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Paul Cayard è nel suo ufficio di San Francisco, è sereno dopo qualche settimana dalla sconfitta, forma fisica perfetta, riposo: “ho partecipato sette volte alla Coppa America e Artemis è stata la peggiore campagna della mia vita, mi prendo le mie colpe di Ceo per la scelta della barca. Adesso riposo per tre mesi, poi vedrò cosa fare nel futuro”.
Paul è sorprendente il cambiamento di Oracle, cosa ne pensi?
“Sento Coutts tutti i giorni, anche oggi hanno fatto nuove modifiche e sono veloci sono davvero veloci, stanno imparando in fretta ed è incredibile pensare come siano in pochi giorni riusciti a cambiare le prestazioni. Con i monoscafi Iacc di cui abbiamo costruito cento carene sarebbe stato impossibile immaginare un cambiamento del genere. Probabilmente tutti e due hanno ancora molto da imparare. Stanno cercando gli assetti: nella prima gara di domenica New Zealand sembrava meno stabile del solito in volo mentre Oracle era sicura”.
Sai quali sono i cambiamenti più importanti?
“Hanno un diverso tuning dell’ala di bolina e la velocità è molto diversa. Si sono sempre allenati da soli e senza avversario è difficile progredire, adesso si stanno adeguando uno all’altro. Credo che tutte e due le barche hanno ancora margini di crescita del 2/3%, sia con piccoli particolari sia per il modo di portarle”.
Come andrà a finire?
“Credo che New Zealand abbia almeno l’80 per cento di probabilità di vincere, se Oracle avesse vinto la seconda regata di domenica la situazione sarebbe diversa, più rischiosa per i kiwi. Ancora un punto per i kiwi e la percentuale sale molto, Oracle può perdere solo una volta”.
Contano i due punti di penalità che ha preso Oracle?
“E’ un margine importante che cambia l’equilibrio. Se fossero più vicini, sul 7 a 3 New Zealand sarebbe davvero in pericolo, perché chi arriva da dietro e rimonta ha più forza, chi è raggiunto va nel panico comincia a discutere al suo interno, cambiare ruoli. Riuscire ad accendere quella funzione, cioè innervosire l’avversario, fa parte della costruzione della vittoria. Come è successo ai tempi del Moro di Venezia e New Zealand: li abbiamo raggiunti e loro hanno cambiato equipaggio peggiorando la situazione. Se vincono quattro regate possono mandare nel panico New Zealand e se poi riescono ad arrivare al 7 a 7 sarà molto difficile per i kiwi restare calmi”.

Chissà quanto i kiwi avranno sfogliato la margherita del “si ribalta non si ribalta mentre erano li in bilico appesi al filo di Arianna. In virata l’equipaggio si divide: sette restano sullo scafo sopravento (prima delle virata) compreso Dean, quattro vanno sull’altro scafo per preparare la manovra, fa cadere la deriva sul nuovo bordo. Tra i quattro il regolatore wing Glen Ashby che tiene il timone il tempo in cui Barker non può farlo perchè sta passando. Quando la barca ha iniziato a sbandare gli uomini hanno continuato ad azionare le pompe dell’idraulica per ridare potenza al sistema ed invertire il twist dell’ala. Su Facebook nel profilo di Studioborlenghi c’è una sequenza molto interessante A dire il vero sembra che la scotta randa resti a lungo cazzata nella posizione sbagliata. I quattro che erano sullo scafo in aria, si vede dalle immagini, hanno “schienato” per quel che potevano. La domanda è: quanto sono andati vicini al ribaltamento? Sulle prime è sembrato molto, ma qualcuno ha fatto i conti: sono arrivati a una inclinazione di poco meno di 45°, situazione in cui vince ancora la barca alla grande, perchè il suo momento raddrizzante è di circa 30000 kgm (considerando equipaggio sottovento) contro il momento sbandante dell’ala di 9000 kgm. Perchè l’equilibrio diventi instabile bisogna raggiungere i 65°, quanto i due momenti si equivalgono a 17000 kg kgm. Tutto questo è vero, ovviamente, senza l’intervento del vento, che può spingere l’ala a cambiare radicalmente le cose.

Il video

La Coppa America sorprende ancora e la sesta drammatica giornata di regate si chiude con una vittoria per Oracle, 47 secondi di vantaggio e una per Emirates Team New Zealand, 16 secondi. I kiwi  restano saldamente in testa con 7 vittorie a 1 ma qualcosa di nuovo si è visto, qualcosa che intimidisce i favoriti. Oracle va molto più forte di come l’avevamo mai vista. Le modifiche di questi giorni hanno avuto successo.  Dean Barker lo racconta così: “non mi sarei mai aspettato un miglioramento del genere da Oracle. Se si pensa a dove erano quando abbiamo iniziato la serie di regate e come sono diventati competitivi adesso è quasi incredibile il salto in avanti che hanno fatto in tutti i settori dalla barca alla manovra. Anche noi progrediamo continuamente, la curva di apprendimento con queste barche è ancora verticale e ogni giorno impariamo qualcosa. Il nostro risultato finale non è affatto al sicuro anche se abbiamo un buon vantaggio, questa è la edizione più dura della storia, solo l’ 83 può competere”.  Lo storico incontro tra Liberty e Australia II, deciso nell’ultima poppa. La freddezza di Dean si è incrinata un poco in queste due giornate difficili, in cui conquistare una vittoria è costato molte energie. New Zealand finora ha avuto vita tranquilla dimostrando sempre una superiorità sui concorrenti che in qualche modo può averla intorpidita nonostante gli stimoli che ogni giorno trova Grant Dalton.
“Il punto di oggi è importante, era necessario” prosegue Dean. E’ così, è quasi un match ball perchè ricostruisce la fiducia dopo la serie nera usata da Oracle per vincere due regate. Tutti si chiedono se gli americani possono rimontare la loro posizione e cambiare il risultato che sembrava ormai segnato. Di sicuro Oracle, rinvigorita dalle modifiche alla barca con spostamento di pesi e una regolazione diversa delle derive oltre che dall’arrivo di Ben Ainslie a bordo ha dominato la prima regata. E’ partita in testa chiudendo la porta a ETNZ e non le ha mai lasciato spazio. Le chiamate tattiche di Ainslie, che adesso dispone anche di velocità (la barca veloce ha sempre reso bravo il tattico), sono state lucide e non hanno consentito rimonte. Molto più combattuta regata dieci, dove Dean ha dovuto rinunciare a una condotta prudente in partenza per non lasciare vantaggio a James Spithill, e gli è riuscita una manovra che finora non avevamo visto, infilarsi tra l’avversario e la boa mantenendo l’ingaggio. Chi è sotto subisce il windwash e finisce per rallentare. La regata non è stata facile perchè Oracle ha espresso una grande rimonta di bolina e si è decisa nell’approccio alla boa al vento dove sono arrivati dopo una serie di incroci che sono sembrati sorpassi da Gran Premio motociclistico. Decisiva la scelta di Davies di andare a correre sulla destra del campo, buona per prendere più vento (di solito c’è un canale più forte al centro della baia) e per presentarsi mure a dritta all’incrocio con Oracle. Infatti New Zealand ha conquistato qualche decina di metri e quando Oracle si è avvicinata mure a sinistra Spithill ha incredibilmente tolto l’acceleratore, perdendo definitivamente la regata. Chi era contento? Larry Ellison dal gommone di Oracle ha dimostrato di gradire la vittoria. Le prossime due regate sono martedì, se Emirates le vince chiude la pratica e porta a casa la Coppa.

La bella Coppa America di New Zealand poteva finire alla fine della bolina di regata otto e per la prima volta dall’inizio della regate i kiwi hanno vissuto una situazione davvero pericolosa, che poteva scrivere la parola fine della loro sfida. Per fortuna hanno avuto quel pizzico di fortuna che li ha aiutati ha raddrizzare, letteralmente, la situazione. Il confine tra il disastro e la sopravvivenza è stato davvero labile: i kiwi erano alla fine della bolina, la più combattuta di tutte quelle viste finora contro Oracle, e la barca neozelandese in una virata stretta si è pericolosamente alzata su uno scafo. Ha raggiunto una inclinazione di 44°, bastano due, tre gradi di più per poggiare l’ala sull’acqua, che sarebbe finita inevitabilmente distrutta. Poi con la corrente che spingeva verso l’oceano anche il recupero dello scafo ribaltato sarebbe stato molto difficile e dopo quasi impossibile pensare di proseguire le regate e vincere la Coppa. Insomma un piccolo problema idraulico, questa la versione ufficiale, che ha impedito all’equipaggio di invertire la forma dell’ala poteva essere fatale. I kiwi hanno mantenuto il sangue freddo e hanno cercato di completare la manovra: gli uomini ai grinder hanno continuato a far andare le braccia per dare potenza al sistema idraulico fino a quando la situazione è tornata sotto controllo e sono riusciti a invertire il twist. Per alcuni interminabili secondi nella baia di San Francisco sono rimasti tutti con il fiato sospeso, di più i quattro milioni trecentomila neozelandesi incollati alla televisione, nel giorno in cui il Governo per dar modo di seguire le regate ha perfino deciso di chiudere le scuole per consentire ai ragazzi di restare in famiglia. La vela è proprio uno sport nazionale dalle loro parti. Fino a quel momento New Zealand era andata forte, aveva controllato l’avversario anche se non con quell’autorità che aveva mostrato gli altri giorni. Oracle si è presentata sul campo con delle modifiche ed era sembrata più equilibrata, più vicina sia in bolina che in poppa, e anche il tattico Ben Ainslie più efficace che nel suo primo giorno. Dean Barker  aveva vinto la partenza, dimostrando che non teme le aggressioni di James Spithill. Racconta Dean Barker: “per un problema all’idraulica l’ala è rimasta nella posizione che aveva prima della virata, mancava la potenza per invertire la forma. Ci siamo salvati perché i grinder hanno continuato a fornire potenza e finalmente siamo riusciti a regolarla”. Nota di superstizione: il general manager Grant Dalton nella regata maledetta non era a bordo, come in quella persa qualche giorno fa. Grant non ha l’età per fare il grinder, anche se ha ancora un fisico preparato arriva a fine regata boccheggiante. Adesso, sembra condannato a salire sempre a bordo. Dopo il fattaccio New Zealand ha inseguito per arrivare al traguardo con un ritardo di 52 secondi: interessante notare come non siano minuti, non ostante quello che era successo. Dopo la regata il punteggio è di 6 a 0, Oracle ha finalmente colmato la penalizzazione imposta dalla Giuria Internazionale ma il bilancio è ancora negativo: deve vincere altre nove regate contro le tre che bastano a New Zealand. La seconda regata del giorno è partita con i New Zealand al comando, ma è stata interrotta perché il vento è salito oltre il limite imposto dalla Guardia Costiera. Si torna in campo oggi.

I dati

Percorso: 5 Legs/10.16 nautical miles
Elapsed Time: OTUSA – 23:09, ETNZ – 24:01 Delta: OTUSA +:52
Total distance sailed: OTUSA – 11.4 NM, ETNZ – 11.7 NM
Average Speed: OTUSA – 29.90 knots (34 mph), ETNZ – 29.32 knots (34 mph)
Top Speed: OTUSA – 44.58 knots (51 mph), ETNZ – 47.02 knots (54 mph)
Windspeed: Average – 16.6 knots, Peak – 19.6 knots
Number of Tacks/Jibes: OTUSA – 8/8, ETNZ – 9/7

La Coppa America si avvicina alla fine, dopo le regate sei e sette l’ago della bilancia pende decisamente dalla parte di Emirates Team New Zealand, le ha vinte tutte due, adesso per vincere le servono altre tre vittorie mentre Oracle dovrebbe arrivare a dieci, una impresa che a tutti sembra disperata. Oracle e New Zealand nei primi giorni avevano dato spettacolo vero, adesso sembra che i neozelandesi abbiano preso la misura e mentre gli americani proprio non vanno. Per reagire alla sconfitta che l’altro giorno ha portato alla richiesta di rinvio su Oracle oltre ad alcuni aggiornamenti tecnici è stato sostituito il tattico: al posto di John Kostecki il medagliatissimo sir Ben Ainslie, considerato il più forte velista con i suoi quattro ori olimpici consecutivi e un argento. Ben era il timoniere di barca due ed era anche strano che fosse relegato alla panchina. Del resto Kostecki aveva accompagnato il timoniere James Spithill lungo tutto il percorso delle World Series, ma la sua scelta tattica in regata cinque è stata considerata un errore grave, ripresa dalla stampa di tutto il mondo che ha finalmente trovato qualcuno da mettere sulla graticola. Chi sperava però di mettere il turbo alla barca con la sua sostituzione si è sbagliato, come sempre i cambiamenti dell‘ultimo minuto non servono a molto. Un vecchio adagio dice che la Coppa America si vince al 95% prima dell’inizio delle regate, che servono solo a riscuotere l’assegno scritto durante la preparazione. Nelle due regate del quarto giorno invece Emirates ha dominato in lungo e in largo: nella prima è partita in ritardo di ben otto secondi ma ha recuperato come un aeroplano in bolina, mostrando una grammatica di scelte tattiche e di velocità impressionanti andando a vincere per 46 secondi. Nella seconda Dean Barker è anche partito bene, lasciando con facilità nella scia gli increduli ragazzi di Ellison che hanno perso per un minuto e sette secondi. Il vento era poco rispetto al solito, 10/12 nodi, ma le barche hanno raggiunto comunque velocità attorno ai 40 nodi. I tattici sono i protagonisti della giornata, da una parte il baronetto Ben con l’altera sicurezza del campionissimo dall’altra la saggia semplicità di Ray Davies, un ragazzo sempre sorridente con un fisico normale, che si diletta suonando il basso durante i party per la vittoria. Sta già accordando lo strumento perchè Ben non aveva quei due nodi di velocità in più di bolina che davvero potrebbero fare la differenza ma che non si trovano nella base di Oracle: dove si saranno nascosti? Oracle è ormai un burattino inanimato, sembra perfino impossibile che abbia vinto una regata, facendoci gridare allo spettacolo. Domani riposo, poi due regate sabato. Domenica potrebbe finire tutto.

I numeri

Regata 7 –  Percorso: 5 lati/10.14 miglia nautiche Tempo percorrenza: ETNZ – 24’48”, OTUSA – 25’54” Delta: ETNZ +1’06” Distanza coperta: ETNZ – 11.6 miglia nautiche, OTUSA – 12.0 miglia nautiche Velocità media: ETNZ – 28.32 nodi, OTUSA – 27.86 nodi Velocità massima: ETNZ – 44.73 nodi, OTUSA – 41.00 nodi Velocità del vento: Media – 16.3 nodi, Picco – 17.8 nodi
Regata 6 –  Percorso: 5 lati/10.14 miglia nautiche Tempo percorrenza: ETNZ – 31’39”, OTUSA – 32’26” Delta: ETNZ +:47” Distanza coperta: ETNZ – 12.3 miglia nautiche, OTUSA – 12.3 miglia nautiche. Velocità media: ETNZ – 23.43 nodi, OTUSA – 22.91 nodi Velocità massima: ETNZ – 38.55 nodi, OTUSA – 40.21 nodi Velocità del vento: Media – 11.6 nodi, Massima – 13.4 nodi

Mentre nella baia infuria la lotta tra Oracle e New Zealand, mister Patrizio Bertelli (il mister sta li per dire che dire che da l’impronta alla squadra) si è fatto vedere spettatore sul gommone con Max Sirena e il gruppo storico di conduzione di Luna Rossa. Tra i ragazzi, non manca l’avvocato Luis Saenz Mariscal, che sta lavorando sodo in questo periodo. Dopo le proteste il documento in preparazione è il Protocollo. Se Emirates vince, Luna Rossa sarà Challenger of Record, con la responsabilità, per Patrizio Bertelli, Max Sirena, Matteo De Nora e Grant Dalton, per citare i vertici, di costruire un nuovo evento a misura di vela e non è roba da poco, dopo la controversa eredità di questa edizione: barche lanciate verso il futuro, così avanti da essere poco comprese. Un evento partito con alcune buone idee mai praticate.
Il circuito delle World Series  si è ridotto e il suo messaggio di diffusione ha perso grinta. Le notizie che sono trapelate finora parlano di una stretta sul controllo della nazionalità, i team dovrebbero avere una minima quota di stranieri, sicuramente non il timoniere. Questo è bene per le nazioni mature, non tanto per aprire a nuove realtà, come il far east che non ha una dotazione sufficiente di campioni locali. Esclusa la condivisione dei progetti. Se esiste un fondamentale accordo su gran parte delle questioni che riguardano l’evento per la decisione che tutti aspettano ci vorrà tempo. Sono pronti dei modelli, delle simulazioni, tra cui decidere. Lo abbiamo intervistato prima che ripartisse per Milano, destinazione sfilate.
Patrizio chi vince?
“Mi sorprenderei davvero che Oracle riuscisse a rimontare: deve vincere dieci regate, i kiwi cinque. A loro basta vincerne una al giorno delle due per andare avanti e non è impresa impossibile. I kiwi mi sembra siano sempre più veloci di bolina anche due nodi”.
La sua Luna Rossa le è piaciuta?
“Abbiamo centrato l’obiettivo che ci eravamo posti: arrivare alle finali con Emirates Team New Zealand. Abbiamo vinto le World Series con gli Ac 45 imparando a portare la barca molto in fretta. Nei primi eventi eravamo dietro tutti. Ci è mancata una corretta filosofia progettuale. Abbiamo ottenuto il massimo risultato per gli strumenti che avevamo, oltre che maggior tempo avremmo dovuto avere una seconda barca come gli altri”.
E quello che succede in mare?
“Non mi piace il percorso delle regate, la partenza al lasco va bene, ma ci vorrebbe subito la bolina come una volta, quando si aspettava il primo incrocio e c’era da fare tattica vera fino alla prima boa. Adesso chi è dietro alla prima boa deve aspettare la bolina. Insomma io sono contrarissimo alle partenza di poppa. Il percorso dovrebbe essere bolina , poppa, bolina, si può togliere anche il gancio. Per quanto riguarda le barche devo ammettere che da maggio in poi ”.
Le barche così contestate sono davvero da buttare?
“Ho sempre detto che catamarani erano difficili da vedere per il consumatore, per chi va in barca da anni sul monoscafo è difficile riconoscersi. Dopo l’incidente di maggio tempo in cui sembrava di aver preso davvero una strada sbagliata ogni giorno la mia opinione è cambiata, migliorata, mi sono avvicinato a questi mezzi. Il risultato positivo è raggiunto anche se resta la complessità di queste barche, che in una prossima edizione finirebbe per restringere la partecipazione a pochi team”.
E’ arrivato a cinque sfide, solo sir Thomas Lipton ha fatto tanto. Cos’è per lei la Coppa America?
“Ho iniziato un po’ per gioco, per la mia passione per la vela, per fare una sfida, anche per sostenere l’immagine dell’Italia. Sono arrivato a cinque sfide un po’ così, ogni volta con una motivazione diversa. Della Coppa America mi piace un insieme di cose: la costruzione del team, saper studiare un progetto vincente, anche gli aspetti legali”.
Dopo la quinta andrà avanti?
“Vincere la Coppa America è l’obiettivo finale della nostra quinta sfida. Per quanto mi riguarda la considero la mia ultima volta, direi che ho fatto abbastanza. Partiamo per vincere e portare la Coppa in Italia. Questo team è servito per gettare le basi del prossimo, volevamo partecipare per non perdere la continuità e fare esperienza con la velocità. Da questo punto di vista abbiamo un vantaggio sui team che si formeranno”.
C’è una autocritica da fare?
“In questi anni ci è mancato un design team con una scuola di pensiero, che poteva fare esperienza e crescere avere continuità, a volte abbiamo avuto un equipaggio molto forte ma ci è mancata la cultura del progetto”.
Tanti attacchi alla Coppa perchè c’è poco match race
“Se guardiamo al suo percorso la Coppa negli anni trenta era solo velocità, poi è stata match race. In questo momento deve essere l’uno e l’altro. Tra Oracle e New Zealand abbiamo visto belle regate anche con il match race”.
Qual’è la dote migliore di Max Sirena?
“La dote migliore di Max è che sa gestire i rapporti con i suoi collaboratori molto bene, ne capisce le logiche e li tratta in modo paritetico, tiene al gruppo.
Nel futuro della Coppa cosa vede? Cosa bisogna fare per aumentare la popolarità della vela?
“S’è capito che bisogna promuovere lo sviluppo tecnologico che resta una parte importante e fondamentale della Coppa. Poi le World Series hanno dimostrato che il pubblico può esserci e si appassiona. Bisognerà anche avere la modestia di fare una comunicazione meno elitaria, parlare a tutti in modo da spiegare che è un evento vero. Spero che non venga considerato solo l’avventura di qualche marinaio un po’ pazzo e ricco. Se saremo Challenger non vorremmo occuparci di questo aspetto che assorbe molte energie e distrae dalla vittoria. Lo stesso vale per il Defender, credo vada creato un organismo autonomo e molto dipenderà dallo sponsor della manifestazione”.
Una ultima domanda: i velisti sono stati rivestiti di casco salvagente, cintura, che impatto ha sul pubblico questo aspetto, che li fa sentire più vicini a dei combattenti e più lontani dai velisti
“ Con questo aspetto da combattenti attirano la fantasia, son vestiti così perché ci sono delle norme di sicurezza e d’altra parte succede anche in Formula Uno e in altri eventi. Il fatto che non si parla più del gentleman con la maglietta ma di uno sportivo con degli strumenti più aggressivi è interessante”.

 

La terza giornata di San Francisco, dovevano essere regata cinque e sei, è iniziata con l’ansia di una prova decisiva. Sarebbe stata infatti rivelatrice delle forze in campo, ovvero della concreta possibilità di Oracle di rimontare Emirates Team New Zealand, di difendere con successo la Coppa America (nel loro caso non si vince, si difende e questo definire i termini ha una sua importanza) per riuscire trattenerla nelle acque della California. Per tutti è ormai a mezza scaletta di un Airbus Emirates, ben chiusa nella sua valigia di pelle griffata, accompagnata dalla guardia del corpo. La Coppa non deve partire… e dopo questa terza giornata salta fuori che forse nella sterminata base di Oracle, un molo intero con cantiere e quant’altro bisognava pensarci prima. Costruire una velocità diversa, osservare meglio le api operaie che a Auckland ogni giorno mettevano un mattoncino nuovo, conquistando un decimo per volta ma anche qualche nodo. Il progresso dal momendo del varo di barca uno a oggi è impressionante: allora non passava i 35 nodi con bufera, oggi in una fase del pre-partenza ha quasi certamente bucato il muro dei 50 nodi. Peccato non ce lo dicono…
La cronaca è questa: si parte con vento di 18 nodi, per tutti è un cross over tra un modo di portare la barca e un altro. Sopra sembra che Oracle soffra meno. Dean spinge Spithill ma ancora una volta Oracle accelera bene ed è in testa alla prima boa. I kiwi inseguono restando attaccati a poche lunghezze lungo il lato di poppa. Dean Barker non molla, attaccato come un’ombra il nemico “devi navigare con loro nell’aria migliore, c’è un canale di vento forte dove bisogna star dentro, per poi attaccare dopo”.  Al cancello di poppa ETNZ arriva con otto secondi di ritardo, poi inizia la bolina, la vecchia cara andatura controvento dove di solito, nel vecchio manuale, si vincono le regate. Oracle fa manovra molto strana: ha girato la boa a sud del cancello e logica vorrebbe che usasse tutta la velocità per orzare senza perdere acqua,  ma qualcuno chiama la destra, la barca vira ed è quasi ferma, dopo pasticciano anche un po’ a nove nodi mentre New Zealand inizia la bolina senza virare ma anzi con tutta la potenza accumulata in poppa e guadagnando subito. Molti danno la colpa a Kostecki ma e pensarci bene non può essere la stessa persona ad aver chiamato prima la boa sud e poi la destra con virata, sintomo che a bordo si discute, qualcuno non crede più a Kostecki o l’errore è proprio il suo? Chi ha “over called” forse Slingby.  Difficilmente sapremo come è andata davvero. Dopo si capisce anche molto in fretta che gli americani sono molto più lenti. I kiwi sono scatenati, usano la porta aperta da Oracle per iniziare la rimonta, che dura poco. La barca neozelandese, a leggere i dati numerici è sempre più veloce di quella americana almeno due nodi e orza almeno tre gradi di più, vira meglio con una specie di rolling tack che alza subito lo scafo. Ci sono momenti in cui naviga a 27 nodi, in semi foiling, ovvero con lo scafo che si solleva appena dall’acqua per ridurre il drag (guardare le scie come cambiano) .
Oracle, che nel giorno di riposo aveva subito delle modifica, sembra un cavallo zoppo: irriconoscibile rispetto alla regata in cui l’abbiamo vista combattere e vincere. Una prestazione, ci sta anche una battuta poco generosa con i nostri eroi ma certamente tollerata, da Luna Rossa. In altre parole la regata di Oracle ne rivaluta le prestazioni. Dean Barker chiude la pratica galoppando a pancia bassa con un minuto e diciassette secondi di vantaggio sul traguardo.
Gli americani sono tra lo sconsolato e l’infuriato. Qualcuno da la colpa a quella mossa sbagliata, tuttavia sembra che la barca neozelandese sarebbe stata un brutto cliente in ogni caso. E’ sempre faster and higher. Così a bordo di Oracle decidono di sfruttare il “jolly” ovvero di chiedere il “postponement” della seconda prova del giorno dove sarebbero di certo sconfitti. Spithill salta dalla barca al gommone per parlare con Coutts a voce e non per radio o telefono. La sospensione è tempestiva e probabilmente giusta, anche attesa dai kiwi,  ma è anche un forte segno di debolezza, segno che si sono resi conto di non potere andare avanti. Sembra quasi una dichiarazione di resa. La conferenza stampa era gremita di spettatori, Patrizio Bertelli compreso in attesa di iniziare le sfilate ma interessato al prossimo Protocollo di cui sarà con ogni probabilità Challenger of Record.
Intendiamoci, può ancora succedere di tutto, ma di fronte alla forza dei nervi distesi dei neozelandesi, che oggi nel giorno di riposo faranno semplice manutenzione è un segno di nervosismo. Ray Davies, simpatico tattico dei kiwi: “se cambiano per noi è meglio, significa che stanno cercando un assetto che non hanno”. Sottintende anche che quando cambi qualcosa la devi anche provare, ed è difficile far miracoli quando gli altri ti aspettano al varco. Cosa possono cambiare? Di tutto, persone, derive, timoni. Il parterre di tattici e timonieri che possono schierare fa anche un po’ paura: da sir Ben Ainslie unico velista con quattro ori e un argento olimpici, allo stesso Russell Coutts sempre rimasto a terra ma che comunque in barca ci sa andare. James Spithill, timoniere dalle partenze fulminanti ha detto “non sono sicuro nemmeno io di essere a bordo…”. Come dire Larry Ellison può arrivare e fare una rivoluzione, come ha fatto in passato. Gli uomini nuovi li possono anche avere, ma hanno 36 ore per trovare 2,5 nodi di bolina, una impresa davvero difficile. Il programma prevede per il prossimo giovedì due regate. Il punteggio è Emirates New Zealand 4, Oracle meno uno.