Vuitton Cup e vince una regata contro il Defender America Cubed di Bill Koch in una delle edizioni più dispendiose. Challenger e Defender costruiscono cinque scafi, si spiano. Koch e Gardini si odiavano cordialmente e da giocatori di poker hanno affermato di spendere molto più di quello che in realtà è stato messo in campo. Koch scrisse anche un intero libro per screditare il nemico riportando cifre astronomiche a cui molti hanno creduto. Una delle armi vincenti di Koch è stata una pinna di deriva costruita poco prima delle regate, perché era convinto di perdere. Nel 2000 è arrivata Luna Rossa di Patrizio Bertelli, grande appassionato di Coppa e vela. Anche la sua Luna vince la Louis Vuitton Cup ma poi deve cedere contro i neozelandesi fortissimi. Luna Rossa partecipa nel 2003 e nel 2007 prima di lanciare una nuova sfida per il 2013. Nel 2003 lancia la sua prima sfida anche Mascalzone Latino, voluto dall’armatore napoletano Vincenzo Onorato con il guidone del Reale Yacht Club Canottieri Savoia. Dopo una edizione in cui porta a casa esperienze importanti Mascalzone si presenta anche nel 2007, con due barche rapide che si fanno notare. Nel 2007 si presenta anche +39, sindacato con equipaggio di olimpionici che si scontra subito con una sostanziale mancanza di fondi. Nel 2010 Mascalzone Latino diventa Challenger of Record, ovvero primo tra gli sfidanti, dopo la vittoria di Bmw Oracle. Dopo alcuni mesi tuttavia Onorato rinuncia al ruolo prestigioso che viene preso da Artemis.

Dopo la sconfitta del 34 sir Thomas Sopwith lancia una nuova sfida e prepara un nuovo Endeavour. Vanderbilt, che ha rischiato molto nella precedente edizione per difendere la Coppa, lancia il progetto di Ranger, ancor oggi considerata una barca insuperabile, che ha tutta l’eleganza dei J Class e la potenza delle dimensioni. Il progettista Starling Burgess è affiancato da Olin Stephens, un ragazzo che saprà portare un approccio scientifico prima sconosciuto, e da un pool di tecnici che si occupano delle diverse parti dello scafo. Il giovane Stephens segue le prove in vasca con Kenneth Davidson. Probabilmente disegna anche gran parte della carena che alle prove risulta più rapida. Il risultato è eccellente: Ranger domina, è una barca che nasce veloce e fortunata. Nella sua breve vita regaterà trentasette volte, perdendo solo tre regate. Quando i due giganti sono finalmente a confronto di fronte a Rhode Island ci si aspetta qualcosa di davvero spettacolare, un duello sanguinario. Invece nella prima prova Ranger liquida l’avversario con facilità, lasciandolo tagliare il traguardo con diciassette minuti di ritardo. La seconda prova, ancora con vento leggero, finisce in maniera simile: diciotto minuti. Con il vento più fresco della terza e della quarta prova il distacco scende a quattro. La Coppa resta in America, e con la seconda guerra mondiale si apre un periodo molto triste per il mondo e la Coppa stessa. Gli stupendi J Class finiscono quasi tutti demoliti per ricavare materia prima. Ranger era costruito per non durare con materiali che si deteriorano rapidamente. Restano Velsheda, Endeavour I e II, Shamrock V, restaurati in vari momenti. Nel 2005 è stata completata una bella copia di Ranger.

Da quella edizione inizia la lunga e felice carriera di Olin Stephens: iniziò come spalla e concorrente all’interno del team di Starling Burgess ai tempi dell’innovativo Ranger. Un po’ di fortuna della sua fortuna la deve al broker Drake Sparkman che ne intuì il genio e gli offrì di fondare lo studio Sparkman & Stephens. Come Herreshof ha vinto sei volte la Coppa: dopo Ranger con Columbia, Constellation, Intrepid, Courageous e Freedom. Sulla scena dal ’37 all’80, fino a pochi anni fa, era possibile incontrarlo ultranovantenne sulle banchine delle regate più famose. Dopo barche degli anni Trenta come Stormy Wheater e Dorade e l’aver partecipato ai tavoli che hanno scritto le regole di stazza. Nel suo studio hanno lavorato, anche per pochi mesi e come ragazzi di bottega, molti dei progettisti più importanti.

La seconda sfida deli anni trenta è lanciata da  sir Thomas Murdoch Sopwith, un costruttore di aerei, attraverso il Royal Yacht Squadron. Il suo primo Endeavour (nome preso a prestito da una delle navi di James Cook) è costruito applicando molte tecnologie aeronautiche è progettato da Charles Nicholson con la collaborazione di Frank Murdock, tecnico della Hawker Aircraft (fondata dopo il fallimento di Sopwith Aviation Company dopo la prima guerra mondiale) che studiò un sistema di misurazione del carico sulle sartie e nuovi verricelli, l’iniezione di tecnologia per gli inglesi è un grosso passo avanti. Tuttavia prima delle regate l’equipaggio professionista sciopera e Sopwith lo sostituisce con marinai dilettanti. Il defender è Rainbow di Harold Vanderbilt, il suo albero è aerodinamico e gli interni sono al minimo: al loro posto ci sono degli accumulatori che fungono anche da zavorra. Endeavour esordisce bene con due vittorie, sembra più veloce della barca americana. Nella terza prova però Endeavour, mentre è in testa, sbaglia tattica e viene superata dal defender condotto da Sherman Hoyst. Nella quarta regata per un cavillo il Comitato non accoglie una protesta di Endeavour che aveva evitato una collisione con l’avversario. Nella quinta prova le barche sono vicine e ancora una volta è la bravura del timoniere americano a fare la differenza. Sulla linea di arrivo le due barche sono divise da 55 secondi. Questa volta gli americani hanno seriamente rischiato di perdere la Coppa, forse per la prima volta in tanti decenni hanno incontrato una barca che poteva competere in velocità con le loro. La tensione dopo le regate è alta ma gli inglesi con un gesto perfino ingenuo concedono agli americani i disegni di Endeavour che saranno una base di partenza per il progetto successivo. L’aereo più famoso costruito nelle officine dello sfidante è il Sopwith “Camel” che è stato il caccia biplano inglese della prima guerra mondiale, costruito in oltre 5000 esemplari, antagonista dei Fokker tedeschi, poi citato nelle strisce dei Peanuts. Thomas Sopwith dopo questa sconfitta lanciò una sfida per il 1937, fu anche il primo timoniere dilettante in anni in cui gli equipaggi erano in gran parte professionisti. In questa edizione salgono a bordo anche Phyllis Sopwith, che si occupa del cronometro, e Gertrude Vanderbilt: è la prima volta che due donne si incontrano nella America’s Cup. Nella vita reale le due famiglie sono amiche.

Lo yachting internazionale cerca un linguaggio globale, una regola di stazza che possa essere usata in tutto il mondo. A inizio secolo dopo una grande riunione a Parigi del 2007 è nata la Universal Rule, regola che per molti anni sarà la base delle regate dando vita a numerose classi, alcune delle quali ancora attuali come i 5.5 S.I. I concetti per la misurazione ideati allora influenzano comunque tutte le regola nate successivamente, come lo Ior  e la più recente regola IACC usata per la Coppa America dal 1992 al 2007. Le barche più grandi sono i 23 metri S.I, di cui si costruiscono pochi esemplari. Per la Coppa si sceglie di usare i J Class, che sono lunghi una quarantina di metri e rispondono al Deed of Gift che indica una lunghezza al galleggiamento di 90 piedi. La Lipton nella crisi del ’29 ha perso due terzi del suo valore, ma Thomas, ottuagenario, lancia la sua quinta sfida. Gli risponde Harold Vanderbilt, nipote di Cornelius che ha già armato un defender e già presente nella edizione precedente. Vanderbilt affida il progetto a William Starling Burgess, figlio di Edward. Nasce Enterprise che gli americani mettono in concorrenza con altri tre potenziali defender: Weetamoe, che sarà il migliore avversario, Whirlwind, Yankee. Enterprise è dotatissima, di vele e di marinai. Figlia dell’innovazione, il suo albero è il primo di alluminio costruito con lastre rivettate con 80.000 rivetti. Insomma, quando Shamrock traversa l’Atlantico è già vecchio, la differenza è chiara anche per un pubblico poco esperto. Mentre gli inglesi cazzano le scotte a forza di braccia gli americani hanno i verricelli. Si corre a Newport dove il New York Yacht Club ha aperto una sede estiva e non più nella baia di New York ormai difficile da utilizzare per il traffico commerciale. Lipton incassa con eleganza un pesante quattro a zero: è sconfitto ma esce vincente dall’avventura della Coppa America, forse l’unico che abbia saputo sempre mantenere uno stile limpido più che sportivo. Un anno dopo muore lasciando un segno deciso non solo nella vela, ma nella storia del marketing moderno per quanto ha saputo fare con il suo marchio.

 Thomas Lipton lancia una sfida nel 1907,  ma vorrebbe correre con barche più piccole e meno costose. Gli americani però non vogliono e lui ci riprova nel 1912. Nel 1913 si arrende e non pone condizioni, ma gli americani rivedono finalmente la loro posizione e ammettono barche con lunghezza al galleggiamento di 75 piedi (15 meno dei 90 previsti dal Deed of Gift). Così, nel 1915 Thomas Lipton è pronto con il quarto Shamrock disegnato da Charles Nicholson e costruito in legno, ma in maniera avveniristica con il sistema dell’incollaggio di strati lamellari sostenuti da una struttura portante, un sistema sperimentato in aeronautica che rende la struttura molto leggera a confronto del tradizionale fasciame. Quando Lipton si sta trasferendo in America per le regate a bordo del suo panfilo Erin l’Austria invia l’ultimatum alla Serbia, che sarà la miccia per la Grande Guerra. All’arrivo a New York, dove è pronta Resolute, Lipton propone di mettere in secco le barche: i due scafi vanno in bacino a City Island. Si regata nel 1920, con le barche riviste e modificate. Lipton arriva vicinissimo al risultato storico: vince le prime due prove e dichiara che è il più bel momento della sua vita. Nella terza regata l’americano insegue ma vince in tempo compensato e poi purtroppo vince altre due regate, anche con l’aiuto del Comitato che sospende una partenza con vento forte. È l’edizione più combattuta della storia, ma Lipton rimane deluso: pensava di farcela, invece incassa la quarta sconfitta. Si consola con un grande ricevimento a bordo di Erin. Torna in Inghilterra e ripensa alla Coppa: non è un marinaio, ma le regata delle regate lascia un segno indelebile. Intanto gli americani cambiano il regolamento di stazza che inizia a tener conto del dislocamento.
Alle regate e nel comitato armatore, presieduto da Pierpoint Morgan, della barca vincente partecipa Harold Vanderbilt (nella foto), parte di una delle famiglie più influenti e ricche d’America e di New York. Il patrimonio dell’avo Cornelius “Commodore”, costruito con ferrovie e navi, il giorno della morte nel 1877 era uguale ai possedimenti del Tesoro degli Usa. Mike vinse tre volte con i J Class Enterprise, Rainbow e Ranger. La prima volta, nel ’30, finì sulla copertina del Times Magazine. Timonava personalmente le sue barche, aiutato dalla moglie Gertrude Lewis Conway che teneva i tempi per le sue partenze perfette. Dopo la difficile edizione del ’34 scrisse le regole di regata per la IYRU (adesso Isaf) che con poche modifiche sono ancora quelle attuali. Fu per molti anni commodoro del New York Yacht Club influenzando numerose edizioni della Coppa. Ha una storia che conta anche nel mondo del bridge.

Thomas Lipton si diverte ad andare a vela, è già amico di Edoardo VII che succede alla regina Vittoria e lo spinge a partecipare. Inoltre è molto amato dagli americani per i suoi modi gentili. Lipton si affida a Watson per il secondo sfidante che chiama ancora Shamrock. Ne esce una barca migliore della precedente che purtroppo rompe l’albero proprio con il re a bordo nelle regate di preparazione a Cowes. Per scegliere il defender ci sono selezioni, il nuovo Constitution disegnato da Herreshof per August Belmont è molto aggressivo, tuttavia il vecchio Columbia rimodernato appare più affidabile.  C’è anche Indipendence di un sindacato di Boston, che il New York Yacht Club vorrebbe sotto il suo guidone e quindi resta in porto. Columbia è armato  da John Pierpont Morgan, influente finanziere ma anche appassionato e vero velista che quell’anno regala al NYYC l’area su cui ancora sorge la sede a terra del club a Manhattan, e da Edwin Morgan. Il timoniere americano è ancora Charlie Barr, che governa un equipaggio scandinavo professionista e stipendiato. Barr conduce Columbia “come una bicicletta” e vince agevolmente le selezioni, non è più veloce in assoluto ma lo diventa sul campo. La barca di Lipton nella prima prova sembra in grado di battere gli americani e conduce lungo la bolina. Nella parte finale però Columbia recupera e vince con facilità. La seconda prova è solidamente in mano agli americani. La terza prova è assolutamente spettacolare. Shamrock conduce e vince in tempo reale per pochi secondi, però la classifica in tempo compensato dà ragione agli americani. Lipton non si scoraggia e pensa già a una nuova sfida.
Il vero vincitore della sfida del 1901 è Charlie Barr, che dimostra come conoscenza della barca e delle manovre siano fondamentali; soltanto altri due Defender nella storia della Coppa hanno avuto l’onore di difendere il trofeo per due volte: Intrepid (1967, 1970) e Courageous (1974, 1977) entrambi disegnati da Olin J. Stephens II.