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Gli interni e la vela

Un tempo, mica tanto lontano, i progettisti pensavano solo a riempire come possibile una carena “perfetta”, un’idea che non ha abbandonato alcuni progettisti molto innamorati delle loro forme e troppo sicuri che per le prestazioni non si debba scendere a compromessi. Mah.. il tempo passa per tutti e sono arrivati nuovi strumenti per il progetto e alcuni cantieri furbi hanno capito che era del tutto inutile torturare chi dormiva in dinette con una landa che passava in mezzo al letto, da circondare con le gambe. Qualcuno insomma ha cominciato a capire che spostando un poco il letto si riusciva a mantenere un livello di comfort più umano e la barca non cambiava, oppure che quella landa poteva tranquillamente essere ancorata in un’altra posizione. Sono stati decisivi programmi di modellazione a tre dimensioni che erano impossibili da concepire ai tempi dei piombi e le listelle di pero e dove stava tutto alla sensibilità del progettista “sentire” il vlume. Ma quella nuova è anche una filosofia che cambia leggermente il punto di vista: la barca vista come progetto totale, non come carena riempita. Del resto le automobili sono fatte così: si parte da un abitacolo con misure “ergonomiche” (e questa parola è sempre usata a sproposito nella nautica, tanto che andrebbe abolita) una cellula vitale che definisce la classe della vettura a cui si aggiunge il resto. Le auto sono cresciute di dimensione, per inciso, a parità di cellula per rispettare le norme anti crash e quindi migliorare il livello di protezione. Il modo distratto di gestire gli interni delle barche non è mica abolito del tutto, capita di salire a bordo di novità dove si capisce che l’attenzione dedicata allo spazio è minore di quella dedicata al piano velico. Eppure quattro o sei letti pesano uguale, che siano fatti bene o male, un frigorifero pure, un tavolo da carteggio anche. Spesso il risultato non è una questione di peso, di costo, ma solo di attenzione e volontà. In questa trappola non è caduto il grupo Beneteau, che sta producendo una innovazione tremenda. Il pianetto è quello del nuovo Sun Odyssey 509, una bella macchina da crociera. Ma più si sale in dimensione peggio è, perché alle necessità veliche si aggiungono quelle stilistiche secondo una bizzarra visione del design minimale, nato per togliere la inutile decorazione e premiare la funzione e finito per essere decorazione talvolta senza funzione. Povero Van der Rohe: “the less is more…”. Ma questa è la storia del Post Moderno che vi lasciamo scoprire. Facciamo un esempio? La cabina marinaio… chi possiede un sessanta piedi ha per forza un marinaio: ricco, anche se sa navigare, non vuole lavare il ponte. Il marinaio si contenta, ma perchè su un Beneteau 50 da noleggio si quindici anni fa il problema era risolto con lusso di spazio e su un bestione di oggi non si riesce e si va alla ricerca di alibi, giustificazioni sul fatto che non si fa più grande crociera? E’ strano come alcune esperienze forti di layout di interni, come il progresso di qualche anno fa nell’uso del volume si sia un poco perso per strada. Le cause? Mah da una parte forse l’innamoramento da parte dei cantieri verso una generazione di progettisti troppo giovani usciti dalle scuole di design che hanno per il momento portato innovazione solo nel colore e negli spigoli inutili. Poi forse la atavica necessità di riscoprire l’ovvio.