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Dopo la disavventura degli inglesi durante la prima impari match race del 1871, che aveva visto opposto un solo sfidante a un solo defender ma scelto tra molti e quindi secondo le contizioni di vento il Royal Canadian Yacht Club ha il coraggio di lanciare la sfida: gli americani avranno una sola barca defender per tutta la serie di regate e per partire si lancia la barca in velocità sulla linea e non, come in passato, alando le ancore al segnale del via.
Il club canadese costruisce la goletta Countess of Dufferin presso Alexander Cuthbert e la affida a Josephus Williams. La barca ha una bella carena e potrebbe essere veloce, ma il team soffre di mancanza di fondi e organizzazione così molte cose non funzionano come dovrebbero. Arriva sul campo di regata non carteggiata, con un piano velico pesante e vele non belle, prima testimone di come uno scafo decente ma senza una organizzazione solida alle spalle non possa far miracoli. L’equipaggio di dieci persone lavora duramente. Il defender è Madeleine di John Dickerson, con timoniere John Ellesworth. Le due barche sono di concezione simile: golette con le derive mobili, figlie di quelle barche che navigano per lavoro sui banchi di Terranova ed escono dai porti del nord america che hanno bassi fondali. Le regate sono senza storia, la barca americana è decisamente più veloce dello sfidante canadese. Nella terza regata America viene autorizzata a partire con i duellanti, sebbene qualche minuto dopo per non dar fastidio. Riesce a superare Countess of Dufferin e ad arrivare al traguardo prima di lei.

Dopo la sconfitta del 1870 James Ashbury vuole riprovarci subito e commissiona a Ratsey una goletta di immensa superficie velica: Livonia. Lancia la sfida attraverso il Royal Harwich Yacht Club. Gli americani dopo grandi discussioni rinunciano a far correre lo sfidante contro tutte le loro barche contemporaneamente, ma si tengono la possibilità di scegliere giorno per giorno tra quattro barche quella da mandare in campo, secondo le condizioni meteo. Nella disputa interviene personalmente Schuyler che ammette che per rispettare lo spirito del Deed of Gift l’incontro deve avvenire uno contro uno, così si corre la prima match race. Gli americani nel primo giorno nel primo giorno schierano Columbia, ancora dell’armatore Franklin Ogswood, una goletta con deriva mobile che batte facilmente Livonia. Columbia vince anche la seconda regata ma perde la terza per una avaria al timone. Per completare la serie gli americani scelgono Sappho di William Douglas, barca a chiglia fissa dalla mostruosa superficie velica che aveva navigato anche in Inghilterra, che vince altre due prove. La Coppa resta in America ma Ashbury e gli inglesi non sono affatto contenti del trattamento che è stato loro riservato e perdono la voglia di partecipare. Al suo ritorno in Inghilterra lo sfidante si lamenta e scrive di aver moralmente vinto le regate.

Nel 1857 George Schuyler, uno dei soci fondatori e dei proprietari della famosa goletta America, dona la Coppa “delle Cento Ghineee” al New York Yacht Club, la accompagna un documento che si chiama Deed of Gift, atto di donazione, che stabilisce le regole per le sfide “amichevoli” tra Yacht Club e nazioni, che da li in poi saranno alla base delle regate. Purtroppo bisogna aspettare il ’70 perché finalmente si faccia avanti una barca inglese che traversa l’oceano nel tentativo di riportare la coppa nel Solent. Chi tenta la grande impresa è James Ashbury con Cambria, costruita da Ratsey, che ha già il primato di esser stata la prima barca inglese a traversare lo stretto di Suez, la grande impresa inglese che accorcia il passaggio tra Mediterraneo e Mar Rosso. Ad accogliere Cambria a New York ci sono quattordici defender tra cui la vecchia America. Magic vince la regata, il suo nome resterà nella storia e verrà usato ancora per un defender. E’ una goletta con deriva mobile di ventisette metri, adatta alle acque protette della baia, disegnata da Richard Loper e ha già qualche anno sotto la chiglia. Era nata con armo sloop e con il nome di Madgie nel 1857 ed è stato ampiamente rimaneggiata prima dell’acquisto da parte di Franklin Ogswood. America, che corre senza modifiche, è quarta, la sfidante Cambria solo decima: in quasi vent’anni gli inglesi hanno fatto pochi progressi. Si corre in tempo compensato secondo una regola adottata un anno prima nella baia di New York: in realtà Magic in tempo reale è ottavo. Il percorso si snoda nella baia per 38 miglia e traversa il traffico commerciale, per le barche in regata non è facile evitare le navi. La vita di Magic sarà molto lunga, infatti passa di mano tra diciannove armatori tra i quali anche la “Navy” americana, che la impiega come nave rifornimento nel corso della guerra del 1898 contro la Spagna. Finisce distrutta da un uragano e poi demolita con gli esplosivi davanti a Key West nel 1926.

Si chiama  America la goletta che traversa l’Atlantico per andare a sfidare le imbarcazioni inglesi: è armata da un gruppo di ricchi animati da John Cox Stevens. Sono i fondatori del New York Yacht Club: George Schuyler, Hamilton Wilkes, Beekam Finlay e James Hamilton. Il progetto è di George Steers e riprende canoni molto usati in America per la pesca e per le imbarcazioni dei piloti del porto di New York, profondamente diversi da quelli inglesi. Non si tratta di barche strette e pesanti, ma di scafi larghi e più leggeri. Una esigenza nata nei porti del Maine e New England, ricchi di bassifondi. Il 1851 è  l’anno della grande Esposizione Universale, voluta dalla regina Vittoria, che regna sull’Impero Britannico e la sfida fa parte degli eventi collaterali. Il 22 agosto si regata attorno all’Isola di Wight e gli americani (lo skipper è Dick Brown) devono incontrare quattordici avversari inglesi. Conquistano quella che allora è solo “la Coppa delle Cento Ghinee” forgiata dal gioelliere della regina Garrard e messa in palio dal Royal Yacht Squadron, lo storico club di Cowes. La prima barca inglese è Aurora di Michael Ratsey, proprietario di un importante cantiere locale, che arriva otto minuti dopo America. La leggenda vuole che un valletto della regina abbia pronunciato alla regina, per descrivere la situazione, la frase “Maestà non vi è secondo”. Parole che comunque raccontano bene il vuoto che seguiva la barca americana e l’umiliazione degli inglesi. Adesso si discute se la frase sia vera, se quel valletto sia mai esistito. Certamente è rimasta nella storia ed è sempre citata per descrivere il senso di sfida della Coppa. “There is no second” è il cuore del match racing, è l’essenza del killing instict che viene richiesto ai timonieri.

A marzo si aspetta il Louis Vuitton Trophy, manifestazione voluta dalla maison francese per poter esprimere la sua classe ancora una volta nella vela e tenere un piede, più di uno, nell’America’s Cup. Parteciperanno otto sindacati, tra cui due italiani: Azzurra e Mascalzone Latino Team Audi. Azzurra ritorna dopo la vittoria conquistata a Nizza contro Team New Zealand, considerato fino a quel momento praticamente imbattibile. A Auckland, seconda tappa del trofeo, sarà la rivincita in attesa delle altre manifestazioni di Dubai e Hong Kong. Durante la Coppa America Azzurra e Mascalzone Latino si stanno allenando a Valencia non senza difficoltà poste dalla Guardia Civil, pare su suggerimento di Alinghi.

Ernesto Bertarelli si è presentato a Auckland nel 2000, il capodanno australe era l’occasione per conoscere Russell Coutts e la Coppa America. Giovane e ricco aveva già preso le misure al mondo della nautica finanziando Pierre Fehlman in un progetto di giro del mondo in monotipi non proprio fortunato. L’occasione di vincere la Coppa con il nucleo storico di Team New Zealand era invece una possibilità concreta. E infatti Bertarelli lo ha detto subito “non voglio diventare vecchio pensando di avere rinunciato a un’occasione come quella”. Coutts era in lite (abbiamo scoperto poi che è un suo tratto del carattere) con Peter Blake, quasi non si parlavano, e con i suoi amici erano alla ricerca di un nuovo sindacato. Dalla parte degli sfidanti hanno saputo vincere di nuovo.