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Cinquanta firme possono anche sembrare poche, tuttavia sono solo le prima e il loro peso specifico è cospicuo. A Milano presso il teatro Parenti i principali yacht club, circoli velici, la Federazione Italiana Vela, le industrie più influenti hanno firmato la Charta Smeralda, un documento che descrive un codice etico voluto dallo Yacht Club Costa Smeralda per la presentazione pubblica di One Ocean Foundation.

Per il grande club non solo attività, regate, e grande mondanità ma una presa di coscienza e una chiamata alle armi per chi condivide il destino. Dopo il Forum organizzato quattro mesi fa, dodici ore di lavori intensi sul malessere del mare,  adesso il club vuole che la sua attività sia corale e continua. Il primo firmatario, per mano del presidente Nico Reggio, è stato lo Yacht Club Italiano che condivide con quello sardo il piacere e la responsabilità di organizzare in Italia le regate più importanti. Ha firmato la Società Velica di Barcola e Grignano che organizza la Barcolana, tra gli altri anche il Circolo Velico Ravennate rappresentato da Matteo Plazzi uno dei pochissimi italiani ad aver vinto la Coppa America a bordo.
Quello di sua altezza Zahra Aga Khan presidente del club e del Commodoro Riccardo Bonadeo  è un duetto che diventa un coro di tutti “il mare ci ha dato tanto divertimento, passione, libertà e adesso dobbiamo restituire qualcosa.  Il mare ha bisogno di noi”. I grandi imprenditori con interessi nella nautica come Luca Bassani, Pigi Loro Piana, Leonardo Ferragamo non si sono sottratti. Così come il WWF con la presidente Donatella Bianchi o Prada e Luna Rossa con Patrizio Bertelli e lo skipper Max Sirena.
I dati presentati sull’inquinamento da materie plastiche sono impressionanti. Solo in Mediterraneo, sono presenti 1,2 milioni di microplastiche (frammenti inferiori a 5mm) per chilometro quadrato che risulta essere una delle concentrazioni più alte al mondo. A livello globale si stima che gli oceani siano inquinati da circa 300 mila tonnellate di plastica, di cui la maggior parte galleggia sulla superficie in oltre 5000 miliardi di pezzi. Nemmeno gli abissi oceanici, come la Fossa delle Marianne, la più profonda depressione oceanica conosciuta al mondo, sono immuni: nel 100% dei campioni di specie animali prelevate in queste acque e analizzate dai ricercatori sono state trovate tracce di plastica. Una situazione che non sembra poter migliorare tanto in fretta.

La principessa ha aggiunto: “Essere già a questo punto, a soli pochi mesi dal Forum, è un fatto straordinario. Insieme a tutte le realtà che a diverso titolo abbracciano la Fondazione stiamo lavorando in un’ottica There Is Only One Ocean. La velocità con cui stiamo portando avanti questo progetto è un segnale da cogliere, guardando  alla prossima edizione del Forum, a cui vogliamo arrivare con grandi risultati. Il segnale è che il Mondo vuole questa rivoluzione; il Mondo vuole salvare il mare, e noi vogliamo provare a fare la nostra parte”.

La giornata è proseguita con la presentazione dell’attività dello Yacht Club, una stagione molto intensa come al solito. Quest’anno eventi clou come il mondiale Maxi e la Swan Cup.

 

Nel compound di Bmw Oracle la afterguard del trimarano hanno dato qualche spiegazione sulla barca e il modo di usarla. James Spithill il timoniere ha raccontato che la regolazione dell’ala è fatta in gran parte “sui numeri” ovvero utilizzando un data base che intreccia velocità e condizioni del vento. Un poco come gli aerei dove è il computer ad adattare il profilo e in alcuni casi la posizione delle ali. Come sui caccia da combattimento. L’ala può disporre di tre regolazioni base: l’angolo con lo scafo, l’angolo tra le due sezioni principali, il twist dei nove pannelli che compongono la parte posteriore e che si muovono in maniera indipendente. Non esiste la “scotta” della randa. Se il trimarano fosse stato progettato fin dall’inizio senza questa necessità la sua struttura srebbe molto diversa, perchè la scotta è un punto di carico molto importante. Tra le caratteristiche dell’ala quella di indurre meno sbandamento alla barca e al contempo più spinta. Gli angoli di incidenza con il vento possono essere molto minori, si passa dai 10/12° gradi tipici di una randa tradizionale a soli 5/6°.
Altro particolare interessante sono gli occhiali del timoniere, realizzati con la tecnologia già impiegata su elicotteri e auto sono una scelta fatta anche per ridurre il cablaggio e il peso delle attrezzature. James può chiedere al navigatore Matteo Plazzi quello che vuole vedere, dalle informazioni tradizionali sul velocità e campo di regata a quelle più particolari con i dati sull’ala, le sollecitazioni sulle strutture. Matteo con una battuta ha detto che “ci sono anche un paio di pagine per tenerlo allegro”. In realtà non sono una novità assoluta, già nella edizione del 2007 erano stati impiegsati da alcuni team tra cui Alinghi, Luna Rossa e Bmw Oracle. Nella foto da sinistra il tattico John Kostecki, il timoniere James Spithill e il navigatore Matteo Plazzi.