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La Nuova Zelanda ci credeva: quando l tabellone segnava 8 a 1 in favore di Emirates Team New Zealand il progetto di riportare la Coppa America a Auckland al primo piano del Royal New Zealand Yacht Squadron sembrava a portata di mano. La speranza aveva fermato scuole, agricoltura e industrie, con una battuta anche 30 milioni di pecore ci speravano. Invece la furiosa rimonta di Oracle, che ha qualcosa di miracoloso e pochi precedenti nella vela e in ogni sport, ha fermato il sogno. Che non era solo sportivo, ma aveva motivazioni industriali e turistiche importanti per tutto il paese, la Coppa è rimasta a San Francisco e come primo effetto le azioni di Air New Zealand sono scese. E’ singolare notare come i nostri Governi abbiano sempre considerato la nautica al massimo un serbatoio per estrarre tributi dall’altra parte del mondo sia un orgoglio nazionale. Negli anni in cui è rimasta in Nuova Zelanda, dal 95 al 2003, è stato un motore per lo sviluppo: la città di Auckland ha cambiato aspetto, il giro di affari per il paese è cresciuto non solo per la presenza dei team sul posto, la loro necessità di assistenza, ma anche per il turismo indotto. A Auckland e dintorni ci sono famosi cantieri per megayacht che fanno concorrenza ai nostri. Fitzroy ha costruito la splendida Zefira di Paola e Salvatore Trifirò. Alloy Yacht ha realizzato i due Imagine di Matteo de Nora, l’uomo che ha finora attivamente sostenuto Team New Zealand mettendoci molto del suo. Con un passato da industriale nella chimica, è stato per Team New Zealand una corazzata invisibile, sostiene il team fin dal 2003 per la sua grande passione per la Nuova Zelanda “e il carattere del team” come racconta. Dean Barker, il timoniere sconfitto, ha chiamato Matteo il figlio maschio. “Sia il Governo condotto da Helen Clark in passato che l’attuale con John Key – racconta – hanno sostenuto Team New Zealand riconoscendo alla eventuale vittoria della Coppa America un ruolo fondamentale per l’economia nazionale. Il suo appoggio è passato non solo attraverso i finanziamenti, ma anche con un aiuto logistico importante. C’è la volontà di dare alla Nuova Zelanda un’identità più evidente in campo internazionale, un obiettivo comunque raggiunto anche con la sconfitta”. Si, la Nuova Zelanda è lontana da ogni rotta, un posto che ha scoperto la natura come valore assoluto, e dove la vita ha una dimensione slow autentica. C’è una profonda differenza tra la squadra di Oracle, sostenuta da Larry Ellison con si stima 200 milioni di dollari Usa, e quella di Emirates Team New Zealand, che può essere considerata una vera nazionale. Spiega de Nora: “il nostro budget finale a consuntivo è di 70/80 milioni di euro, distribuiti su quattro anni. La maggior parte dei denari è arrivata dagli sponsor e soprattutto dal naming sponsor Emirates che ha anche messo a disposizione i trasporti, erano 200 persone e 46 container da muovere, non è poco. L’aiuto del Governo può essere quantificato in 37 milioni di dollari neozelandesi, spesi non solo in maniera diretta ma anche per iniziative come l’hospitality che abbiamo usato o la partecipazione alla Volvo Race con la barca Camper. Sono intervenuto con un finanziamento personale ma soprattutto ho coordinato quelli che chiamiamo il ‘mates’ ovvero gli amici del team, che sono un numero di finanziatori privati che ci hanno sostenuto da tifosi. Di solito i ‘mates’ danno delle garanzie all’inizio che poi vengono coperte dagli sponsor che intervengono via via. La partenza del team è sempre il momento più critico sul piano economico”. Da ricordare come la sconfitta del team nel 2003 abbia addirittura provocato interrogazioni parlamentari al grido di “senza Coppa l’industria precipita”. E anche questa volta c’è preoccupazione, l’associazione dei cantieri dell’industria nautica neozelandese aveva programmato un raddoppio del fatturato attuale in funzione del ritorno della Coppa a Auckland, che nel 2020 dovrebbe raggiungere 1.3 miliardi di dollari neozelandesi. Peter Busfield, direttore generale dell’associazione dice: “abbiamo perso una grande opportunità, riportare qui la Coppa avrebbe significato per noi la cosa più efficace in alternativa ad avere le Olimpiadi. Qui sono state costruite Aoatearoa, molte parti di Luna Rossa (gli scafi in Italia da Persico) e della stessa Oracle e gli AC 45 che sono serviti negli eventi delle World Series, nel complesso possiamo stimare un introito di almeno 50 milioni di dollari per lo Stato”. La Nuova Zealanda resta leader nelle tecnologie di costruzione delle imbarcazioni di carbonio e finora è anche stata sostenuta da un vantaggio competitivo: costruire una barca laggiù è scomodo per chi deve seguire i lavori, ma può costare molto meno che in Europa. Spiega ancora de Nora: “I numeri sono sempre relativi, gli analisti e governi ne danno di destinati a cambiare in pochi mesi. Posso dire che quando vincono gli All Blacks nel rugby si vende qualche pallone in più e l’iva è pochissima. Se invece vendi delle barche a vela che valgono decine di milioni l’impatto sull’occupazione e il gettito fiscale è molto maggiore. Nelle settimane della Coppa abbiamo superato ogni dato di audience televisiva e capito che l’80% degli spettatori del rugby è maschile mentre la vela raggiunge anche il pubblico femminile. La vela è seguita dalle famiglie intere”. Forse dalle nostre parti dobbiamo imparare qualcosa.

La Auld Mug, per chi non lo sa il nome arcaico della vecchia brocca, ha sempre scritto la sua lunga storia con la grammatica dell’innovazione, è  con quella che affascina da più di un secolo e mezzo. Una volta, per scrivere le leggende del mare si correva tra le onde, adesso letteralmente si vola sull’acqua con il “foiling”:  i catamarani AC 72 si sollevano sulle derive come aliscafi, sfruttando tutta la potenza di una vela rigida alta 40 metri, una potenza che qualcuno fa somigliare, per analogia, a quella di un motore da 700 cavalli. La cifra estetica degli AC72 è la velocità e quando passano vicino si sente solo un sibilo del timone che entra in risonanza . Tanta velocità come piacerebbe a Marinetti, finora raggiunta sull’acqua solo con oggetti naviganti costruiti per i record in linea retta come Hydroptere o Vestas Sailrocket2. Cinquanta nodi a vela, quasi cento all’ora di Gianni Morandi, sono una velocità mostruosa rispetto a quelle cui siamo abituati. Per disegnare questi cat i progettisti hanno esplorato nuovi panorami del confine aria acqua, ma è un mondo nuovo destinato a durare, forse, la vita di una farfalla: una sola edizione. Ai velisti piace volare, chi vincerà la Coppa prima di cambiare e tornare ai monoscafi ci penserà a lungo, perchè sono costati ricerche che adesso sono un vantaggio sulla concorrenza. Gli Ac 72 sono veloci e difficili da portare, non si sono dimostrati molto adatti al match race, il duello all’arma bianca che invece era diventato una danza con incroci calibrati al millimetro con i vecchi monoscafi, che però non passavano i 14 nodi in condizioni normali. Da tener conto che i catamarani AC 72 sono i primi foiling a disputare vere regate a quelle velocità, tutti i progettisti sono concordi nel dire che tra un paio di generazioni le prestazioni saranno molto più vicine e dunque sarà possibile assistere a un combattimento ravvicinato. Insomma, sono una conquista tecnologica ancora acerba che non è piaciuta ai sacerdoti della tradizione. Forse il salto in avanti con il foiling è stato eccessivo, visionario: ma è un salto in avanti. Del resto è il salto in avanti, perché dei cat normali con uno scafo sollevato avrebbero, quelli si, fatto una figura modesta. Nella vela il progresso è molto lento, i marinai hanno paura di cambiare quello su cui si sentono sicuri: le caravelle che hanno scoperto l’America, velocità media circa 8 nodi, non sono tanto diverse dalle navi tonde che i romani affidavano a comandanti fenici per portare il grano (e gli obelischi) dall’Egitto a Roma. Erano più veloci i vichinghi di Erik il Rosso, arrivato a Vinland – Terranova verso l’anno mille con i leggeri drakkar , capaci di lanciarsi a 14 nodi con il vento in poppa. I vascelli, fatti per resistere alle cannonate e restituirle, di Horatio Nelson signore di Bronte nella battaglia di Trafalgar all’inizio dell’800 erano una evoluzione senza rivoluzione dei galeoni di Sir Francis Drake, il corsaro della regina, che nel 600 era arrivato guarda caso a San Francisco. C’è un legame storico tra San Francisco e la velocità: i cercatori d’oro entravano nella baia dopo navigazioni massacranti a bordo dei clipper bastonati dalle tempeste di Capo Horn. Anche quelle meravigliose navi a vela vivevano con il mito della velocità (fino a 18 nodi) e spesso, come gli AC 72, erano costruiti per il solo viaggio di andata: nessuno aveva merci o persone da riportare indietro dalla California a New York, erano le speranze di trovare pepite sulle rive di Silverado a pagare il biglietto. L’inizio della corsa all’oro in California è del 1848, anno in cui è stata forgiata la Coppa poi messa in palio nel 1851, tutto torna… Patrizio Bertelli le racconta così: “queste barche sono animalesche, viaggiano tra aria a acqua con dinamiche nuove, sono oggetti che il pubblico non riesce a riconoscere. Io all’inizio ero molto scettico, preferivo il monoscafo. Adesso credo che ci siano delle cose buone e che restando nell’ambito delle barche foiling, certamente più piccole e meno costose, potremmo anche mettere a frutto le esperienze che abbiamo fatto adesso”. La velocità è scritta sulla faccia di Grant Dalton, il comandante over fifty che guida New Zealand, vincitore anche del giro del mondo in catamarano e senza scalo, con Club Med. Quando New Zealand ha perso due uomini in mare in una ingavonata con rischio vita e qualcuno ha pensato che uno fosse lui ha detto con un ghigno “io non casco in mare”. A Matteo De Nora sta a cuore il futuro della Coppa: “Alla gente piace il monoscafo, si riconosce nella storia della navigazione. Ma dalla velocità non si torna indietro. Forse la soluzione è un monoscafo planante che arriva a 35 nodi ma che consente tutte le manovre di pre partenza che piacciono al pubblico”. De Nora centra il punto: lo sport anche quando coinvolge la tecnologia non può rinunciare al confronto tra gli uomini che lo praticano. La poetica di Team New Zealand è da sempre questa: un grande equipaggio che fa “cantare” una grande barca. Hanno incontrato un equipaggio che ha saputo maneggiare la tecnologia con scaltrezza: i kiwi hanno inventato il foiling leggendo tra le righe del regolamento, gli americani lo hanno reso stabile e sicuro con Herbie (o meglio SAS Stability Augmentation System) , una macchinetta con sensori gravitazionali studiata per il Boeing 747 una quarantina di anni fa. Ancora misterioso come abbiano applicata senza violare la regola che ogni regolazione delle derive deve essere manuale.

Per saperne di più sul SAS

http://www.ier-institute.org/2070-1918/lnit15/v15/123.pdf

http://aerostudents.com/files/automaticFlightControl/stabilityAugmentationSystems.pdf

 

La Coppa America numero 34 è finalmente finita. Hanno vinto gli americani, ha vinto Oracle che ha fatto il miracolo di rimontare un punteggio impossibile per concludere 9 a 8, risultato inaspettato solo qualche giorno fa. Ha vinto ieri notte l’ultima combattuta regata, il distacco e la cronaca non hanno ormai nessuna importanza. Soprattutto, vale dire che sono stati più veloci di bolina sempre e comunque, che si può usare la parola incontenibili. E’ finita nel modo più crudele per Dean Barker e compagni di Emirates Team New Zealand, che hanno sentito a lungo odor di vittoria, anzi era praticamente in tasca. Larry Ellison, il miliardario terzo uomo più ricco del mondo (fa sempre una certa impressione pensarlo) gongola sul podio, alza l’antico trofeo al cielo,  pensa di aver speso bene i suoi 200 milioni di dollari. Ancora una volta ha dimostrato che i soldi contano, perché sono stati il carburante per i grandi talenti che ha messo assieme. La vittoria kiwi sarebbe stata più romantica, forse più giusta anche per come va il mondo. Ma la Coppa non fa sconti.
Quel che è successo sul campo di San Francisco ha qualcosa di magico, di mai visto prima in 162 anni di storia della Coppa che da oggi abbandona l’era antica. La capacità di Oracle di rinnovare il suo team, le prestazioni della barca sono state una dimostrazione di abilità, offuscato da qualche ombra per l’amaro lasciato in bocca dalle modifiche non legali agli AC 45 per cui sono stati sanzionati. Al momento non è il caso di perdersi nella dietrologia sulla legalità della barca, la loro velocità di bolina era qualcosa di veramente spettacolare. Così come purtroppo lo è stato il declino inarrestabile di New Zealand, che giorno per giorno ha subito la pressione di un equipaggio che ha sventolato la bandiera di Ben Ainslie usandolo come vela da tempesta, pilastro di tattica e furbizia. James Spithill è un pugile , un timoniere alla seconda vittoria della Coppa, ma Ben in qualche modo è l’eroe di questa impresa, perché salito a bordo in un ruolo non suo e subito ha saputo imporre un ritmo diverso alla barca e agli uomini. Ben che poteva anche essere nel campo avverso: nel 2005 era entrato come tattico titolare in New Zealand, ma preferì diventare il timoniere di barca due “perché devo imparare a timonare e il match race”. Ben che non era a bordo nel primo equipaggio, che ha sostituito il frigido John Kostecki, campione vero ma mai assoluto quanto lui. Due cognomi italiani a bordo di Oracle: Shannon Falcone, padre italiano passaporto di Antigua e Gillo Nobili, passaporto italiano e felicità alle stelle. La sconfitta di New Zealand è anche troppo punitiva e crudele: per una settimana hanno avuto in mano la Coppa, hanno sognato e preparato il futuro dell’evento, hanno interpretato il loro ruolo di nazionale della vela. I grandi sconfitti sono Grant Dalton e Dean Barker, che hanno cercato di seguire un altra coppia famosa sul viale del successo: Peter Blake e Russell Coutts, i trionfatori del 95. Ma contro di loro c’era un’America debole, divisa, senza il portafoglio aperto di Ellison. Per loro la sconfitta è molto difficile da digerire. Dean ha pianto come un bambino dopo il traguardo, Dalton non lo dice, ma piange dentro. Torneranno? Tornerà lo squadrone kiwi? Chissa. La corazzata invisibile Matteo De Nora ha riaffermato tutta la sue ammirazione e fiducia negli uomini. Ma non basta. Errori nel campo neozelandese? Chissà forse un giorno sapremo. Uno su tutti: quello di aver reso pubblica la scoperta del foiling (il modo di navigare sollevandosi sull’acqua) troppo presto, per Oracle è stato un inseguimento continuo ma vincente grazie alle risorse senza limiti. “Abbiamo combattuto ogni giorno – ha detto Spithill – e abbiamo vinto”. Facile, a parole.
Dean è sconsolato: “abbiamo vinto l’ultima partenza ci abbiamo sperato, ma non è stato possibile competere con la velocità di Oracle. Il loro miglioramento è stato incredibile. Siamo orgogliosi del nostro team, abbiamo cercato di riportare la Coppa in Nuova Zelanda, non ci siamo riusciti”. Per quante notti rivedrà il cronometro correre in quella regata interrotta a pochi minuti dall’arrivo, la regata della vittoria. Grant Dalton commenta: “la nazione è devastata”, giorni di scuole chiuse, record di audience, i primi effetti si sentono in Borsa, con il crollo delle azioni di Air New Zealand.   Differenze tecniche, si ci sono: ala diversa, Oracle ha la parte anteriore rigida mentre quella di Emirates Team New Zealand può twistare. Oracle ha scafi più piccoli, meno voluminosi. Oracle non ha la struttura con i tiranti che consente a Emirates una maggiore rigidità, ma in compenso le traverse tradizionali oppongono meno resistenza al vento e questa, assieme al controllo con controllo elettronico delle derive (manuale per i kiwi)  può essere stata la vera differenza, che consentiva una grande stabilità a Oracle in ogni situazione.
Il futuro è incerto: chi è il Challenger of Record? Ellison ha dichiarato che esiste ma lo comunicherà più avanti. La scelta, potrebbe essere tra il Royal Cornwall Yacht Club per un sindacato condotto da Ben Ainslie con sponsor JP Morgan oppure il Royal Swedish Yacht Club per Artemis di Torbjörn Törnqvist che ha già messo a contratto Iain Percy. Bertelli aveva le carte pronte per la sfida del Circolo Vela Sicilia al Royal New Zealand Yacht Squadron, ha sempre detto che non gli interessava farlo con gli americani. Però.. ci ha abituato alle sorprese. Quasi certamente resterà questa formula di regata, con dei catamarani foiling, lunghi 60 piedi.

Oracle USA ha conquistato ieri notte un incredibile pareggio portandosi così sull 8-8, significa che la regata di questa notte sarà determinante e decisiva per la conquista della Coppa America, per entrambi i team una must win race. Lo ha fatto in due regate corse in una giornata ideale per sole, vento e mare, purtroppo disastrosa per Emirates Team New Zealand che è apparsa davvero inferiore in ogni settore, irriconoscibile rispetto a quella di una settimana fa, quando era lanciata verso la vittoria. I kiwi da domenica scorsa attendono il punto decisivo, che hanno avuto in tasca per ben tre volte. Nella prima regata del giorno il timoniere Dean Barker ha impostato malissimo la partenza, subendo due penalità consecutive che si sono tradotte in un ritardo importante, tuttavia la sua velocità nell’inseguimento è sembrata interessante e i kiwi sono riusciti a guadagnare qualcosa di bolina finendo staccati di 27 secondi. Nella seconda regata Barker è riuscito a partire in testa ma ha impostato molto male la bolina, prima concedendo una separazione all’avversario fin dal cancello di poppa per finire stritolato dall’avversario per una virata fatta nel posto sbagliato con la velocità sbagliata. Da li in poi i kiwi son sembrati burattini inanimati, incapaci di reagire e hanno chiuso con 54 secondi di ritardo. La Coppa America entra ancora una volta nella leggenda: questa è diventata l’edizione più lunga ed incerta di tutti i tempi, ha superato infatti il record di 16 giornate che finora era stato il limite massimo. E’ stato e sarà ancora uno spettacolo incredibile che il trofeo ha proposto raramente, perché di solito il favorito arriva, fa polpette dell’avversario senza troppi complimenti e vince facile. Sono stati rari i ribaltamenti di campo, il più famoso è quello del 1983, anno della vittoria di Australia II contro Liberty di Dennis Conner avvenuta nell’ultima poppa dell’ultima regata dopo una rimonta dal 3 a 1 fino al 4 a 3 (allora bastavano meno vittorie). E’ anche l’anno della partecipazione di Azzurra, che con gli occhiali del passato ancora ci appare leggendaria nonostante il Moro e Luna Rossa abbiano vinto la Louis Vuitton Cup. Proprio a San Francisco nelle scorse settimane il rocambolesco Alan Bond e il suo skipper Alan Bond hanno festeggiato con l’ equipaggio quella storica vittoria. Adesso Oracle ha la rincorsa vincente, dopo aver trovato un assetto felice per la barca e una solidità dell’equipaggio per l’arrivo del fuoriclasse inglese Ben Ainslie ha cancellato ogni differenza nei confronti di Emirates Team New Zealand che aveva dominato all’inizio, che invece sembra aver iniziato un percorso inverso fino a essere impantanata nelle paludi del dubbio. La pressione che vivono Dean Barker e compagni è notevole, tutta la nazione conta su di loro perché la loro vittoria vale anche un punto di Pil, oltre che la gloria sportiva. Oracle ha giocato molto bene non solo indovinando come e dove modificare la barca, ma conquistando ogni giorno il tempo che gli serviva grazie alle bizze del vento e alle scelte del Comitato, apparse talvolta al limite del buon gusto. Ormai conta dieci vittorie di cui sette consecutive e ha rimontato i due punti di penalità, per molti sul piano sportivo questa è già la vittoria, dimenticati i motivi che hanno portato alla penalità. Adesso gioca a favore di Larry Ellison, finanziatore del team americano, da poco dichiarato al terzo posto tra i ricchi d’America e del mondo. Un uomo che non può e non vuole perdere mai, che ha infuso denari senza sosta oltre che le tecnologie dei suoi data base Oracle. Team New Zealand corre l’ultima regata, che diventa per la vita e per il futuro. La loro sconfitta cambia le sorti del team ma anche quelle della Coppa che oggi sembra vivere l’ultimo giorno dell’era antica. Con Ellison nella stanza dei comandi tutto cambia rispetto alle previsioni della vigilia, perché davvero pochi avranno il coraggio di sfidare il colosso americano. E’ evidente che in caso di sconfitta il sindacato degli All Blacks della vela (intanto quelli veri hanno inviato un bel messaggio di supporto) è destinato a dissolversi: Grant Dalton ha già detto che non vorrà tornare in caso di sconfitta e con lui e possibile che Matteo De Nora smetta di essere la corazzata invisibile che sostiene il team. Insomma, fino a pochi giorni fa la Coppa in Nuova Zelanda sembrava una certezza e adesso non più. I bravi ragazzi ben allenati da Grant Dalton sono sotto l’attacco dei famelici e crudeli campioni olimpici, del pugile James Spithill. L’ago della bussola da qualche giorno ha cambiato direzione, la Coppa ha trovato la sua misura leggendaria. Regata da non perdere questa sera. Intanto si è diffusa la convinzione che sia un gioco allo spettacolo, dove vincenti e perdenti  si sono impegnati a tener viva la competizione. Difficile davvero pensare che sia cosi.

Video da non perdere 

Intervista a Dean Barker

Sintesi della conferenza stampa

 

 

 

 

 

 

 

 

Le incredibili giornate di San Francisco proseguono e nella incredibile Coppa America dei catamarani il favorito e quasi vincitore Emirates Team New Zealand deve subire ancora due sconfitte da Oracle. I kiwi erano decisamente in giornata no: hanno perso due partenze fotocopia sebbene con l’attenuante di essere entrati con la “starboard entry” per tutte le due volte, un ingresso nel box che favorisce l’avversario e impedisce di controllarlo fino in fondo. Da li in poi è sempre stato un inseguimento senza fortuna, più lucido nella bolina della prima delle due regate, inutile nella seconda. I kiwi hanno perso regata 14 per 23 secondi e regata 15 per 37. Il punteggio adesso è di otto a cinque per i kiwi. Perché succede? Le due barche ormai hanno prestazioni molto uguali, la vittoria o la sconfitta si gioca sulla lucidità e sulla capacità di prendere buone decisioni sia sul campo di regata, sia a terra nella messa a punto della barca, che ogni giorno va adattata alle previsioni del vento. Bastano pochi particolari per essere inferiori all’avversario e dei due Oracle, siccome ha meno da perdere, osa di più e si fida di modifiche mai provate se non al computer che ancora una volta gioca una parte fondamentale. La capacità di prevedere le prestazioni è almeno dal 92 centrale per la riuscita di una campagna di Coppa America, Il Moro di Venezia ha perso contro America Cubed perché gli americani avevano un VPP (velocity prediction program) che gli aveva consentito di capire che potevano drasticamente ridurre le superfici di deriva e timone per migliorare le prestazioni in poppa e non perdere di bolina. Sul piano dei calcoli numerici è evidente che Oracle ha delle frecce importanti al suo arco. Proprio in questi giorni San Francisco si sta popolando di clienti e dipendenti Oracle per una grande convention annuale sul magico sistema di database e ricerca dati, usato anche da Cia ed Fbi. E’ stato Larry Ellison ha proporre il sistema di controllo immigrazione con foto e impronte digitali dopo il dramma delle torri gemelle. Ma questo è un particolare di una campagna ricca che comunque si è trovata in grande difficoltà nei confronti dei neozelandesi. E’ molto diverso il momentum sportivo. Per Dean Barker e compagni si tratta di superare una fase delicata della loro regata: partiti con un enorme vantaggio di velocità e capacità di manovra, si trovano inseguiti e braccati, vivono da una settimana il “match point” che non arriva mai. Potevano vincere la Coppa già domenica scorsa stando al tabellone. Per almeno tre volte hanno avuto il punto della vittoria a portata di mano ma la regata è stata sospesa, per troppo o troppo poco vento. Dunque la loro solidità può essersi incrinata, anche per questo hanno mostrato sul campo, al di la di alcune bizzarrie del vento, alcune scelte sbagliate. Hanno ancora un vantaggio tranquillizzante, ma devono saper tiare il fiato e rimettere le cose a posto. Riconquistare la superiorità. L’equipaggio di Oracle ha invece trovato attorno al nuovo tattico Ben Ainslie una nuova coesione: l’errore di John Kostecki tattico titolare è stata in realtà una bella fortuna per la squadra americana che ha trovato una soluzione nell’infinito talento del baronetto inglese, (per i distratti cinque medaglie alle Olimpiadi di cui quattro d’oro) che la “cricca” titolare voleva tenere giù dalla barca. Scardinato per squalifica ed errori il terzetto De Ridder, Spithill (che in realtà potrebbe anche voluto Ben), Kostecki le cose sono perfino andate meglio. Capita nella vela, ma anche altrove, che il talento vero venga tenuto in ombra perché può fare ombra. Diciamo pure che è una manovra un po’ all’italiana che fa chi è nella stanza dei bottoni per restarci. E poi Ben conosce bene i kiwi, perché è stato timoniere allenatore di New Zealand e quindi di Dean Barker. Insomma questa Coppa non è ancora finita… e ci sono altri giorni di sofferenza da amministrare. Se i kiwi vogliono vincere devono saper essere se stessi ancora qualche giorno e non cedere. Il gioco degli americani è, oltre a vincere tutte le regate possibile, quello di far saltare i nervi a Grant Dalton e compagni con il tiramolla e i rinvii, e con sei vittorie in otto regate possono anche riuscirci.

Anche la regata 14 è stata rinviata, motivo ufficiale il vento instabile. Al mattino pioggia forte e vento da sud, condizioni che non si verificano da febbraio scorso secondo i locali.  Ma dopo l’una come previsto piano piano il vento è tornato quello di sempre, la solita brezza, la solita direzione,  un po più forte  di quella del drammatico giovedì in cui ETNZ ha avuto la Coppa in tasca per tutta una regata. Non si sarebbe potuto completare il programma di due eventuali regate, ma di sicuro il tempo per farne una c’era, pur dando il via al limite del tempo massimo previsto, le 14 e 40. In realtà è stato un rinvio incomprensibile, perché il vento dopo le due era ormai steso sulla baia e le barche stavano navigando allegramente con l’intensità che stava salendo.  Emirates Team New Zealand dopo l’annuncio avvenuto mentre si preparava la partenza è rientrata alla base  esibendosi in un un simpatico foiling, così, tanto per dimostrare che si poteva fare. Se le altre regate erano state interrotte  applicando alla lettera una regola, per quanto fatta male, questa volte è intervenuta una discrezionalità del Comitato che gioca a favore di Oracle in maniera piuttosto evidente. Perfino il tono con cui il Comitato dava le istruzioni è sembrato sarcastico, come a dire, rinviamo ma non si corre.  Chi ha deciso? Indice puntato su Iain Murray, che controlla da vicino Harold Bennet, che a dire il vero è sempre stato piuttosto “fair” e apprezzato per la sua imparzialità.
ETNZ voleva regatare, queste erano le sue condizioni  e non c’era motivo di rinviare veramente. Allungare il brodo è il gioco di Russell  Coutts, che spera che intervenga qualche novità per tenere la Coppa. Oltre tutto non vuole perdere durante il week end con il pubblico sulle rive.
La festa è rinviata, ancora una volta. Ci sono state altre edizioni della Coppa di durata record, fino a 16 giorni per la vittoria di Alinghi nel 2003, oppure nel 70 dove le regate programmate erano molte meno.

Il tredici non porta buono alla Nuova Zelanda, che nella giornata che doveva essere del trionfo, della seconda storica vittoria in Coppa America si trova davanti una porta chiusa con un catenaccio fatto di nebbia, bonaccia. E’ ancora una volta tutto sospeso al filo dell’ultima vittoria per conquistare il nono punto, pensare che già domenica scorsa Emirates Team New Zealand poteva chiudere la pratica, prima che la corsa  si impantanasse tra vittorie avversarie e rinvii per vento. Ci sarà ancora una notte di tensione, ancora un’alba di lavoro per lo shore team per montare la barca, ancora paura di un incidente. La cronaca è da infarto: il primo tentativo di correre la tredicesima regata della Coppa parte con vento debole sotto un cielo cupo, mai visto finora a San Francisco, e il corno da nebbia che suona come in una città dell’Adriatico. Dean Barker supera Oracle subito dopo la prima boa con una certa autorità, trovando il canale di vento giusto che gli fa alzare lo scafo, poi inizia la sua corsa. Che questa volta non è contro l’avversario ma contro il cronometro. Una regola “televisiva”, che ha pochi uguali nella vela, impone un tempo massimo di 40 minuti per completare la regata. Il vento, per quanto il tifo neozelandese spingesse, non è bastato a far guadagnare qualche nodo alla barca, che pur camminava a venti nodi, e la regata è stata sospesa quando era alla ultima boa prima dell’arrivo, con Oracle dietro di oltre 1000 metri vittima di ogni tipo di errore. Altri cinque minuti e la Coppa America sarebbe finita, con la vittoria dei dominatori. Invece no, una regola definita a tavolino perché fosse possibile completare entro il tempo previsto due regate al giorno per soddisfare programma e televisione (la seconda non deve mai cominciare oltre le 14 40) contrasta con il range di vento. In altre parole se si fa partire una regata con un vento di 8 nodi, che poi non è neanche cosi scarso, si deve prevedere che le barche ragionevolmente possano completare il percorso in tempo e il tempo massimo di solito è piuttosto lungo. Hanno navigato comunque spesso oltre i 20 nodi, usando il code 0 che abbiamo visto molto raramente. Insomma, dopo le sospensioni per troppo vento anche questi scherzi del regolamento che ancora una volta mostra tutte le sue lacune. La ripetizione della regata parte vicino al tempo limite, i kiwi sono pazienti e ripropongono una bella partenza, Oracle insegue da vicino ma è dietro. Dean però che ha visto da vicino la vittoria forse si è un po’ innervosito e forza malamente un incrocio lungo il primo lato di poppa, la giuria non può che assegnare una penalità ai kiwi che sono costretti a rallentare. Non basta, i kiwi inseguono rapidi e arrivano bene alla boa di poppa, dove ancora una volta pasticciano nell’ incontro con gli americani che navigano molto bene di bolina e trovano anche un fortunoso salto del vento a loro favore che rende ogni inseguimento nella poppa successiva del tutto inutile. Oracle vince con un vantaggio di 1 minuto e 24 secondi e si porta a 3 punti, ancora distante dagli 8 di New Zealand. Dean Barker appare un eroe solitario che continua a rinviare il suo incontro con il trionfo. La Coppa è tanto combattuta e per i kiwi si entra in una fase pericolosa: il programma finora è stato faticoso, pesante, e adesso che Oracle ha sistemato i suoi problemi di velocità è tutto più difficile. Adesso che succede? Si regaterà a oltranza fino a quando uno dei due raggiungerà i nove punti, necessari per regolamento. Speriamo presto