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James “Jimmy” Spithill è il giovane bravissimo timoniere australiano di Oracle. Vincitore della ultima edizione della Coppa a bordo del trimarano Bmw Oracle, quello che ha battuto Alinghi nel 2010 a Valencia. La sua prima volta è stata quando aveva ancora i calzoni corti e si è trovato al timone di Young Australia. Era il 2000 e si correva asd Auckland, l’equipaggio era di giovanissimi ma lui, timoniere, era il più giovane di tutti. Impressionava per la sua determinazione in partenza, purtroppo di più non poteva fare con una barca lenta e senza grandi mezzi economici. Dopo lo hanno voluto su One World, sindacato americano condotto da Peter Gilmour, che diceva “è più bravo di me, lo lascio al timone”. Nel 2007 era il timoniere di Luna Rossa e in semifinale Louis Vuitton Cup è stato uno degli artefici della sconfitta di Bmw Oracle. E’ il timoniere di punta della barca americana, anche se presto avrà una dura concorrenza proprio in casa.
James, ha mai regatato a Napoli?
“In passato ho regatato molte volte in Italia, mai a Napoli. Ho tutti gli elementi per credere che sarà un grande evento. Il pubblico potrà godere uno spettacolo mai visto prima. Le regate con i nuovi catamarani AC45 sono un gioco completamente nuovo, mai visto nel passato. Agli italiani piacerà molto”.
Come giudica il nuovo sindacato di Luna Rossa?
“Luna Rossa sarà un team forte. Lo skipper Max Sirena è un mio buon amico, stanno lavorando con serietà e passione. Lui era coinvolto con me nel team di Bmw Oracle che ha vinto la Coppa nel 2010, è certamente ben educato a fare piani vincenti, a lavorare in team. Conosce bene anche i multiscafi e la vela alare rigida di cui era responsabile. Anche Patrizio Bertelli è un buon amico ed è fantastico averlo di nuovo in questo grande gioco, è un uomo che sa come raggiungere grandi risultati. A Napoli loro avranno due barche con due equipaggi molto forti condotti da due timonieri giovani che hanno dimostrato di saperci fare. Chris Draper che ha navigato bene per team Korea con gli Ac 45 e Paul Campbell Jones esperto di Extreme 40. Luna Rossa gioca in casa e conta sull’esperienza di Francesco Bruni che conosce bene questi campi, è già tra i favoriti”.
Cosa ricorda della sua esperienza con Luna Rossa?
“E’ stato un periodo incredibilmente divertente. Siamo passati dal guardare insieme le partite di football, al viaggiare. Correre contro di loro sarà molto divertente. Gli italiani nella vela sono una grande realtà”.
E’ vero che da giovane ha praticato anche la boxe?
“Si… un poco… la mia risposta standard è che in Australia se sei rosso di capelli lo devi fare per forza. Non avevo scelta”.
Che differenze ci saranno tra il vecchio USA 17, in grande trimarano di Valencia, e i nuovi cat Ac72?
“Credo che la cosa più importante sia che Ac17 aveva un motore per muovere le manovre mentre la nuova barca sarà condotta solo con la forza umana. Questa è una differenza sostanziale che renderà queste barche le più fisiche, atletiche, che abbiamo mai visto navigare. Se si guarda una regata di AC45 della durata media di venti minuti si vede che l’equipaggio lavora incessantemente dall’inizio alla fine. Non c’è riposo. Da fuori non è facile capire quanto sia faticoso, ma lo è, potrei dire che rischiamo l’infarto”.
Gli Ac72 saranno una barca completamente nuova, che potrebbe essere pericolosa anche con poco vento. A San Francisco poi il vento c’è. Cosa ne pensa?
“Se guardiamo la F1 ci rendiamo conto che i piloti non fanno cose di cui sono in grado tutti, devono passare attraverso dei rischi importanti e questo diventa eccitante per il pubblico. Vale anche per noi. Per mostrare tutto abbiamo messo molte telecamere a bordo ed esiste un sistema per educare il pubblico a comprendere meglio le regate, a capire cosa sta succedendo sul campo attraverso simulazioni che rendono più immediato capire cosa succede in acqua. Un errore su queste barche sarà decisivo, un poco come sulle macchine: spingi il massimo ma c’è un limite da non superare. Sarà il vertice del nostro sport”.
Pensa che il campo di Napoli sarà difficile da interpretare?
“Ogni campo di regata ha le sue caratteristiche. A Napoli non c’è gran vento, ma la caratteristica di queste barche è che consentono di fare spettacolo anche con poco vento. E’ facile arrivare a venti nodi, sollevare uno scafo. Con i vecchi monoscafi probabilmente le regate a Napoli sarebbero state molto noiose”.
Quale slogan si può usare per attirare il pubblico napoletano, per convincerlo a vedere le regate?
“La migliore pubblicità è affermare che arriva il più grande evento di vela, le barche più veloci con i marinai più forti del mondo. Il pubblico sarà sorpreso dei cambiamenti che abbiamo fatto. Sono cose che renderanno questa regata molto più appetibile anche dagli sponsor, quando finalmente si renderanno conto dei cambiamenti arriveranno nuove energie”.
Cosa rimane dentro del ragazzo che timonava Young Australia ad Auckland?
“Sono sempre lo stesso… mi sveglio al mattino con la voglia di vincere e fare belle regate. Sto sempre cercando di fare tutto quello che posso per vincere la partenza. Quando vado in mare voglio fare tutto il meglio per il mio team. Con gli AC45 è ancora più evidente quello che fa l’equipaggio, lo sforzo che esprimiamo per vincere. L’obiettivo finale resta sempre di vincere e farlo con valori sportivi”.
Ci sono molti olimpionici nel team. La vedremo alle Olimpiadi un giorno?
“Quando si conduce al massimo livello una campagna di Coppa America è difficile riuscire a fare più di due cose in una volta. Penso anche che ci stiamo concentrano su una cosa che è molto spettacolare. Le Olimpiadi sono fantastiche tuttavia si corrono con barche che il pubblico non riconosce come le più difficili da portare”.
Chi timonerà la barca durante la Coppa? E’ in discussione il suo posto?
“Avremo due cat Ac72 in acqua e cercheremo di usarle bene per capire quale sarà l’equipaggio migliore. Noi dobbiamo vincere, senza altri obiettivi. Abbiamo velisti di gran talento, compreso Ben Ainslie che è probabilmente il velista più forte del mondo. E’ una sfida importante anche per me”.

A Plymouth il secondo evento delle World Series della America’s Cup. Segue Cascais, avvenuto in pieno agosto. La novità per il popolo della Coppa America sono stati come sappiamo i catamarani con la vela rigida alare, una riduzione del mostruoso (per dimensioni) BMW Oracle che ha vinto nel febbraio 2010 cui è seguita la decisione di Russell Coutts di proseguire per quella strada. I velisti “tradizionali” hanno fatto una bella polemica sul fatto che si cambiava radicalmente il modo di fare le regate, per loro era anche un problema di mera disoccupazione: la paura del cambio generazionale, l’incertezza di un programma che è ancora da definire nei dettagli, cambiato più volte. Ma il vero problema della crisi della Coppa non è stata la scelta delle barche, quanto proprio questa difficoltà a definire un calendario credibile di eventi. Se si rileggono le intenzioni di un anno fa sembrava che senza un budget di 80 milioni non fosse possibile entrare in gioco. Adesso bastano 25 ben spesi per arrivare in semifinale e si partecipa al gioco degli AC 45 con 5/6.  
Curiosità delle differenze? Tanto per dare una misura, la vecchia Luna Rossa portata da diciassette uomini faceva al massimo, in condizioni normali, dodici nodi. Questi catamarani di tredici metri vanno abitualmente al doppio e possono raggiungere i trenta con facilità. Difficile seguirli con il gommone, gli arbitri in acqua usano delle moto d’acqua per essere più rapidi e le decisioni vengono prese con l’aiuto delle immagini in televisione e comunicate via radio, poi capita che le luci rossi di bordo siano guaste e gli equipaggi non si accorgano delle penalità nella confusione. Il pubblico non si accorege delle proteste perchè non c’è più la plateale alzata di bandiera su cui indugiava la camera on board.
La novità dunque sono le barche, ma quello che tutti si aspettavano era anche il cambio generazionale. In tanti hanno pensato che fossero i giovanissimi i nuovi eroi del timone: riflessi freschi, agilità, voglia di vincere. Mica vero: i vecchi leoni del match race sono andati a scuola di catamarani e hanno imparato presto. Della serie il talento non è acqua, chi è bravo resta bravo. Così i più efficaci restano i soliti noti: Dean Barker timoniere di Emirates Team New Zealand, James Spithill con Oracle, Terry Hutchinson di Artemis. Anche il datato Russell Coutts è riuscito a entrare in semifinale, mostrando agilità e nervi saldi con il suo equipaggio di cinquantenni. In realtà smetteranno per far posto a un equipaggio giovane. Quello che doveva far paura a tutti era l’espertone francese di multiscafi Loik Peyron: succede però che alla fine in qualche occasione sa sfruttare meglio la barca, ma la classifica non lo vede facilmente nelle parti alte. Insomma, quel che si capisce è che sono cambiate le barche ma che il modo di vincere resta lo stesso: organizzazione, allenamento, istinto, talento. Qualcosa di simile è successo anche con regate di altura come il giro del mondo a vela: quando sono arrivati i velisti più raffinati e tecnici usciti da Coppa America e Olimpiadi hanno chiuso la partita contro gli oceanici che pensavano di essere più marinai. Ci hanno messo meno i tecnici a diventare marinai che il contrario.
A Plymouth il pubblico ha assistito alle regate dal prato che è stato dei grandi ammiragli della Royal Navy dei secoli scorsi, dove passeggiavano in attesa di nuove campagne di guerra: il viceammiraglio Francis Drake, il pirata della regina Elisabetta e lord Howard hanno atteso qui la marea giusta per scatenare la flotta reale contro la Grande Armada, poi demolita dalle navi incendiarie, dalla tempesta e della ferocia degli irlandesi che hanno distrutto e ucciso tutto ciò che naufragava sulle loro coste.  
Il pubblico è una bella novità del nuovo formato tanto criticato: non in mezzo al mare dove neanche i binocoli bastano e per conquistare un posto in barca spettatori ci vogliono decine di euro. La televisione si capisce che fa del suo meglio e che può migliorare molto nella spettacolarità, quando i registi avranno imparato a usare le camere di bordo con più efficacia e tempismo. Le regate di match race sono state vinte da Emirates Team New Zealand, quella di flotta da Oracle – Spithill. Dopo Plymouth la flotta si sposta a San Diego per l’ultimo evento del 2011. Si ricomincia in gennaio nell’emisfero australe, con un evento a Brisbane. Si sa che al 99% scenderà in campo Luna Rossa, al momento dice solo per partecipare al circuito degli AC 45  e non alla Louis Vuitton e alla Coppa America che saranno nella primavera estate del 2013 con gli AC72, potrebbe esistere un progetto dell’ultima ora. C’è fermento per l’arrivo di altri sindacati italiani, dopo la conferma di ben quattro eventi in Italia due a Venezia e due a Napoli, che diventano un palcoscenico importante per gli sponsor italiani anche con interessi internazionali.

Era l’unico sindacato italiano iscritto alla Coppa America, dopo la rinuncia di Mascalzone Latino, ed è stato cacciato in malo modo dall’organizzazione. Il comunicato diffuso dal direttore delle operazioni di regata Iain Murray non lascia scampo a interpretazioni. ”Dopo lunghe discussioni – dice Murray – e diversi tentativi di risolvere la situazione nei tempi previsti, era stato raggiunto un accordo che imponeva allo sfidante di soddisfare certi obblighi entro questo week end e i tempi sono scaduti”. Erano giorni che il tam tam dei velisti si rincorreva: si sapeva che quelli arrivati a Barcellona per montare la barca il catamarano con vela rigida classe AC45 con cui era in programma la partecipazione alla prima regata erano tornati a casa: l’organizzazione gli impediva di prendere possesso della barca che nel frattempo era offerta ad altri potenziali concorrenti. A quanto pare il giovane sindacato italiano, che ha lanciato una sfida attraverso il Circolo Canottieri Roggero di Lauria di Palermo, non ha ottemperato tutti gli obblighi previsti per la partecipazione, quasi certo il pagamento della barca e dice radio banchina anche che la tassa di iscrizione sarebbe stata solo promessa ma mai iversata per intero. La manovra potrebbe anche essere l’inizio di una ennesima battaglia legale, soprattutto in considerazione delle affermazioni del team. “Quanto dichiarato – scrivono nel comunicato diffuso a risposta – è una interpretazione unilaterale che non ha visto coinvolta la Giuria indipendente. Venezia Challenge contesta integralmente, in fatto e in diritto, le comunicazioni e i provvedimenti presi dall’organizzazione in evidente contrasto con le procedure previste per l’esclusione dei team dal Protocollo stesso. Il management sta lavorando, mantenendo il dialogo con l’organizzazione, per dirimere le contestazioni asserite al fine di continuare con serenità le attività tecnico/sportive da tempo già avviate. Il team Venezia Challenge, presente a Lisbona, sta rispettando il programma stabilito tecnico/sportivo senza alcuna variazione”.
Quel che si sa è che gli americani hanno scritto il Protocollo con un ampio spazio di manovra e che fin dal primo momento era previsto che un sindacato sfidante potesse essere escluso. E’ stato uno dei motivi di polemica e di malcontento. La partita si gioca sulla tassa di iscrizione e sugli acconti dovuti per la barca che di fatto ne sono parte integrante secondo l’articolo 9.3 del citato Protocollo: “Entro il 10 giugno 2011, tutti i concorrenti devono stipulare un accordo con ACRM per l’acquisto di almeno un AC45, e devono aver pagato l’iscrizione con un deposito non rimborsabile di ACRM. Se un concorrente non è in grado di farlo cessa di essere ammissibile all’evento e a tutti i diritti ai sensi degli Articoli 5, 27 e 41”.
Venezia Challenge, che era già nei guai con la città di Venezia per l’uso del nome della città con la previsione di cambiare, tocca l’onere di dimostrare che le date sono state rispettate: senza la regolarità delle quote non si può accedere alla condizione di vero “sfidante” o iscritto al circuito AC 45 e quindi l’intervento della Giuria indipendente non sembra necessario. C’è un però… nei comunicati ufficiali Venezia è citato più volte come sfidante ufficiale e il Protocollo prevede che possano esistere “late entry” cioè iscritti in ritardo. Anche per questo finora c’era stato un margine di discrezionalità che Russell Coutts (lo skipper di Oracle e in questo momento uomo di riferimento) sembra non voler più applicare nei confronti di Venezia Challenge ma che ha usato per altri. Sintomo di una antipatia reciproca, costruita nelle scorse settimane e di qualche posizione non digerita da Coutts che in realtà sta facendo di tutto per portare almeno dieci barche della classe AC45 a Cascais dove iniziaranno gli eventi del primo campionato della nuova classe. L’Italia corre il rischio di restare senza un sindacato che la rappresenti, dall’83 siamo mancati solo una volta dove era prevista una selezione sfidanti, nel 95 a San Diego quando la crisi economica era più stretta. Nell’88 e nel 2010 le sfide erano chiuse a due soli team, con un solo challenger. Venezia Challenge sperava in un finanziamento del Ministero dell’Agricoltura e stava lavorando con altri sponsor e con sistemi di finanziamento che coinvolgevano il Web, l’interesse del pubblico. Adesso gli “orfani”, difficile che Venezia Challenge possa davvero tornare in lizza per come sono messe le cose, sono in cerca di un salvataggio. Qualche cosa potrebbe succedere. Si sa che Luna Rossa ha una mezza intenzione di partecipare al circuito dall’anno prossimo. Anche Azzurra potrebbe risvegliarsi e qualcuno potrebbe capire che arrivare alle semifinali non è mai costato così poco.  

A Valencia la giornata è perfetta per regatare con qualsiasi barca sia costruita per andare in mare con un ragionevole grado di sicurezza. In un circolo velico del nord Europa avrebbero mandati in mare anche i ragazzini con l’Optimist… sotto gli occhi per nulla preoccupati delle mamme: “fa un po’ freddo è c’è vento, ma ti diverti”. Invece i due grandi giganti realizzati con il meglio della tecnologia del carbonio, dell’aeronautica, della nautica sono rimasti fermi in porto. L’esempio calza: “voi portereste una Formula Uno a fare un rally?”. Ma non convince, il mare è uguale per tutti da sempre, le piste no. In questi giorni c’è una barca che somiglia tanto a Bmw Oracle che si chiama Groupama e corre attorno al mondo per conquistare il record Jules Verne in meno di 50 giorni: può viaggiare a 850 miglia in un giorno. Con qualsiasi mare e qualsiasi vento. Non è una barca da rally, è una Formula Uno… A far la differenza è il piano velico tradizionale, senza l’ala. Ma i velisti dicono che regge, l’hanno lasciata montata tutta la notte, con un gommone che sposta il trimarano per non farle prendere vento e tre persone sempre a bordo.
Certo oggi non era attesa nessuna regata, il programma prevede un giorno si e uno no e oggi era giorno no. Comunque dopo tanta attesa sono in tanti a chiedersi perché non si cambi rapidamente il programma, provando a regatare ogni giorno possibile. Ieri il presidente del Comitato Harold Bennet ha provato a spiegare perché ha lasciato le barche in porto. Ha deciso di interrompere l’attesa senza consultare i concorrenti. A guardare il mare da terra era del tutto navigabile e si percepisce una strana volontà di non fare le regate, di tirare in lungo. Il popolo degli osservatori non capisce, è una vacanza non voluta. Qualche sussulto di interesse per le visite dei vip: oggi il signor Virgin e amante dei record a vela e non sir Richard Branson, con la sua chioma bionda ha messo il naso nelle due basi, ha parlato con Ellison, Bertarelli, Coutts. Non lo hanno convinto “la Coppa la guardo…. Non farò la prossima… spero anch’io che in una settimana sia tutto chiuso”. Larry Ellison nel frattempo ha portato dentro al porto il suo megayacht Rising Sun: oltre centotrenta metri dedicati al suo ego, piscine, sale da pranzo e si favoleggia di una teca già pronta per la Auld Mug, vecchio nome della Coppa America. Era sempre rimasto alla fonda al largo e non lo aveva mai voluto portare “nel porto di Bertarelli”. Disgelo? Non sembra, i due non si parlano, non si mandano a dire nulla. Forse una riunione tra i team potrebbe portare un calendario più realistico e veloce. Ma c’è l’ostacolo della udienza del 25 febbraio, che dovrebbe decidere se le vele di Alinghi sono legali, pur parzialmente costruite negli Stati Uniti o no. Domani le previsioni ancora una volta non promettono niente di buono e si uscirà in mare con due ore di ritardo. I meteorologi dicono che la Coppa comincerà domenica.

Nella foto Loick Peyron, fratello di Bruno che detiene il record del giro del mondo con 50 giorni e qualche ora spiega come potrebbe essere la partenza e la regata tra i due multiscafi.