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Quindici sfide: vera gloria?

Sono quattro e si stanno inseguendo nella solita baia di Auckland. Sono il risultato, per il momento in piccolo, della decisione di correre la prossima Coppa America con i poliscafi. Catamarani di 45 piedi (poco più di tredici metri) con vela alare: un pezzo di aeroplano per correre di più. Sono le miniature di quello che verrà, mostri da trenta nodi. Subito velocità ma anche critiche all’indirizzo degli “americani” accusati di aver spento il massimo evento velico con la loro decisione. La raccolta degli sfidanti è stata faticosa, complice la crisi economica ma anche una fondamentale incertezza su date, luoghi programmi. Programmi fin troppo intensi che prevedono una parte a bordo di questi piccoli mostri e una sulle barche vere e definitive. Il tentativo di portare a casa molti soldi con l’organizzazione delle regate nei diversi “venue” con ardite operazioni di marketing ma anche scegliendo chi paga invece di chi offre scenografia. Si dice che le prime richieste per ospitare la Coppa America (cioè le regate finali del 2013) fossero di 130 milioni di dollari, chiesti anche ad alcune città italiane. Prezzo alto e “barca” invenduta alla fine ha prevalso un agreement con la città di San Francisco, con investimenti molto limitati. Più o meno stessa storia con gli sponsor: se non fosse stato per il “solito” (in senso buono) Louis Vuitton che temeva di veder sparire la gloriosa Louis Vuitton Cup, quella che hanno vinto Raul Gardini e Patrizio Bertelli mancava anche lo sponsor delle regate di selezione. A far ordine a capo della gestione delle regate sono arrivati il vecchio e solido velista australiano Iain Murray e l’inglese Richard Worth, inventore della Champions League che dopo tanto calcio ha capito subito una cosa fondamentale: “alla vela mancano i campioni che sanno parlare al pubblico”. Detto questo andiamo verso una edizione più televisiva che mai, con telecamere e microfoni a bordo. Il primo evento, dei tra programmati quest’anno con i piccoli catamarani da 45 piedi, sarà a Cascais in agosto. L’Italia che doveva avere il primo appuntamento a Venezia o Trapani è per il momento esclusa da questi eventi.

Il 31 marzo sono scaduti i termini per presentare le sfide al Golden Gate Yacht Club, i sindacati che hanno versato i 25 mila dollari richiesti sono una quindicina. Al momento quelli che lavorano davvero sono oltre al defender Oracle gli svedesi di Artemis, i neozelandesi di Emirates Team New Zealand. Per il resto l’allegra brigata si può considerare il contorno che andrà a far scenografia con ben poche possibilità di strappare la Coppa agli americani, a meno di colpi di genio fantastici. Due sindacati francesi Aleph ed Energy Team contano più sulla loro esperienza, che non è poco, a bordo dei multiscafi che su organizzazione e denaro. Tornano gli australiani, grandi protagonisti con sette sfide, compresa la strepitosa vittoria di Alan Bond con Australia II. Arrivano un sindacato koreano, che di soldi potrebbe averne, e uno cinese. In campo italiano domina l’incertezza sul Challenger of Record Mascalzone Latino, Vincenzo Onorato è totalmente dedicato al suo mestiere di armatore di traghetti e il team finora non sembra aver preso iniziative concrete al punto che si dubita della sua partecipazione. Difficile che Onorato si faccia davvero scappare la possibilità di partecipare per la terza volta alla Coppa, con un ruolo di primo piano. Insomma, un modo per esserci lo troverà. Si presenta con uno strana formula Venezia Challenge, sindacato che non ha avuto l’appoggio della città di Venezia (anzi una diffida a usare il nome a quanto pare) e allora si à rifugiato a Palermo per lanciare una sfida con il circolo Roggero di Lauria, sodalizio storico con sede a Mondello. Tra gli uomini chiave quel Pasotti che faceva parte del direttivo di +39, più volte sottoposto a sequestri cautelativi fino al fallimento con sigilli sulle barche. Potrebbe esserci tra le sfide ancora confidenziali un altro italiano, il prof. Francesco De Leo con Green Com, che aveva mostrato appetiti già durante la edizione precedente, tuttavia si parla di una sfida lanciata attraverso un club spagnolo e non italiano.

Comunque la prima verifica su chi vuole fare davvero la Coppa sarà a fine aprile, quando toccherà versare la prima rata di soldi veri del “bond” di partecipazione: 200 mila dollari che spariscono se non si porta a termine la sfida, cui ne vanno poi aggiunti altri in breve tempo. La quindicina di sfidanti potrebbe ridursi a sette, otto.