E’ tutta colpa dell’innalzamento delle temperature del globo… i ghiacci artici da qualche anno si sciolgono e le vie che sono costate tante vite umane nei secoli scorsi diventano possibili. Nei giorni scorsi ci è riuscito un avvocato milanese, la signora Maria Cristina Rapisardi, esperta di diritto internazionale nel campo delle proprietà intellettuali. Ha iniziato a navigare nel grande nord con una barca a vela di ventidue metri costruita dal cantiere inglese Oyster (sede a Ipswich, quello delle streghe) dal nome Billy Budd, difficile personaggio del romanzo postumo di Herman Melville con un equipaggio composto non solo di marinai nel senso stretto, ma anche di appassionati di montagna, neve e scalate, come lei del resto. Per questa impresa ha scelto una barca più grande, trenta metri e stesso nome, costruita di alluminio in Olanda da Royal Huisman. Il metallo è più sicuro e riparabile tra i ghiacci. Lei stessa ha un passato fatto di competizioni di nuoto, rafting, scalate, di tanta natura che l’ha portata verso il freddo e il ghiaccio, una frontiera che è il denominatore comune di molti grandi armatori. Il grande viaggio è nel freddo: si comincia con la Patagonia, si finisce la polo nord. Passione condivisa per esempio con Luciano Benetton che ha attrezzato il suo megayacht di 50 metri Tribù (perché ospita i figli e tanti amici dei figli) costruito per rispettare tutte le normative anti inquinamento, anche per queste navigazioni. Francesco Micheli ha portato il suo veliero Shenandoah a sud, sulle rotte di James Cook. Billy Budd è la prima barca da diporto a passare così a nord, durante questa stagione era “inseguita” da altre barche, che hanno fatto tardi più a sud, lungo una rotta sulla carta più facile. Il viaggio ha radici lontane, il Billy Budd da qualche anno esplorava le vie del nord, le montagne e i fiordi della Groenlandia, i ghiacci del Canada. La signora Rapisardi è una ragazza tenace: vuole grandi risultati nel lavoro, dove è considerata uno dei massimi esperti nella sua materia soprattutto per la sua capacità di comprendere i cambiamenti dei mercati. Il suo gruppo, 35 anni di attività, ha sedi a Milano, Londra, Lugano. Prima di questa impresa ha navigato per 14 mila miglia esplorando angoli di mondo solitari e incantati. E’ stata nell’Artico e nell’Antartico, in Patagonia, Chile, Groenlandia. E’ stata premiata nel 2006 con il premio Tilman dall’ English Royal Cruising Club. La voglia di passare a nord ovest è antica: nel 400 Venezia e Genova erano padrone dei commerci con l’oriente via Mediterraneo e via della Seta. Per i paesi affacciati sull’Atlantico la lucrosa via delle spezie era chiusa i portoghesi con la scuola del principe Enrico Il Navigatore avevano iniziato e esplorare il grande sud verso le Indie (quelle vere) passando sotto l’Africa, la Spagna si affidava a Colombo per una nuova via equatoriale il genovese fini ai Caraibi ma anche a Panama senza capire che quello era il passaggio, Francia e Inghilterra tentarono di correre ai ripari passano verso nord, sempre per cercare una via più breve e consona alle loro attitudini. Henry Hudson fu abbandonato dall’equipaggio per la sua durezza, ma gli dedicarono un fiume e un mare. Li chiamiamo viaggi di scoperta, ma cercavano autostrade per il commercio. Il re del nord è stato solo nel secolo scorso il norvegese Roald Amundsen, che passò nel 1905-06 con la nave Goja dalla baia di Baffin allo stretto di Bering. Nelle stesse settimane è passata un’altra barca per una rotta leggermente diversa, suscitando una certa polemica, perchè Blly Budd ha armaotore italiano ma bandiera inglese mentre lei ha il tricolore. Conta davvero questa differenza? Chissa, di sicuro la signora Rapisardi stava costruendo da anni questa avventura.

C’è un italiano a capo dell’ International Sailing Federation,abbreviato in ISAF. E’ Carlo Croce, già presidente della Federazione Italiana Vela e dello Yacht Club Italiano. Croce segue le orme del padre Beppe, che ha presieduto l’organismo internazionale, che allora si chiamava IYRU (International, Yacht, Racing, Union) con mano ferma per molti anni, dal 69 all’86. Giusto affermare che Carlo Croce, atleta e velista a sua volta, è cresciuto a pane e vela e che forse proprio la sua provenienza ha avuto peso nell’elezione. E’ un momento difficile per la vela, e parliamo della vela di tutti, che potrebbe essere in un futuro non troppo lontano essere esclusa dalle Olimpiadi. “Quando Costantino di Grecia ha pronunciato il mio nome è stata una grande emozione… – racconta Carlo Croce – fino a due giorni prima non ci avrei scommesso due lire, c’erano candidati che avevano lavorato da almeno due anni, mentre la mia candidatura è stata una cosa rapida, decisa alla fine”. Presidente, dove vuol portare la vela mondiale? “Il primo punto che sta a cuore a me e anche al CIO è la universalità dello sport. Per difendere la vela come sport olimpico dobbiamo insistere questo valore che è già intrinseco della vela. Per dimostrarlo occorrono delle risorse e quindi il secondo punto è dove trovare le risorse per farlo. Ci vuole un lavoro di marketing intensivo, anche di progettazione degli eventi. La World Cup attuale è incomprensibile e ingestibile per uno sponsor dobbiamo essere comprensibili alla grande massa. La mia grande fortuna è che la televisione durante le regate olimpiche di Weymouth è stata un primo passo molto positivo: si è visto che quando la vela è seguita da telecamere azionate da gente competente è bella da vedere. Nel programma olimpico ci sono 24 sport intoccabili e 9 sport che hanno delle caratteristiche un po’ estreme per cui possono essere cancellati. La vela è tra questi ma per fortuna è centrale, ci possiamo difendere. Ha già dei punti a favore, come un grande equilibrio tra sessi”. Ma la vela non è tutta li, non solo Olimpiadi “Per la vela d’altura (quella delle grandi barche ndr) ho già avuto da parte di uno sponsor noto la promessa di essere presente se riusciamo a presentare il programma per un campionato del mondo ben fatto, in una sede dove il vento è protagonista. Poi ci sono gli eventi dove l’Isaf è presente solo con un piccolo marchio sulle barche, parlo di Volvo Race, Vendee Globe, Coppa America, dove la presenza della federazione internazionale è un po’ casuale e andrebbe riordinata, convenzionata”. ISAF è un brand che va gestito ad alto livello, finora è stato come un vecchio club gestito affettuosamente, con competenza ma alla vecchia maniera. Abbiamo milioni di iscritti da far valere”. Finora i casi di positività al doping sono stati legati a casi di droghe “ricreative” ma questo può diventare un problema anche nella vela? “Si purtroppo. Bisogna stare attenti, quando si vedono certi atleti esplodere e cambiare fisico nel giro di un anno qualcosa può essere successo. In alcuni casi si arriva a un potenziamento che è difficile credere sia solo merito della palestra. E’ uno dei temi dello sport. Ci sono nazioni che hanno un approccio totalmente diverso dal nostro, che possono spingere gli atleti al risultato a qualsiasi costo e anzi lo aiutano”. Su che struttura può contare? “Sono contento di avere un vicepresidente cinese. Il board è composto da gente molto competente, distribuita geograficamente in tutto il mondo. Gente che ha voglia di cambiare, di portare lo sport verso il progresso. Il primo consiglio è avvenuto dopo l’elezione, il prossimo ai primi di dicembre, perché ho già cambiato le abitudini…lo staff voleva aprile. Adesso abbiamo da mettere i nomi in tutti i comitati, bisogna essere subito esecutivi. Vorrei arricchire l’esecutivo di un professionista di sport e marketing, se riesco ad avere un “amministratore delegato” c’è più propulsione. Adesso c’è uno staff di gente mediamente competente e un general manager che a dire il vero si occupa più di burocrazia che di sviluppo”.