Lo yachting internazionale cerca un linguaggio globale, una regola di stazza che possa essere usata in tutto il mondo. A inizio secolo dopo una grande riunione a Parigi del 2007 è nata la Universal Rule, regola che per molti anni sarà la base delle regate dando vita a numerose classi, alcune delle quali ancora attuali come i 5.5 S.I. I concetti per la misurazione ideati allora influenzano comunque tutte le regola nate successivamente, come lo Ior  e la più recente regola IACC usata per la Coppa America dal 1992 al 2007. Le barche più grandi sono i 23 metri S.I, di cui si costruiscono pochi esemplari. Per la Coppa si sceglie di usare i J Class, che sono lunghi una quarantina di metri e rispondono al Deed of Gift che indica una lunghezza al galleggiamento di 90 piedi. La Lipton nella crisi del ’29 ha perso due terzi del suo valore, ma Thomas, ottuagenario, lancia la sua quinta sfida. Gli risponde Harold Vanderbilt, nipote di Cornelius che ha già armato un defender e già presente nella edizione precedente. Vanderbilt affida il progetto a William Starling Burgess, figlio di Edward. Nasce Enterprise che gli americani mettono in concorrenza con altri tre potenziali defender: Weetamoe, che sarà il migliore avversario, Whirlwind, Yankee. Enterprise è dotatissima, di vele e di marinai. Figlia dell’innovazione, il suo albero è il primo di alluminio costruito con lastre rivettate con 80.000 rivetti. Insomma, quando Shamrock traversa l’Atlantico è già vecchio, la differenza è chiara anche per un pubblico poco esperto. Mentre gli inglesi cazzano le scotte a forza di braccia gli americani hanno i verricelli. Si corre a Newport dove il New York Yacht Club ha aperto una sede estiva e non più nella baia di New York ormai difficile da utilizzare per il traffico commerciale. Lipton incassa con eleganza un pesante quattro a zero: è sconfitto ma esce vincente dall’avventura della Coppa America, forse l’unico che abbia saputo sempre mantenere uno stile limpido più che sportivo. Un anno dopo muore lasciando un segno deciso non solo nella vela, ma nella storia del marketing moderno per quanto ha saputo fare con il suo marchio.

Da Saint Tropez a Genova passando per lo scoglio della Giraglia, sono le 216 miglia di regata più famose del mediterraneo: i velisti non le amano perché il vento è troppo mutevole. Quest’anno per la edizione numero cinquantanove della Giraglia Rolex Cup sono partiti in più di duecento. Di solito sono le barche più grandi quelle favorite in questo gioco, e infatti anche questa volta la prima in tempo reale è Esimit Europa 2, una barca dello sloveno Igor Simcic patrocinata dalla comunità europea e sponsorizzata da Gazprom, si proprio il colosso del gas. Ci naviga un bel gruppo di italiani, con Roberto Spangaro, Stefano Rizzi, Alberto Bozan e Cicco Rapetti, uno dei quattro italiani che hanno vinto la Coppa America. Non era il solo gigante presente ad affollare la banchina del porto storico della bella vita di Brigitte Bardod e dei grandi playboy anni sessanta. Tra i grandi mangia miglia c’erano lo Swan 90 DSK Pioneer Investment di Danilo Salsi con Andrea Casale al timone e Francesco Mongelli navigatore, su Alegre navigava Francesco de Angelis, sul Jethou di sir Peter Odgen il mago della Coppa America Brad Butterworth. La lista può esser lunga. Per i grandi, abbronzati favoriti però c’era in serbo una sorpresa: la bonaccia, quella condizione per cui il mare è liscio come l’olio, l’aria resa opaca da una nebbiolina umida che il vento non sposta. Dunque bisogna raccontare che la vera classifica di questa regata è in tempo compensato, un sistema inventato più di un secolo fa (per fortuna sempre aggiornato) che consente di paragonare barche diverse utilizzando formule che tengono conto delle dimensioni, delle vele, del vento, della distanza da percorrere. E’ chiaro che con questo sistema bisogna attendere l’arrivo di tutti per sapere chi è il vincitore, un sistema unico nello sport e un poco penalizzante per gli spettatori. Dopo l’arrivo di Esimit Europa 2, che ha impiegato 33 ore e 14 minuti (il record di Alfa Romeo stabilito nel 2008 è di 18 ore e 4 minuti) sono passate ore prima che la situazione fosse un poco più chiara. Si è capito subito che sarebbero stati i “piccoli” a vincere, lo si sapeva proprio dal passaggio dallo scoglio della Giraglia, quando una grande bolla di bonaccia ha consentito alla flotta degli oltre duecento di compattarsi e ripartire rendendo quasi inutili le prime cento miglia di regata. Insomma, arrivati i big si è capito che il loro vantaggio non gli bastava a “pagare” (si dice così) gli inseguitori e che il vincitore sarebbe stato tra gli inaspettati. Per alcune ore il migliore della classe IRC (la più numerosa) è stato Nikita, una barca di serie tipo J122, portata dallo skipper Dario Mamone con un equipaggio bravo ma non professionista. Poi quanto tutto sembrava stabile e nella piazza dello Yacht Club Italiano si iniziava a mangiare pasta e focaccia l’arrivo di Foxy Lady, barca di serie tipo X 372, con una lunga storia alle spalle adesso dell’armatore francese Dominique Heyraud: il suo tempo reale è di 48 ore e 4 minuti: insomma quasi mezza giornata più di Esimit e gli altri. Eppure grazie al sistema di calcolo è prima di una lunga classifica, dove la barca con bandiera europea finisce oltre il centesimo posto. Non a tutti piace che questo sistema tolga di mezzo i superfavoriti, però il fatto che Davide possa battere Golia, soprattutto in termini economici, ha il suo fascino. Tutta Foxy Lady vale come una randa  di Esimit. Mica male. In regata anche la categoria ORC, dove ha vinto Gianin VI di Pietro Supparo, un altro outsider.

 Thomas Lipton lancia una sfida nel 1907,  ma vorrebbe correre con barche più piccole e meno costose. Gli americani però non vogliono e lui ci riprova nel 1912. Nel 1913 si arrende e non pone condizioni, ma gli americani rivedono finalmente la loro posizione e ammettono barche con lunghezza al galleggiamento di 75 piedi (15 meno dei 90 previsti dal Deed of Gift). Così, nel 1915 Thomas Lipton è pronto con il quarto Shamrock disegnato da Charles Nicholson e costruito in legno, ma in maniera avveniristica con il sistema dell’incollaggio di strati lamellari sostenuti da una struttura portante, un sistema sperimentato in aeronautica che rende la struttura molto leggera a confronto del tradizionale fasciame. Quando Lipton si sta trasferendo in America per le regate a bordo del suo panfilo Erin l’Austria invia l’ultimatum alla Serbia, che sarà la miccia per la Grande Guerra. All’arrivo a New York, dove è pronta Resolute, Lipton propone di mettere in secco le barche: i due scafi vanno in bacino a City Island. Si regata nel 1920, con le barche riviste e modificate. Lipton arriva vicinissimo al risultato storico: vince le prime due prove e dichiara che è il più bel momento della sua vita. Nella terza regata l’americano insegue ma vince in tempo compensato e poi purtroppo vince altre due regate, anche con l’aiuto del Comitato che sospende una partenza con vento forte. È l’edizione più combattuta della storia, ma Lipton rimane deluso: pensava di farcela, invece incassa la quarta sconfitta. Si consola con un grande ricevimento a bordo di Erin. Torna in Inghilterra e ripensa alla Coppa: non è un marinaio, ma le regata delle regate lascia un segno indelebile. Intanto gli americani cambiano il regolamento di stazza che inizia a tener conto del dislocamento.
Alle regate e nel comitato armatore, presieduto da Pierpoint Morgan, della barca vincente partecipa Harold Vanderbilt (nella foto), parte di una delle famiglie più influenti e ricche d’America e di New York. Il patrimonio dell’avo Cornelius “Commodore”, costruito con ferrovie e navi, il giorno della morte nel 1877 era uguale ai possedimenti del Tesoro degli Usa. Mike vinse tre volte con i J Class Enterprise, Rainbow e Ranger. La prima volta, nel ’30, finì sulla copertina del Times Magazine. Timonava personalmente le sue barche, aiutato dalla moglie Gertrude Lewis Conway che teneva i tempi per le sue partenze perfette. Dopo la difficile edizione del ’34 scrisse le regole di regata per la IYRU (adesso Isaf) che con poche modifiche sono ancora quelle attuali. Fu per molti anni commodoro del New York Yacht Club influenzando numerose edizioni della Coppa. Ha una storia che conta anche nel mondo del bridge.