,

La Coppa America è anche questione di soldi

Alan Bond, il primo sfidante che sia riuscito a strappare l’America’s Cup agli americani (nel 1983) diceva: “chi si illude che la Coppa non sia una questione economica è un ingenuo”. Bond, australiano qualche anno dopo la vittoria ha fatto bancarotta. Era stato in grado di comprare nel 1987 gli Iris di Van Gogh per le cifra più alta mai battuta per un quadro fino a quel tempo, 53,9 milioni di dollari. Cifra poi battuta con un quadro di Jasper Jones. E la Coppa che si è corsa a Bermuda non va tanto lontano da questa regola aurea. Le isole sono state scelte per il campo di regata per la loro conformazione, ma anche per gli investimenti del Governo locale sia nei confronti del territorio sia verso l’organizzazione gestita dal defender Oracle e da Acea (America’s Cup Event Authority) di cui era presidente Russell Coutts. Un totale di 77 milioni di dollari, di cui 15 per Acea, 22 per infrastrutture (che restano), più meno quello che spende un team per partecipare.

Misurare il beneficio per le isole che sono considerate il luogo più costoso del mondo non è facile. Una bottiglia di acqua neozelandese o anche uno dei nostri marchi costa al supermercato quasi tre dollari, una mela un dollaro e mezzo. Il tassista interrogato risponde “è andata bene, quasi tutti hanno avuto qualcosa, è arrivato qualche migliaio di persone”. Altri pareri non coincidono, qualcuno scrive di alberghi che non si sono riempiti di tifosi e pubblico ma dei soliti turisti in cerca di spiagge.  Alle Bermuda abitano 65000 persone, e lo spostamento di qualche migliaio di persone che in una grande città di mare farebbe sorridere qui diventa sensibile. Nei giorni migliori degli eventi organizzati a Napoli si è arrivati a contare 50/60 mila persone presenti sul lungo mare, e non era vera Coppa America.   ACEA ha cercato di portare a casa denaro ovunque, dai diritti Tv ai biglietti. La produzione Tv meravigliosa per un evento di barche, cui sono dedicate 120 persone come a San Francisco. Tuttavia l’operazione è riuscita parzialmente, i dati di pubblico presente fisicamente sono molto modesti: il villaggio è pieno la sera quando ci sono i concerti e i Dj set che di giorno durante le regate. In molti casi i telespettatori hanno preferito rinunciare alle dirette tv per non pagare gli abbonamenti, anche alle app per tablet. Come ha dichiarato Matteo de Nora Team Principal di ETNZ in una intervista il problema della diffusione Tv diventa cruciale per assicurare pubblico alla manifestazione.

C’è anche un retroscena difficile da verificare ma di cui si parla con una certa insistenza. Il board dei director di Oracle avrebbe pregato Larry Ellison di spendere meno per la Coppa e lui stesso si sarebbe un poco annoiato del giocattolo e avrebbe detto ai velisti “cercate di essere autosufficienti”, ovvero pagate le spese con l’organizzazione e gli sponsor. Questa posizione potrebbe ragionevolmente spiegare anche la perdita di competitività del team velico e la sconfitta che si prospetta, ma non si spiega con il patrimonio personale stimato di Ellison in 50 miliardi e la sua natura di padre padrone dell’azienda. Per Emirates Team New Zealand  è facile spendere poco: sono abituati all’economia da sempre, la loro campagna vincente del 1995 è stata una delle più misurate della storia, e da allora è difficile che il denaro esca dal portafoglio senza motivo. Il team kiwi è sostenuto da tutta la nazione, in altre edizioni il Governo è intervenuto direttamente perché ha capito, purtroppo solo dopo aver perso nel 2003, che la Coppa significa avere un driver per l’economia del paese dove l’industria nautica che vale circa 1 miliardo di euro è tra le prime del paese e il turismo aveva goduto di una accelerazione, così come gli investimenti edilizi a Auckland. Una situazione completamente diversa, per interessi e dimensioni, da quella che si vive a Bermuda.

Per il dream team americano invece non avere denaro a fiumi diventa presto soffocante. E’ anche qualcosa di insito nei caratteri delle due nazioni. Quanto hanno speso? Sono stime ma ragionevoli: 50 milioni di dollari per i neozelandesi, 90 milioni di dollari per gli americani. Cifra simile per gli svedesi di Artemis. Solo gli inglesi di Land Rover BAR, guidati da sir Ben Ainslie si possono considerare i grandi battuti della edizione 35 della Coppa hanno speso di più dichiarando un budget di 110 milioni, di cui circa 60 raccolti tra gli sponsor maggiori, una ventina dalla città di Portsmouth che ha messo a disposizione base e strutture, più le donazioni degli stakeholder tra cui numerosi lord e sir. Gli altri sindacati ovvero i francesi di Groupama, i giapponesi di Softbank Team Japan, più o meno valgono 30 milioni e sono stati sostenuti da Oracle stesso con forniture di design e materiali. Uno dei quesiti per la prossima edizione è proprio come non perdere partecipanti, come riuscire a mantenere alto il livello di attenzione. C’è chi sogna le grandi edizioni della Coppa: 87 in Australia, 92 a San Diego, 2007 a Valencia, con tante squadre interessi ed eventi. La ricetta o la responsabilità  è in mano al prossimo vincitore.