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Sirena: pronti alla quinta sfida

Max Sirena dopo la conclusione delle finali Louis Vuitton Cup: un ragazzo di 40 anni sereno, comunque soddisfatto del risultato, pronto a ricominciare. Il primo passo è allenare New Zealand, consentirle di verificare le modifiche che hanno fatto in questi giorni. Poi in acqua: raramente, nelle ultime edizioni, il risultato delle regate è stato meno prevedibile: se si esclude la edizione del 2010, che qualche incertezza l’ha proposta, la barca predestinata più o meno era nota, visibile. Tra Aotearoa (nome Maori della Nuova Zelanda), che si è sempre apparsa imprendibile, e Oracle di cui sappiamo molto meno, potrebbero esserci sorprese. Ma quel che conta è che si prepara la quinta Luna Rossa: Patrizio Bertelli lo ha confermato il giorno dell’ultima regata.
Max, Patrizio Bertelli ha già confermato la partecipazione di Luna Rossa alla prossima Coppa America. Cosa hai imparato da questa campagna che userai nella prossima?
“La considero una partecipazione positiva, per come siamo partiti e l’avevamo impostata. Adesso devo riflettere sugli errori che abbiamo fatto e farne tesoro”.
Forse più che di errori concreti bisogna parlare di tempo mancato.
“Io sono molto cattivo con me stesso, faccio molta autocritica e mi piace prendermi le colpe e gestire le critiche che ricevo da parte di tutti. Ci è mancato il tempo, lo sapevamo bene e non posso usare sempre questa come scusante, sicuramente quattro mesi di sviluppo in più ci avrebbero fatto bene”.
C’è un particolare che potevate sviluppare meglio? Le derive, le manovre?
“Sapevamo bene che Emirates Team New Zealand sarebbe stato imprendibile, impensabile battere un team che è partito prima di noi e ha costruito due barche. Abbiamo battuto in semifinale un team come Artemis che sulla carta è strafavorito per la Coppa. Se posso fare un paragone è un po’ come chiedere a Valentino Rossi con la moto dell’anno prima di battere Lorenzo. Posso aver deluso molti in Italia e va anche bene così, mi rendo conto di quel che può pensare il pubblico, bisogna essere realisti. Io credo che il gruppo abbia fatto un buon lavoro e che saremo molto forti nella prossima campagna”.
E’ giusto dire che siete diventati soprattutto una squadra e che questo era l’obiettivo di questa partecipazione?
“Si, l’obiettivo di questa sfida era quello di creare un gruppo forte, non costruito sui grandi nomi ma nel suo complesso. Abbiamo iniziato a navigare per la prima volta come team nel Ac 45 e dopo due mesi abbiamo vinto un evento. Poi (dopo il ritiro di Oracle per le irregolarità di stazza ndr) ci hanno nominato anche vincitori del circuito delle World Series. Qualche soddisfazione ce la siamo tolta, ampiamente e forse anche in maniera inaspettata. Il gioco è cambiato quando abbiamo iniziato a navigare con gli AC 72. Del resto non sono io a dirlo, puoi avere tutti i soldi che vuoi ma l’unica cosa che non si può comprare in Coppa America è il tempo. L’obiettivo principale era creare un gruppo forte per partire forti per la prossima sfida”.