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La piccola flotta della Volvo Ocean Race e’ partita da Alicante con rotta giro del mondo a vela in equipaggio. Sei barche con otto uomini di equipaggio, una con undici donne piu otto operatori velisti che dovranno raccontare al mondo oceani, tramonti, albatross, tempeste e bonacce. Sono solo sette gli eredi di una tradizione storica iniziata nel 73 quando al posto dei cibi liofilizzati si imbarcavano prosciutti e spaghetti. Davanti alla prua ci sono 38739 miglia nautiche, divise in undici tappe. La grande sfida tra uomo e natura trova un grande palcoscenico. Non c’e una grande differenza tra questi marinai e quelli che per secoli hanno scoperto terre incognite, fondato citta e vinto battaglie. Un sentimento per il mare sempre al confine tra amore e dannazione. Tra la curiosita’ dello scopritore James Cook, l’ostinazione del capitano Achab, il cattivo di Moby Dick, la ostinata stupidita’ di McWhirr il capitano che Joseph Conrad fa passare per l’occhio del ciclone.
A bordo dei sette concorrenti ci sono grandi campioni, 7 medaglie olimpiche, velisti e veliste di 18 nazioni che per nove mesi spegneranno la lampadina della vita in famiglia per pensare solo alla velocita’ della loro barca. Per la prima volta nella lunga storia, si corre con imbarcazioni monotipo della classe VOR 65, per alcuni e’  una innovazione verso lo spettacolo, che sara’ totale quando si decideranno finalmente a tornare alla classifica per somma dei tempi, come merita ogni corsa a tappe, la cosa che il pubblico capisce meglio. La prima tappa si conclude a Citta del Capo dopo quasi 6500 miglia, e’ una delle rotte piu antiche della storia della navigazione di scoperta, aperta nel 500 dai marinai del principe Enrico il Navigatore alla ricerca di una rotta che li portasse verso le spezie orientali senza essere costretti ai dazi delle repubbliche di Genova e Venezia. Si naviga verso sud, prima a sfiorare il Brasile e poi dentro verso il vento della costa africanta. Fatica? Tanta, poco sonno e tanto rischio, in una tappa del genere si perdono fino a dieci chili e si e’ fortunati a dormire tre ore al giorno. Per questo questi velisti sono atleti veri, preparati con cura fisica e mentale. Favoriti? Su Abu Dhabi comanda un mito della vela inglese Ian Walker, alla seconda partecipazione con lo stesso team, trasformera la sconfitta di tre anni fa in esperienza. Lo spagnolo Mapfre imbarca Iker Martinez e il francesce Michel Desjoyeaux, velista solitario in prestito a un equipaggio vero. Team Brunel e condotto dal veterano degli skipper, l’olandese Bouwe Bekking alla settima partecipazione. Ci sono i cinesi di Donfeng guidati dal francese Charles Caudrelier, vincitore come capoturno tre anni fa con Groupama. Team Alvimedica e condotta da Charles Enright e imbarca l’unico velista italiano presente Alberto Bolzan, raffinato timoniere che ha gia’ conquistato il soprannome di Ferrari. Potrebbe essere lui, dopo questa esperienza, lo skipper di una prossima barca italiana fortemente voluta dall’organizzazione e sogno di molti altri velisti nazionali. Team Vestas Wind ha skipper Chris Nicholson e imbarca alcuni solidissimi neozelandesi come Tony Rae e Rob Salthouse. Infine le ragazze, equipaggio femminile guidato da Sam Davies: per equilibrare le forze in campo possono correre in undici, che significa avere non solo sei mani in piu’ – come dice Sam – ma anche tre cervelli femminili”.

Team Telefonica ha vinto la prima tappa della Volvo Ocean Race, Alicante CapeTown. Una vittoria ben conquistata dallo skipper Iker Martinez, due medaglie alle Olimpiadi, due Volvo Race con Telefonica e una Barcelona Race chiusa al secondo posto  con il suo prodiere di 49er  Xabi Fernandez dopo aver vinto il terzo titolo mondiale della classe olimpica. E’ quasi certo che finita la Volvo, finite le Olimpiadi di Londra raggiungerà Luna Rossa per diventare timoniere titolare. Dopo una bella girandola di nomi si potrebbe vedere un pozzetto fatto di olimpionici Martinez e Bruni. Martinez è uno che corre… sul 49er e sul Vor 70 è facile la consuetudine con l’alta velocità. Dopo Telefonica sono arrivati Camper, autore di un errore di navigazione piuttosto sciocco all’uscita del Mediterraneo, e Groupama autore di un errore molto sciocco: ha preteso di navigare verso l’Africa sottocosta, una trappola in cui non cadevano neanche i navigatori del principe Enrico nel 500. Gli altri tre si sono ritirati: due alberi in mare, quello di Abu Dhabi e di Puma e una delaminazione a prua di Sanya.
Abu Dhabi ha scelto il ritiro dopo essere ripartito, Sanya si è fermata per ricostruire una nuova prua. Le due barche stanno raggiungendo Cape Town in cargo. Lo stesso destino toccherà a Puma ma con una avventura molto più rocambolesca, perchè non ha rotto in Mediterraneo ma in pieno Atlantico del Sud, dove soccorso e assistenza sono molto difficili. Ken Read ha deciso di navigare a motore e con una vela di fortuna verso l’isola di Tristan da Cunha, aveva poche altre scelte, un cargo gli ha passato il gasolio. Il programma è di caricare la barca sul cargo Team Bremen, il difficile è che l’operazione va fatta in mezzo al mare sebbene al ridosso dell’isola perchè non si può entrare in porto e per issare la barca è stata costruita una gru di fortuna. Il cargo si è mosso apposta per il recupero della barca da Città del Capo dove era fermo in attesa di commesse. L’albero di Abu Dhabi è caduto per il cedimento della check stay e il successivo della D2, non chiaro quello di Puma Mar Mostro, che ha rotto dopo aver ridotto la randa. Il quesito adesso per i due team è questo: ci dobbiamo fidare del secondo albero identico? Già, se non sono errori di manovra sono errori di calcolo o rigging, e allora come si fa a tenere il piede sull’acceleratore senza pensare a modifiche? Tre ritiri su sei partecipanti pongono perlomeno qualche quesito sui perchè di questa regata e su come dovrà essere una prossima volta.  

Dopo poche ore dal via della Volvo Ocean Race due barche  hanno subito danni nelle pesanti condizioni meteo incontrate subito dopo il via. Abu Dhabi è precipitata da un’onda verticale e ha rotto l’albero. Dopo aver recuperato quel che poteva, soprattutto la preziosa randa, ha dato motore per rientrare ad Alicante e aspettare l’albero nuovo. Per lo skipper Ian Walker è stato un brutto momento. Fervono i lavori per poter rientrare in regata. Anche Sanya, la barca con bandiera cinese portata da Sanderson ha subito un grave incidente, con una estesa delaminazione della zona di prua. Alcuni dicono provocata da un impatto con un oggetto semisommerso. Sanya tuttavia è una barca che ha già una edizione del giro del mondo sulle spalle e non sarebbe da escludere un cedimento del composito per fatica. Ai tempi della Whitbread, quando la regata era un evento “semi” professionale o comunque il professionismo non aveva raggiunto i livelli contemporanei il ritorno in porto non era mica raro, ai molti partecipanti con barche con cui adesso non andremmo neanche a Capo Corso mancava sempre qualcosa. Fino alla sera prima del via era uno stridere di cacciaviti e un passaggio di provviste. Altro che il “day off” con abboffata e dormita prima del via. Si cominciava a dormire dopo…. Dunque di sei concorrenti ne restano quattro davvero in competizione per vincere la prima tappa. Abu Dhabi ha ripreso il mare ma è evidente che la sua navigazione, sebbene ancora formalmente in regata sarà in sostanza un trasferimento senza prendere troppi rischi, magari con la speranza di  agganciare qualche ritardatario che ha commesso errori tattici. La sua regata ricomincia a Cape Town. Sanya ha rinunciato alla prima tappa  anche se è evidente che arrivare a CapeTown è comunque necessario completare le riparazioni. Insomma, qualche domanda, pur nello spettacolo complessivo e nella complessa macchina mediatica fatta di cronache in diretta, gioco virtuale e tante altre cose, sorge spontanea. La Volvo Race era criticabile per la sua formula prima ancora che partisse: troppo pochi sei concorrenti. Adesso? E l’altra domanda è: se Giovanni Soldini fosse partito con la sua barca, che come Sanya ha già un giro alla spalle che rischi avrebbe preso? La risposta sta nel collisione si, collisione no, anche se il fianco sembra aver perso la pelle superficiale e l’anima del sandwich in un distacco. Una collisione forse avrebbe provocato un vero buco.

E’ previsto vento forte per la partenza della Volvo Race, il giro del mondo a vela in equipaggio. I sei equipaggi si infileranno dentro una prima perturbazione con vento a 25 nodi e mare incrociato. Dopo il via di Alicante bisogna navigare per 6500 miglia prima di raggiungere il traguardo di Città del Capo per concludere la prima tappa. Se riusciranno ad uscire indenni dall’inizio duro con l’uscita dallo stretto di Gibilterra, i sei team tenteranno di battere il record di percorrenza sulle 24 ore di 596.6 miglia, stabilito da Ericsson 4 proprio nella prima frazione della scorsa edizione. Le barche, costruite con la regola Vor 70, sono davvero spettacolari in molti aspetti, sono monoscafi davvero velocissimi. Sei concorrenti sono un po’ pochi per un evento che è nato come la grande avventura attorno al mondo. Colpa dei budget indubbiamente, ci vogliono almeno diciotto milioni di euro per prendere il via, ma anche di una crisi strutturale dell’evento che inseguendo leggi di marketing contemporaneo ha diluito la vena poetica con una serie di scelte non del tutto sportive. Le tappe e gli eventi, tanto per essere espliciti, sono modellati su esigenze di mercato di sponsor e partecipanti piuttosto che sulla dura legge del mare. La formula attuale, oltre tutto con classifica a punti, è molto lontana dalla originaria inventata da mr Whitbread. La classifica a punti resta un invalicabile baluardo delle ultime edizioni, scelta per tenere in gioco chi rompe l’albero e dare valore alle innshore race è pressochè incomprensibile al grande pubblico generalista, che vorrebbe vedere protagoniste le lancette del cronometro. Come al Tour de France si potrebbero fare diverse classifiche, premiare certi arrivi con abbuoni in tempo. Questo cambierebbe radicalmente la tattica di regata e la scelta delle barche adesso improntata al controllo degli avversari con decisioni mai estreme. I partecipanti sono sei, uno corre a bordo di una barca della scorsa edizione, si tratta del team cinese Sanya di Mike Sanderson, già skipper di Abn Amro One vincitore nel 2005-2006. Il colosso nell’abbigliamento sportivo Puma schiera una barca condotta da Ken Read, versatile timoniere. Puma sta investendo molto nella vela, e ha raggiunto un accordo anche con l’organizzazione della Coppa America. Camper ha sponsor spagnolo e equipaggio neozelandese guidato dallo stesso Grant Dalton che ha vinto un paio di volte e che conduce il team in Coppa America. I kiwi hanno scelto di partecipare alla regata attorno al mondo in un momento di incertezza dell’altro evento per confermare il loro ruolo di nazionale della vela per la Nuova Zelanda, fa un certo effetto vederli vestiti di un bel rosso vermiglio e non di nero. Abu Dhabi, che ha costruito un grande marina e ha forti interessi nella nautica, ha una barca timonata dal’inglese Ian Walker. I francesi tornano dopo diciotto anni di assenza con una barca condotta da Frank Cammas, espertissimo di multiscafi e detentore di molti record, che issa Groupama, per lui lo sponsor di sempre. In qualche modo è il più atteso per la sua confidenza con gli oceani. Chiude il pacchetto dei concorrenti la spagnola Team Telefonica portata da Iker Martinez. Le sedi di tappa sono dieci: Alicnate, Capetown, Abu Dhabi, Sanya in Cina, Auckland, Itajai, Miami, Lisbona, Lorient e Galway. Per paura dei pirati della Somalia dopo la partenza da Abu Dhabi le barche saranno dirette verso un porto segreto, caricate su una nave e rimesse in acqua in una località sicura.

Il giro del mondo a vela in equipaggio è una regata carica di antiche suggestioni: gran parte della navigazione avviene lungo rotte che con i loro pericoli hanno scritto la storia delle esplorazioni, il fondo del mare è costellato di relitti di audaci navigatori che, soprattutto per soldi, hanno girato il mondo per ordine di principi e re. Gran parte della rotta percorsa da chi vuole girare il mondo senza passare da Panama o Suez naviga su una strada aperta dai portoghesi inviati dal Enrico il Principe Navigatore per assicurare al Portogallo il commercio delle spezie e nuove terre, fino ad allora controllato da Venezia e Genova attraverso la porta d’oriente: Istanbul.

E’ stata una regata che ha appassionato molto i velisti italiani fin dalla prima edizione nel 1973, nata con la collaborazione della birreria Whitbread. Allora era davvero la massima espressione della navigazione oceanica, che si affrontava con barche relativamente piccole. Adesso che arriva alla undicesima edizione si chiama Volvo Ocean Race, è gestita dal velista norvegese Knut Frostad, che prima di sedere in ufficio si è fatto i calli al timone. La prossima edizione partirà dal porto spagnolo di Alicante nell’autunno del 2011 per finire a Galway, in Irlanda nell’estate del 2012 toccando, dopo tappe di vario contenuto tecnico, i porti di Città del Capo in Sudafrica, Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti, Sanya in Cina, Auckland in Nuova Zelanda, Itajai in Brasile, Miami negli USA, Lisbona in Portogallo e Lorient in Francia. Per la terza volta si utilizzano i Volvo Open 70, barche costruite con una regola che premia le prestazioni e lo spettacolo. Tra gli iscritti doveva esserci anche Giovanni Soldini con Italia 70, una barca messa a disposizione da John Elkan per un progetto cui ha collaborato anche Carlo Croce. Purtroppo non è stato possibile assicurare al team un budget adeguato a raggiungere buoni risultati. Si sono impegnati in prima persona lo stesso Giovanni e Carlo Croce.

Gli organizzatori volevano a tutti i costi una barca italiana in gara, e per primi hano cercato di assicurare un aiuto logistico a Italia 70. Ma la crisi economica mondiale penalizza anche altri iscritti: a pieno budget sono solo quattro. Il fortissimo team francese Groupama che passa dai trionfi atlantici sui multiscafi a questa regata dove nel tempo è divenuta molto importante una parte tecnica più che eroica. Non a caso è stata vita con Ericsson l’anno scorso dal brasiliano Torben Grael considerato il più grande velista vivente con cinque medaglie olimpiche, e da Paul Cayard che era al debutto oceanico dopo una carriera di regate brevi. Abu Dhabi arma una barca che è in costruzione qui in Italia presso Persico, che aveva lavorato anche per Luna Rossa. Dall’America arriva Puma, dalla Spagna arriva Camper, in realtà il cuore è del mitico Team New Zealand, la nazionale della vela neozelandese, condotta da un mito di questa regata, l’inossidabile Grant Dalton. Ci sono in nota altri due team spagnoli, al momento segnalati come confidenziali. Frostad è anche corso ai ripari per cercare di portare in regata qualche altro concorrente: quattro veri sono troppo pochi per una regata che si rispetti, e che ha una organizzazione complessa. Noi abbiamo la nostra idea sulla “crisi” del giro del mondo in equipaggio. La classifica a punti, le regate di un giorno dimostrative per il pubblico, un percorso che ha lasciato la Great Circle Route per finire in Cina, hanno finito per togliere alla regata il primato della leggenda. Insomma, un po’ come togliere il pavè alla Parigi Roubaix. Non è più la stessa cosa.