Il giorno dopo la grande impresa Matteo Plazzi, navigatore di Bmw Oracle, è davanti a un piatto di amatriciana di Cherry, ragazza americana ex Luna Rossa rimasta qui a Valencia a gestire un ristorante italiano.
Matteo, da cosa nasce l’ossessione per la Coppa America?
“Per l’edizione che ho mancato, quella del Moro di Venezia. Ero entrato nel team ma ho lasciato per iniziare a organizzare una squadra per la Whitbread con Brad Butterworth, il finanziatore era Gianni Varasi, finito con tangentopoli assieme al nostro progetto”.
Come ci si sente vincitori…
“Beh, tranquilli per l’impresa compiuta… ma dopo una notte in bianco ho bisogno di un riposino”.
Quale è stata la più grande difficoltà per il vostro team?
“L’incertezza: all’inizio abbiamo lavorato su due binari, cercando di preparare la sfida con il monoscafo se Alinghi avesse accettato le mediazioni, e insieme con il multiscafo che doveva essere per forza versatile per rispondere a qualsiasi scelta di campo. Il programma è cambiato molte volte. Fino a quindici giorni fa non avevamo nessuna certezza di regatare. Il lavoro su barca ed equipaggio è stato continuo”.
Quale è la forza di Russel Coutts?
“La conoscenza profonda di ogni aspetto di questo gioco e la capacità di vedere una mossa avanti. Sa pianificare, agire con strategia sia che si tratti di questioni legali, di progetto, navigazione”.
E quella di James Spithill?
“James è un velista e ha l’umiltà di voler fare bene il suo mestiere di timoniere. Non vuole entrare in giochi di potere o essere manager come capita a molti altri nella sua posizione. In barca sa mantenere una concentrazione e una velocità che ho visto raramente”.
Quali erano i vostri vantaggi fondamentali nei confronti di Alinghi?
“Direi due. Uno è l’ala che in alcune condizioni si è rivelata superiore. L’altro…. Che Ernesto Bertarelli abbia scelto di timonare, mi sembra che con un professionista vero forse sarebbero stati più vicini. Noi temevano la prima regata con bolina poppa, ma loro hanno sbagliato le vele che erano troppo grandi. La nostra regata doveva essere quella al lasco. Penso che se fossimo finiti dietro lungo la bolina al lasco stretto li avremmo attaccati duramente orzando. Il trimarano è più rapido in quelle condizioni”.
Cosa ha sbagliato Bertarelli?
“Non ha saputo usare il vantaggio che ha il defender nella scelta del campo. Questo è stato determinante. Prima di scegliere Ras al Kaimah poteva chiedere una interpretazione preventiva, oppure scegliere un posto indiscutibile nell’emisfero sud. Lo avrebbe trovato”.
Alinghi avrebbe potuto realizzare un’ala: perché non ci hanno pensato subito?
“La costruzione in se non è particolarmente impegnativa, ma il disegno si e non credo avessero le risorse per realizzare un progetto così complesso. Ci vuole tempo ma anche risorse tecnologiche che in America esistono”.
Su Bmw Oracle c’erano molti italiani, c’è un motivo?
“Intanto le numerose partecipazioni alla Coppa hanno fatto crescere un nucleo forte di velisti che ormai ha un posto nella vela iternazionale. Poi la connessione è James Spithill che ha lavorato con tanti di noi in Luna Rossa”.
Ci sarà un’altra Coppa?
“Credo che andrò avanti fin che posso. E’ la missione”.

Mentre i festeggiamenti infuriavano senza sosta e il grado etilico saliva molto rapidamente nella base di Bmw Oracle è arrivata una notizia importante: il presidente degli Stati Uniti Barak Obama ha chiamato Larry Ellison per invitarlo alla Casa Bianca. Non è la prima volta che un presidente si dedica alla Coppa America: John Kennedy seguiva con il suo Marlin le regate di Newport. Bush ha festeggiato Dennis Conner nel 1987, quando si è ripreso il trofeo nelle regate australiane di Perth con Stars & Stripes, nome ancora romantico cui nel 2010 rispondono i loghi degli sponsor.
Fin dalla sua prima edizione la Coppa America ha vestito una forma simbolica: si è mossa anche dove andava l’economia, dove c’erano novità, mondi in crescita. E’ successo la prima volta nel 1851, quando il valletto della regina Vittoria pronunciò la frase leggendaria, probabilmente falsa ma sempre utile, “maestà non c’è secondo”: un gruppo di imprenditori americani, velisti, aveva varcato l’Oceano per ammirare l’esposizione universale e sfidare le barche inglesi. I velisti inglesi vivevano sicuri di essere i più forti e presero una sonora lezione. A quel tempo valeva ancora il motto “Britannia rules the waves” per raccontare la sua forza sul mare, una difesa inviolabile dell’isola. Qualcosa che ricorda quanto successo in queste ore. Nel 1983 la Coppa dopo un secolo e mezzo di giacenza nelle inviolabili sale del New York Yacht Club è partita per l’Australia strappata da un “rider” che si chiama Alan Bond: dopo l’America un altro mondo nuovo che si affacciava al massimo palcoscenico. Bond nelle sue scorribande ha voluto i girasoli di Van Gogh battendo, a quel tempo, tutti i record di quotazione. Sono i neozelandesi a riprenderla nel 1995, con una squadra costruita soprattutto sulla solidarietà nazionale: un momento di sport estremo, la vela in Nuova Zelanda è seconda solo al rugby.
Ernesto Bertarelli nel 2003 l’ha riportata in Europa: sotto la sua gestione si è passati dai dollari all’euro per pagare le tasse di iscrizione e tutto il resto. Sintomo di una certa salute economica dell’Europa. Adesso, in un momento di ricostruzione nazionale, di rincorsa di valori etici ed economici torna in America: un pezzo mancante? Il puzzle di Obama trova una nuova tessera. Un uomo fortunato, come Larry Ellison che grazie alla crisi e qualche affaruccio indovinato è riuscito ad arrivare al numero tre tra i più ricchi del mondo. In un dibattito televisivo tra politici spagnoli, che si rammaricavano del fatto che Valencia potrebbe perdere molto del suo fascino, hanno detto “Ellison ci ha messo i suoi soldi per salvare lo sport, Bertarelli voleva solo il monopolio”. Il re Juan Carlos, appassionato velista, pare abbia scritto una lettera accorata a Ellison perché consideri Valencia ancora tra le sedi per disputare la Coppa America. L’Europa insomma qualche rimpianto lo ha anche se l’impegno di Vincenzo Onorato, Challenger of Record, è di restare a lungo in Mediterraneo per disputare gli eventi di avvicinamento. Un programma di cui si è parlato potrebbe addirittura prevedere che negli Stati Uniti ci sia solo la finalissima una volta definito lo sfidante.

“Questa regata non s’ha da fare”. Era l’ordine impartito da Ernesto Bertarelli ai componenti svizzeri del Comitato di regata. Per tutto il pomeriggio gli spettatori hanno aspettato il via, guardando le barche da crociera, anche quelle pesanti, che riuscivano a navigare con una certa agilità dentro la zona del via. Moderno Rodrigo, Bertarelli aveva deciso di proseguire nella sua politica fatta di ostacoli e ritardi per cercare, con una soluzione evidentemente diversa da quella di una regata di poco vento, per chiudere la partita o tenere la Coppa. Sul cielo di Valencia era in arrivo una perturbazione e freddo: saltando la regata conclusiva si sarebbe andati avanti di una settimana e forse più uscendo dai giorni del programma e aprendo un contenzioso su quando e come proseguire le regate. In altre date? Con una nuova ala o nuove vele? L’eroe è il presidente del Comitato, guarda caso neozleandese, Harold Bennet, che in questi giorni era già stato accusato di “collusione” con il clan svizzero. Bennet ha deciso che la regata sarebbe partita vicina al tempo limite ed è riuscito a farlo nonostante ci fosse sulla sua barca gente che non voleva muovere le bandiere. Lui ha ordinato di farlo a un poliziotto spagnolo presente sulla barca e l’osservatore di Bmw Oracle Tom Ehman.
Nella certezza che la regata non ci sarebbe stata il timoniere Bertarelli ha gigionato sulla linea di partenza finendo per fare quello che neanche al campionato invernale i velisti a vele bianche fanno: essere dalla parte sbagliata della linea. Quando era il momento di entrare nel box Alinghi era a mezza linea ha dovuto raggiungere il comitato e perdersi in una virata lentissima lasciando che Bmw Oracle navigasse dove gli pareva. Alinghi era “giallo” e poteva entrare, come ha fatto nella prima prova Bmw Oracle, con il diritto di precedenza. Era certo che a notte quasi fatta non si partisse davvero, dopo un pomeriggio passato melina a centro campo. Arroganza? Si, la solita. Quella che ha armato il giustiziere americano e l’onesto commissario neozelandese. A quanto pare ci saranno dei passi ufficiali nei confronti degli svizzeri ribelli quando tutta quasta storia troverà un assetto “ufficiale”.

Nella foto il presidente del Comitato Harold Bennet. Esperto neozelandese.