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I kiwi vanno di più. Nessuno lo vuole dire per scaramanzia. Ma è così: la superiorità è evidente almeno con il vento che non ha superato i dodici nodi del primo week end di regate. La sfidante Emirates Team New Zealand è stata migliore del defender Oracle in tutti i settori: ottime le quattro partenze di Peter Burling, che si temeva fosse a disagio con l’esperto avversario James Spithill, ottima la velocità, a volte tremendamente superiore a quella degli americani. I neozelandesi hanno prima rimontato il punto di svantaggio con cui partivano per merito della classifica dei Round Robin, e poi si sono elegantemente portati sul 3 a zero. Il campo americano è visibilmente abbattuto  ma c’è una grande prudenza da parte kiwi: nel 2013 gli americani sono stati in grado di esprimere una furiosa rimonta che non ha lasciato scampo. A Coppa praticamente vinta: giova ricordare che i neozelandesi erano in testa nella regata che poteva essere decisiva ma che è finita fuori tempo massimo e da li sono cominciati i loro guai. E James Spithill ha promesso “proveremo di tutto, ci siamo già riusciti una volta. Cinque giorni di lavoro sono tanti”. Vero, si ricomincia a regatare sabato prossimo e in tutto questo tempo Oracle può trovare delle soluzioni come ha fatto a San Francisco senza questa pausa.  Tuttavia non sempre riesce la manovra. E a quanto pare i neozelandesi sono riusciti a esprimere miglioramenti di velocità anche in questi giorni, sembra perfino che abbiano dosato l’acceleratore dell’innovazione per non mostrare troppo di quello che avevano in casa. Insomma hanno tenuto nascosto qualche “weapon” per il gran finale.
SI sprecano i complimenti per il timoniere Peter Burling. Freddo in conferenza stampa, freddo in regata e ben coordinato con lo skipper e tattico Glen Ashby. Lo speaker di una delle televisioni americane ed ex velista Ken Read prima della partenza della prima regata, vedendolo troppo sereno ha commentato “qualcuno spieghi a questo ragazzo che sta per cominciare la Coppa America”. E l’ha cominciata senza soggezioni, con una sessantina di pulsazioni. Qualche errore il primo giorno, soprattutto una mancata intesa con il tattico e skipper Glen Ashby che deve tenere per alcuni secondi il timone nelle manovre. Più puliti domenica, in cui i kiwi hanno somministrato lezioni ancora migliori agli americani che pure avevano cambiato degli assetti  nel tentativo di avvicinarsi alla velocità dei neozelandesi.  La barca neozelandese rispetto a quelle degli avversari ha due differenze fondamentali, la forma delle derive che anche in televisione è molto visibile, quella kiwi ha una forma spezzata e più lunga che è quello che le da vantaggio con poco vento, e il modo di regolare l’ala. Questo nella frenesia delle immagini televisive è più difficile da vedere ma sembra essere una delle chiavi del successo dei neozelandesi che hanno anche un sistema di regolazione assistito che non prevede il verricello che ancora hanno gli avversari. Tutto più rapido e semiautomatico. Questa è sicuramente un argomento su cui gli americani lavoreranno intensamente osservando i video per comprendere le differenze.

Il prossimo week end sarà quello del tutto esaurito: le Bermude confermano la loro attitudine di paese dei balocchi,  infatti sono arrivati i megayacht che hanno riempito le banchine, le rade sono piene di barche di tutti i tipi. Il pubblico si dispone attorno al campo di regata dove in realtà dalla barca si vede più o meno quello che si vede d terra, ma certo non si fa sfoggio dei propri gioielli. Nei prossimi giorni si gioca quello che è iniziato già da tempo: il toto Coppa. Cioè la scommessa su come sarà la prossima edizione. Tanti tifano ETNZ nella speranza che riporti alla vecchia leggenda il regolamento soprattutto al monoscafo di grandi dimensioni, alle regole che impongono che ci sia una gran parte dell’equipaggio della nazionalità di bandiera del club sfidante. Insomma, che ci sia una sorta di restaurazione dopo quello che ha imposto Russell Coutts nella convinzione che abbia impoverito lo spettacolo più che arricchirlo. Sarà così? Intanto uno degli sponsor di ETNZ, Toyota, ha pubblicato una pagina sul quotidiano locale “se ci sostenete vi lasciamo la barca”. Come dire: se vinciamo non ci serve più e resta qui.

Inizia la edizione numero 35 della America’s Cup. Si corre alle Bermuda, isole in mezzo all’Atlantico che oltre alle braghe corte da indossare con i calzini lunghi hanno ispirato a William Shakespeare il tema de La Tempesta: nei bar di Londra raccontano del naufragio della Sea Venture nel 1609 sui banchi di corallo a nord dell’isola e lui elabora.  La battaglia navale che si annuncia molto intensa è tra gli attori nella Coppa America numero 34 di San Francisco, è una re-match con qualche cambiamento: la misura delle barche, un timoniere. Il defender è Oracle, il sindacato del ricchissimo Larry Ellison condotto da Russell Coutts (uomo che ha vinto di più in Coppa)  che ha affidato l’equipaggio a James Spithill. Il challenger è Emirates Team New Zealand, che partecipa al match come defender o challenger fin dal 1995 con la sola interruzione del 2010. Il team è protetto da Matteo De Nora, di origini italiane, condotto da Grand Dalton un coriaceo organizzatore. Il timone è affidato a Peter Burling.  Si corre solo nei week end e questo lascia un buco enorme nel pubblico, ma apre la possibilità ai team di “ricostruire” le barche. E’ un vero vantaggio? Mica tanto, perché lo è per entrambi. Si corre al meglio di quindici regate, quindi la Coppa va al primo che vince sette regate. Sono tante. Il programma potrebbe finire domenica prossima o lunedì, se tutto fila come da programma. Per il primo week end  previsto vento debole che dovrebbe favorire i neozelandesi.

Nel 2010 a Valencia James Spithill a 31 anni è stato il più giovane timoniere a vincere la Coppa America, governava il mostruoso trimarano BMW Oracle e ha battuto Alinghi. In questi giorni Peter Burling può battere il suo record di gioventù: ha suoi 26 anni un sorriso neozelandese, la sua mascella forte ha una vaga somiglianza con quello sir Edmund Percival Hillary che a 34 anni ha scalato per l’Everest meritando di finire ritratto sulle banconote da 5 dollari neozelandesi. A Peter potrebbe davvero capitare un destino simile: la Nuova Zelanda vuole e ha bisogno della Coppa, non è solo una questione sportiva è per dare impulso a industria e turismo. Si sono già incontrati nelle fasi preliminari e Oracle ha vinto il confronto, tuttavia non è determinante: tutti i team sono cresciuti in questa fase di allenamento.

Nel mondo e nel villaggio della Coppa quasi tutti tifano kiwi, alle Bermuda sono gli unici tifosi, come sempre arrivati numerosi e pieni di bandiere, kiwi di pezza e infradito. I kiwi piacciono, sarà il peso delle sconfitte o più verosimilmente quel filo sottile che unisce il pubblico dagli atleti autentici.
Intendiamoci, non che l’equipaggio di Oracle non lo sia. Sarebbe un’offesa, chi non ricorda Spithill poco più che adolescente che in partenza a Auckland ingaggiava lotte feroci  nella Coppa del 2000. James Spithill e Tom Slingsby  sono marinai raffinati, e sulla carta forse pure più forti di Emirates almeno nel match race e infatti quello che si teme di più è l’aggressività di Spithill in partenza, dove sanno tutti che non lo batte nessuno.   Quello che non piace è la sottile arroganza del team americano, che ha sempre strappato il risultato con una certa violenza e poi per aver imposto al mondo conservatore della vela i catamarani volanti e un loro programma di regate già più o meno pronto per la prossima edizione, da correre nel 2019 con le stesse barche.

Quattro anni gli americani fa partivano con due punti di svantaggio, meritati per aver “taroccato” gli AC 45, le barche con cui correvano il circuito preliminare. Adesso ne hanno uno di vantaggio per aver vinto le fasi preliminari dove regatavano assieme ai challenger. Un punto  che può essere determinante come riconosciuto da tutti. Attenzione, nel gioco dei punteggi è un meno uno per New Zealand, significa che Oracle deve comunque vincere sette regate e i kiwi otto.

Non solo quello, hanno un vantaggio un poco più complesso da spiegare. I neozelandesi in qualità di sfidanti hanno avuto la possibilità di costruire una sola barca. Ai defender invece due che in realtà non hanno in realtà costruito. Ma… Softbank Team Japan ha usato una piattaforma  (di dice così del catamarano) costruita dal cantiere di Coutts ed Ellison in Nuova Zelanda praticamente identica a Oracle e per i requisiti di nazionalità bastano poco più di due metri di prua costruita nel paese di bandiera per far diventare magicamente tutta la barca di quella nazionalità. Insomma, cambiando le due prue rosse la barca giapponese diventa americana. Potrebbe servire per una capriola, per un guasto. Questo potrebbe consentire agli americani di essere un poco più aggressivi, meno conservativi soprattutto in partenza.

Le incredibili giornate di San Francisco proseguono e nella incredibile Coppa America dei catamarani il favorito e quasi vincitore Emirates Team New Zealand deve subire ancora due sconfitte da Oracle. I kiwi erano decisamente in giornata no: hanno perso due partenze fotocopia sebbene con l’attenuante di essere entrati con la “starboard entry” per tutte le due volte, un ingresso nel box che favorisce l’avversario e impedisce di controllarlo fino in fondo. Da li in poi è sempre stato un inseguimento senza fortuna, più lucido nella bolina della prima delle due regate, inutile nella seconda. I kiwi hanno perso regata 14 per 23 secondi e regata 15 per 37. Il punteggio adesso è di otto a cinque per i kiwi. Perché succede? Le due barche ormai hanno prestazioni molto uguali, la vittoria o la sconfitta si gioca sulla lucidità e sulla capacità di prendere buone decisioni sia sul campo di regata, sia a terra nella messa a punto della barca, che ogni giorno va adattata alle previsioni del vento. Bastano pochi particolari per essere inferiori all’avversario e dei due Oracle, siccome ha meno da perdere, osa di più e si fida di modifiche mai provate se non al computer che ancora una volta gioca una parte fondamentale. La capacità di prevedere le prestazioni è almeno dal 92 centrale per la riuscita di una campagna di Coppa America, Il Moro di Venezia ha perso contro America Cubed perché gli americani avevano un VPP (velocity prediction program) che gli aveva consentito di capire che potevano drasticamente ridurre le superfici di deriva e timone per migliorare le prestazioni in poppa e non perdere di bolina. Sul piano dei calcoli numerici è evidente che Oracle ha delle frecce importanti al suo arco. Proprio in questi giorni San Francisco si sta popolando di clienti e dipendenti Oracle per una grande convention annuale sul magico sistema di database e ricerca dati, usato anche da Cia ed Fbi. E’ stato Larry Ellison ha proporre il sistema di controllo immigrazione con foto e impronte digitali dopo il dramma delle torri gemelle. Ma questo è un particolare di una campagna ricca che comunque si è trovata in grande difficoltà nei confronti dei neozelandesi. E’ molto diverso il momentum sportivo. Per Dean Barker e compagni si tratta di superare una fase delicata della loro regata: partiti con un enorme vantaggio di velocità e capacità di manovra, si trovano inseguiti e braccati, vivono da una settimana il “match point” che non arriva mai. Potevano vincere la Coppa già domenica scorsa stando al tabellone. Per almeno tre volte hanno avuto il punto della vittoria a portata di mano ma la regata è stata sospesa, per troppo o troppo poco vento. Dunque la loro solidità può essersi incrinata, anche per questo hanno mostrato sul campo, al di la di alcune bizzarrie del vento, alcune scelte sbagliate. Hanno ancora un vantaggio tranquillizzante, ma devono saper tiare il fiato e rimettere le cose a posto. Riconquistare la superiorità. L’equipaggio di Oracle ha invece trovato attorno al nuovo tattico Ben Ainslie una nuova coesione: l’errore di John Kostecki tattico titolare è stata in realtà una bella fortuna per la squadra americana che ha trovato una soluzione nell’infinito talento del baronetto inglese, (per i distratti cinque medaglie alle Olimpiadi di cui quattro d’oro) che la “cricca” titolare voleva tenere giù dalla barca. Scardinato per squalifica ed errori il terzetto De Ridder, Spithill (che in realtà potrebbe anche voluto Ben), Kostecki le cose sono perfino andate meglio. Capita nella vela, ma anche altrove, che il talento vero venga tenuto in ombra perché può fare ombra. Diciamo pure che è una manovra un po’ all’italiana che fa chi è nella stanza dei bottoni per restarci. E poi Ben conosce bene i kiwi, perché è stato timoniere allenatore di New Zealand e quindi di Dean Barker. Insomma questa Coppa non è ancora finita… e ci sono altri giorni di sofferenza da amministrare. Se i kiwi vogliono vincere devono saper essere se stessi ancora qualche giorno e non cedere. Il gioco degli americani è, oltre a vincere tutte le regate possibile, quello di far saltare i nervi a Grant Dalton e compagni con il tiramolla e i rinvii, e con sei vittorie in otto regate possono anche riuscirci.

Il tredici non porta buono alla Nuova Zelanda, che nella giornata che doveva essere del trionfo, della seconda storica vittoria in Coppa America si trova davanti una porta chiusa con un catenaccio fatto di nebbia, bonaccia. E’ ancora una volta tutto sospeso al filo dell’ultima vittoria per conquistare il nono punto, pensare che già domenica scorsa Emirates Team New Zealand poteva chiudere la pratica, prima che la corsa  si impantanasse tra vittorie avversarie e rinvii per vento. Ci sarà ancora una notte di tensione, ancora un’alba di lavoro per lo shore team per montare la barca, ancora paura di un incidente. La cronaca è da infarto: il primo tentativo di correre la tredicesima regata della Coppa parte con vento debole sotto un cielo cupo, mai visto finora a San Francisco, e il corno da nebbia che suona come in una città dell’Adriatico. Dean Barker supera Oracle subito dopo la prima boa con una certa autorità, trovando il canale di vento giusto che gli fa alzare lo scafo, poi inizia la sua corsa. Che questa volta non è contro l’avversario ma contro il cronometro. Una regola “televisiva”, che ha pochi uguali nella vela, impone un tempo massimo di 40 minuti per completare la regata. Il vento, per quanto il tifo neozelandese spingesse, non è bastato a far guadagnare qualche nodo alla barca, che pur camminava a venti nodi, e la regata è stata sospesa quando era alla ultima boa prima dell’arrivo, con Oracle dietro di oltre 1000 metri vittima di ogni tipo di errore. Altri cinque minuti e la Coppa America sarebbe finita, con la vittoria dei dominatori. Invece no, una regola definita a tavolino perché fosse possibile completare entro il tempo previsto due regate al giorno per soddisfare programma e televisione (la seconda non deve mai cominciare oltre le 14 40) contrasta con il range di vento. In altre parole se si fa partire una regata con un vento di 8 nodi, che poi non è neanche cosi scarso, si deve prevedere che le barche ragionevolmente possano completare il percorso in tempo e il tempo massimo di solito è piuttosto lungo. Hanno navigato comunque spesso oltre i 20 nodi, usando il code 0 che abbiamo visto molto raramente. Insomma, dopo le sospensioni per troppo vento anche questi scherzi del regolamento che ancora una volta mostra tutte le sue lacune. La ripetizione della regata parte vicino al tempo limite, i kiwi sono pazienti e ripropongono una bella partenza, Oracle insegue da vicino ma è dietro. Dean però che ha visto da vicino la vittoria forse si è un po’ innervosito e forza malamente un incrocio lungo il primo lato di poppa, la giuria non può che assegnare una penalità ai kiwi che sono costretti a rallentare. Non basta, i kiwi inseguono rapidi e arrivano bene alla boa di poppa, dove ancora una volta pasticciano nell’ incontro con gli americani che navigano molto bene di bolina e trovano anche un fortunoso salto del vento a loro favore che rende ogni inseguimento nella poppa successiva del tutto inutile. Oracle vince con un vantaggio di 1 minuto e 24 secondi e si porta a 3 punti, ancora distante dagli 8 di New Zealand. Dean Barker appare un eroe solitario che continua a rinviare il suo incontro con il trionfo. La Coppa è tanto combattuta e per i kiwi si entra in una fase pericolosa: il programma finora è stato faticoso, pesante, e adesso che Oracle ha sistemato i suoi problemi di velocità è tutto più difficile. Adesso che succede? Si regaterà a oltranza fino a quando uno dei due raggiungerà i nove punti, necessari per regolamento. Speriamo presto

La fine della Coppa America edizione 34 è molto vicina. Emirates Team New Zealand ha vinto alla grande la regata numero undici spazzando via tutte le nubi che le ultime belle prove di Oracle avevano alzato sul cielo della Coppa e di San Francisco. La capacità di modificare la barca, di trasformarla fino ad avvicinare le prestazioni dei neozelandesi è stata una bella impresa, che ha anche innervosito il campo kiwi, incrinando un poco la loro sicurezza. Ma non basta a rimontare l’8 a 1 di fronte a un equipaggio così solido. Ieri Dean Barker, che nel 2000 è stato il più giovane timoniere a vincere la Coppa, ha letteralmente dominato James Spithill in partenza e per il resto della regata il tattico Ray Davies non si è fatto intimidire dalle medaglie al collo del collega Ben Ainslie. E’ stata una regata vera, combattuta fino all’ultima boa dove quasi raggiunto Barker ha sfoderato una manovra da match racer vero impedendo all’avversario di prendere la posizione di interno in boa ingaggiato, la poppa era stata favorevole agli americani, che avevano rimontato un ritardo di oltre 300 metri fino ad arrivare a poppa dei kiwi che hanno navigato risparmiando le strambate, solo sei. Gli anni di allenamento insieme si vedono, il leader Grant Dalton 56 anni che non mollano le maniglie dei verricelli, arriva a fine giornata senza energie: pilastro solido del team sarà presto un eroe nazionale come lo è stato l’amico nemico Peter Blake, che prima di lui nel 95 ha portato New Zealand alla vittoria. Hanno navigato insieme attorno al mondo prima di separarsi e ormai le vittorie di Grant superano quelle di Peter. Le scuole, ormai è quasi una settimana di festa per la Coppa, erano chiuse in tutta la Nuova Zelanda e negli attimi del via immaginiamo un solo respiro per tutta la nazione davanti allo schermo. Al contrario, sono pochi quelli che a San Francisco hanno sostenuto la barca americana che dovrà fare il conto delle ferite e degli errori fatti. Purtroppo è andata delusa la speranza che fosse davvero l’ultimo giorno di questa lunga e combattuta Coppa America, la seconda regata del giorno è stata cancellata per eccesso di vento quando Dean aveva già fatto polpette del nemico. Insomma a quanto pare la festa è solo rimandata di un giorno, o forse due.James Spithill, un poco abbattuto in conferenza stampa, ha però trovato la forza di opporsi ancora una volta a chi critica la formula dei catamarani volanti: “per il pubblico è necessaria una rieducazione, il nostro sport è cambiato e gli va spiegato”.
Intanto è pronto l’accordo tra i kiwi e Luna Rossa, che sarà il Challenger of Record, ovvero il primo sfidante. I due team avranno la responsabilità di costruire la nuova edizione della Coppa America e anzi di più, assicurarle un futuro meno effimero, più solido, più sportivo. Poche informazioni sulla barca che verrà scelta, con una prevalenza del ritorno a un monoscafo veloce, mentre appare obbligata la scelta della data: estate australe 2017, vale a dire selezioni sfidanti nel novembre dicembre 2016 e regate della Coppa nel febbraio successivo. Troppo presto l’anno prima se si lavora con barche di una nuova formula, ci sarebbero pochi mesi per raccogliere le sfide e costruire le barche, e soprattutto c’è il pericolo che si sovrapponga alle Olimpiadi brasiliane.

Erano giovani… nell’anno 2000 quando il mondo ha scoperto il loro talento, James Spithill ventenne timonava Young Australia, barca che l’eccentrico armatore australiano Syd Fischer aveva voluto allestire per una squadra di giovanissimi. James era un pivello il piu giovane di un equipaggio giovane, era in mezzo ai più grandi della vela, vinceva le partenze con un grinta incredibile poi doveva arrendersi alla modesta velocità della barca, presa prestito tra quelle della generazione precedente. Gli aussie non avevano soldi, la base era su un pontone galleggiante, chi poteva gli prestava qualcosa per vederli correre. Nel 2003 mentre alcuni sindacati lo considerano di talento ma ancora acerbo Peter Gilmour lo ha vuole su One World, affermando che “troppo bravo al timone, io faccio il tattico”, nel 2007 approda a Luna Rossa e arriva alle finali Louis Vuitton Cup dove incontra finalmente Dean in un evento importante, che lo batte sonoramente con New Zealand. Nel 2000 Dean era il timoniere allenatore di Russell Coutts, giovanissimo e già completamente committed al team che è una nazionale della vela. Russell con un gesto sportivo gli ha lasciato il timone nell’ultima regata contro Luna Rossa, quella del 5 a 0. Su quella Luna c’era anche il giovane Max Sirena, a completare le scoperte del nuovo millennio. Forse il gesto di Coutts era anche un passaggio del testimone, un modo di indicare un successore sapendo che avrebbe lasciato il team. Nel 2003 lo squadrone neozelandese si ricostruisce attorno a lui, una parte dei fortissimi è finita su Alinghi, un altro nucleo su One World. In patria sono rimasti in pochi e giovani. Dean timona New Zealand contro Alinghi in una serie di regate disastrosa, la barca non è affidabile, rompe un albero si allaga. Nelle regate delle World Series per il 2007 si scopre che rimessa in sesto ed evitando di imbarcare acqua non era niente male. Nel 2007 Dean è sempre li: il timoniere titolare del team: vincono la Louis Vuitton Cup contro Luna Rossa e perdono la Coppa contro Alinghi vincendo due regate. Tutti e due hanno già vinto la Coppa, Dean nel 2000 e James timonando nel 2010 il mostro di Ellison, BMW Oracle contro Alinghi diventando il più giovane timoniere della storia a vincerla. James ha imparato molto prima a portare i multiscafi a grandi velocità. Dean ha lavorato molto prima con i 33 piedi che sono serviti a sperimentare il foiling e poi con gli allenamenti sugli Ac 45 e AC 72. Uno dei due in questi giorni vincerà la sua seconda Coppa America, potrebbe succedere oggi per Dean che ha un bel vantaggio, anche se siamo tutti sorpresi di come Oracle abbia trovato quei due nodi che gli mancavano di bolina (anzi ne ha trovati di più) e ha pareggiato il conto della velocità con New Zealand che adesso è a due punti dalla conquista della Coppa. Per James la strada della difesa con successo è più lunga, gli è necessario vincere otto regate lasciandone una sola ai kiwi. Impresa difficile ma non impossibile. Un poco si somigliano, sono ragazzi silenziosi che hanno imparato a parlare e gestire le conferenze stampa. Nel 2000 estrarre una parola a James era una impresa da dentista, oggi risponde ai giornalisti a tono, sempre con qualche battutina acidina. Da ragazzino faceva il pugile e dunque qualcosa gli è rimasto di quegli scontri diretti. Racconta il padre, che lo segue molto spesso: “un giorno lo porto a fare delle regate a Sydney, quando lo vado a riprendere cerco di capire come è andata. Chi è genitore sa quanto è difficile farsi raccontare qualcosa. Gli chiedo se ha timonato, risposta ‘yes’. Dopo dieci minuti riesco a domandare come è andata ‘we won’. Quando siamo arrivati a casa mi ha detto ‘next week again’, ho capito che gli piaceva”. Dean è commited ma un po’ più etereo: figlio di un multimilionario non ha rinunciato a belle ragazze e belle auto. D’altra parte quelle che lo vedono si innamorano degli occhi azzurri con lo sguardo morbido, del fisico. Ha dedicato tutto il suo talento a Team New Zealand, rinunciando a distrazioni come il circuito delle match race, dove spesso è premiata la continuità sulla bravura allo stato puro, o preparazioni e regate su altre classi. Ha sposato una sportiva e ha quattro figli. Pochi giorni fa in conferenza stampa ha detto “se non vi siete divertiti oggi cambiate sport” rispondendo a chi ancora non crede alle nuove barche. Comunque vada ad alzare la Coppa sarà un campione, un atleta che ha dedicato la sua vita alla Coppa America.

La Coppa America si avvicina alla fine, dopo le regate sei e sette l’ago della bilancia pende decisamente dalla parte di Emirates Team New Zealand, le ha vinte tutte due, adesso per vincere le servono altre tre vittorie mentre Oracle dovrebbe arrivare a dieci, una impresa che a tutti sembra disperata. Oracle e New Zealand nei primi giorni avevano dato spettacolo vero, adesso sembra che i neozelandesi abbiano preso la misura e mentre gli americani proprio non vanno. Per reagire alla sconfitta che l’altro giorno ha portato alla richiesta di rinvio su Oracle oltre ad alcuni aggiornamenti tecnici è stato sostituito il tattico: al posto di John Kostecki il medagliatissimo sir Ben Ainslie, considerato il più forte velista con i suoi quattro ori olimpici consecutivi e un argento. Ben era il timoniere di barca due ed era anche strano che fosse relegato alla panchina. Del resto Kostecki aveva accompagnato il timoniere James Spithill lungo tutto il percorso delle World Series, ma la sua scelta tattica in regata cinque è stata considerata un errore grave, ripresa dalla stampa di tutto il mondo che ha finalmente trovato qualcuno da mettere sulla graticola. Chi sperava però di mettere il turbo alla barca con la sua sostituzione si è sbagliato, come sempre i cambiamenti dell‘ultimo minuto non servono a molto. Un vecchio adagio dice che la Coppa America si vince al 95% prima dell’inizio delle regate, che servono solo a riscuotere l’assegno scritto durante la preparazione. Nelle due regate del quarto giorno invece Emirates ha dominato in lungo e in largo: nella prima è partita in ritardo di ben otto secondi ma ha recuperato come un aeroplano in bolina, mostrando una grammatica di scelte tattiche e di velocità impressionanti andando a vincere per 46 secondi. Nella seconda Dean Barker è anche partito bene, lasciando con facilità nella scia gli increduli ragazzi di Ellison che hanno perso per un minuto e sette secondi. Il vento era poco rispetto al solito, 10/12 nodi, ma le barche hanno raggiunto comunque velocità attorno ai 40 nodi. I tattici sono i protagonisti della giornata, da una parte il baronetto Ben con l’altera sicurezza del campionissimo dall’altra la saggia semplicità di Ray Davies, un ragazzo sempre sorridente con un fisico normale, che si diletta suonando il basso durante i party per la vittoria. Sta già accordando lo strumento perchè Ben non aveva quei due nodi di velocità in più di bolina che davvero potrebbero fare la differenza ma che non si trovano nella base di Oracle: dove si saranno nascosti? Oracle è ormai un burattino inanimato, sembra perfino impossibile che abbia vinto una regata, facendoci gridare allo spettacolo. Domani riposo, poi due regate sabato. Domenica potrebbe finire tutto.

I numeri

Regata 7 –  Percorso: 5 lati/10.14 miglia nautiche Tempo percorrenza: ETNZ – 24’48”, OTUSA – 25’54” Delta: ETNZ +1’06” Distanza coperta: ETNZ – 11.6 miglia nautiche, OTUSA – 12.0 miglia nautiche Velocità media: ETNZ – 28.32 nodi, OTUSA – 27.86 nodi Velocità massima: ETNZ – 44.73 nodi, OTUSA – 41.00 nodi Velocità del vento: Media – 16.3 nodi, Picco – 17.8 nodi
Regata 6 –  Percorso: 5 lati/10.14 miglia nautiche Tempo percorrenza: ETNZ – 31’39”, OTUSA – 32’26” Delta: ETNZ +:47” Distanza coperta: ETNZ – 12.3 miglia nautiche, OTUSA – 12.3 miglia nautiche. Velocità media: ETNZ – 23.43 nodi, OTUSA – 22.91 nodi Velocità massima: ETNZ – 38.55 nodi, OTUSA – 40.21 nodi Velocità del vento: Media – 11.6 nodi, Massima – 13.4 nodi