La sfida tocca, come promesso nella edizione precedente, agli inglesi che schierano Sovereign di Anthony Boyden, timonata da Peter Scott. In pozzetto c’è il velaio Bruce Banks che inventerà gli spinnaker con profilo ellittico, che per lungo tempo saranno ottimi all round. Per gli inglesi è bello cercare nomi per le loro barche nell’immenso serbatoio delle navi da guerra che hanno reso grande l’impero, questo è uno di quelli. Vale anche per gli americani, che scelgono il nome e il soprannome della prima fregata (a vela da 38 cannoni, ora nel porto di Baltimore) che ha issato la bandiera degli Stati Uniti poi divenuto anche quello di una grande portaerei appena entrata in servizio. Gli americani sono dunque in campo con Constellation, detta “Connie”, la seconda barca costruita su disegno dello studio Sparkman & Sthepens. La sua crescita è graduale, il suo avversario durante le selezioni è il forte American Eagle e a fare la differenza è il timoniere Robert “Bob” Bavier cui Eric Ridder cede la ruota dopo un inizio incerto. Il cambio di uomini in pozzetto si rivela positivo e gli avversari nelle selezioni defender, soprattutto American Eagle, sono facilmente battuti. il navigatore è il fratello di Olin, Roderick Rod Sthepens. Sono due barche costruite di legno, a quel tempo una costruzione ancora tecnologicamente valida, con impiego di titanio per alcuni particolari. Le regate hanno poca storia, finisce con un quattro a zero per gli americani e distacchi da misurare con la sveglia: fino a venti minuti. La differenza era sostanziale in molti settori, anche perché gli inglesi avevano dovuto costruire tutto in patria e quindi gli mancavano alcuni materiali che avevano gli americani. Nelle vele Ted Hood, che prima di Lowell North è stato uno dei padroni delle vele per la Coppa, aveva fornito alla barca americana vele da bolina che le consentivano di risalire il vento con estrema decisione. La vita di Connie non si ferma, viene acquistata da una fondazione che fa capo al barone Marcel Bich, l’uomo che con la penna Bic ha messo a disposizione di tutti una invenzione che ha cambiato il nostro modo di scrivere, e diventa la lepre per France1, sfidante francese.

Luna Rossa brilla nell’ultimo giorno delle World Series dell’America’s Cup. L’equipaggio di Piranha infatti con Chris Draper al timone e Francesco “Checco” Bruni alla tattica ha vinto l’ultima regata di flotta, che portava cinque volte i punti delle altre, e si è aggiudica la tappa di Napoli delle World Series. Lo skipper Max Sirena, che naviga sull’altra barca in gara, Swordfish, è soddisfatto “abbiamo dimostrato agli avversari che pur avendo cominciato da ultimi siamo già in regata, con un equipaggio senza prime donne, equilibrato e solido”. Anche il patron Patrizio Bertelli è contento “non è un caso che Oracle sia secondo, li abbiamo già battuti a Valencia è quello il loro posto”. Un tonfo i migliori fino al giorno prima, i kiwi di Emirates Team New Zealand che trattengono un terzo posto che non li appaga di certo. Luna Rossa era al debutto in regata dopo il lancio della quarta sfida di Patrizio Bertelli: la seconda con sponsor unico Prada, con un investimento dichiarato di 40 milioni di euro, e la sua prestazione è davvero interessante anche se bisogna dire che Chris Draper era molto bravo anche con Team Korea, la sua è una conferma. Il migliore nella classifica match race è lo svedese Artemis, davanti a Luna Rossa Swordfish che ha vinto la semifinale e testimonia ancora la solidità della squadra. Fin qui lo sport, e Napoli non è stato solo grande spettacolo con la velocità dei catamarani ad ala rigida: era una verifica di come può essere la prossima Coppa e di come possono andare le cose sul piano della grande regata. Qui la situazione è un poco diversa. La città di Napoli ha finito per accendere la discussione con l’organizzazione americana che ha tagliato il programma di regate togliendo il week end iniziale. Il direttore dell’evento Iain Murray, buon velista australiano, ha affermato che lo schema di regate per gli altri eventi sarà il medesimo: solo quattro giorni a ridosso del week end. Questo non accontenta i napoletani e soprattutto il sindaco Luigi de Magistris che ha investito per portare la Coppa America a Napoli cinque milioni di euro. Al di là del successo della manifestazione, che ha raccolto fino a 200 mila persone in via Caracciolo nonostante la pioggia e che ha offerto della città un panorama ben diverso da quello legato alla spazzatura, il programma era più esteso. Forse c’è stato un eccesso di fiducia nel firmare i contratti con Acea (America’s Cup Event Authority) che ha lasciato questo margine di manovra agli organizzatori delle regate. A Napoli mancano molte cose, anche gli spot televisivi mancati sulla città. In più ci si è messo il maltempo, una dichiarazione della Protezione Civile, che ha previsto alcune ore di vento molto forte, ha paralizzato qualsiasi decisione di mandare in mare le barche. Un eccesso di prudenza? Beh, il primo giorno di regate è stato sicuramente più duro di come poteva essere sabato, con il vento in calo. Poteva essere un ragionevole pomeriggio di regate, ma senza televisione è stato considerato inutile lo sforzo di allestire il campo. Prima la Televisione era un particolare, le regate prima di tutto. Adesso senza Tv non si regata, le regate della vecchia Coppa erano uno stillicidio di attese, adesso no. Il problema dei giorni di regata ristretti si pone anche per Venezia che si aspetta un programma più sostanzioso dopo che gli americani hanno anche molto insistito per regatare all’interno del bacino di San Marco. Il sindaco Giorgio Orsoni (il primo a confermare un evento in Italia, ma l’investimento non è noto) era a Napoli proprio per perfezionare queste trattative e il programma dell’evento di maggio e in un certo senso dare man forte al sindaco di Napoli. L’anno prossimo infatti di torna a Napoli e Venezia e le due città vogliono un po’ di più, assieme a Newport, che ha una lunga tradizione di Coppa America, sono le uniche nel mondo che hanno voluto investire, proprio per questo si aspettano un trattamento perlomeno un poco speciale. Succede anche che stanno per cadere molte teste in campo americano, dopo queste regate resteranno a casa in 28 e la mancanza di Russell Coutts, il Ceo di Oracle Racing, in Italia è stata vista come un sintomo del fatto che anche lui potrebbe aver scontentato il patron Larry Ellison: il quinto della classifica di Forbes tra i più ricchi del mondo pare un poco annoiato di come vanno le cose. Voleva la più grande edizione della Coppa per superare quella di Valencia 2007 e si trova solo tre sfidanti veri, Luna Rossa, Emirates Team New Zealand e Artemis più uno fantoccio, Team Energy di Loick Peyron cui arriva uno sponsor da 15 milioni molto amico degli americani, con anche il progetto pronto per costruire la barca. Troppo poco anche in tempo di crisi, un risultato anche della mancanza di programmi concreti che possano piacere agli sponsor. Non sono pochi i sindacati che hanno iniziato a lavorare per partecipare e che si sono trovati in difficoltà perchè non esisteva un programma credibile e definito delle regate. Per lui continuare a investire sull’evento sarebbe molto facile, ma non lo fa. Alla luce di quanto succede il ritiro di Mascalzone Latino, che aveva il ruolo di Challenger of Record, pare più che una decisione improvvisa, forse c’era già la visione che qualcosa non funzionava.

 Gli inglesi tentennano e non lanciano una nuova sfida.  Così è il Sydney Yacht Squadron a lanciare la sua. Allora non esistevano regate di selezione sfidanti, volute solo anni dopo dal barone Bich, e dunque il New York Yacht Club accetta lo sfidante. Ma promette di accogliere subito dopo, se riuscirà a difendere con successo la Coppa, quella del Royal Thames Yacht Club, che stava per essere lanciata e dà l’indicazione al club sfidante di accoglierla in caso di sua vittoria. È un esempio di singolare fair play ma è anche il primo sintomo di come le cose stanno per ribaltarsi: fino a quel momento infatti le selezioni erano state tra i defender, sempre numerosi, ma non tra gli sfidanti che iniziano invece ad aumentare di numero in maniera significativa. Il New York Yacht Club per difendere la Coppa sceglie Wheaterly disegnato da Philip Rhodes e costruito per l’edizione precedente ma ampiamente rimaneggiato. Non è rapidissimo ma viene comunque preferito a Nefertiti, Columbia e a Easterner. Lo skipper è Emil Bus Mosbacher, un uomo che in seguito diventerà capo del Protocollo del Governo Nixon rivestendo anche diverse altre cariche politiche. L’avversario australiano è Gretel, voluta dal magnate Frank Packer e affidata allo skipper Alexander Sturrock. Il disegno di Alan Payne è sottoposto a prove in vasca e a confronti con la vecchia e velocissima Vim. La barca corre forte, tuttavia gli americani sono più bravi ad amministrare tanti piccoli particolari e difendono con successo la Coppa vincendo per 4 a 1. Il timoniere è molto bravo, e a bordo della barca americana ci sono sei velisti che hanno vinto nel 58.

Dopo vari tentativi di riprendere il gran gioco della Coppa dopo la lunga pausa dovuta alla seconda guerra mondiale, nel ’56 il commodoro del New York Yacht Club Henry Sears e quello del Royal Yacht Squadron di Cowes sir Ralph Gore trovano finalmente un accordo per ricominciare le regate. Si cerca anche una nuova barca: i vecchi J Class sono improponibili perché troppo costosi in un periodo in cui tutti pensano alla ricostruzione. Si sceglie così la classe 12 metri Stazza Internazionale: la regola è simile (derivazione dalla Universal Rule che aveva generato i J Class) ma gli scafi sono molto più piccoli, poco più di ventuno metri con undici uomini d’equipaggio. La Corte Suprema di New York accetta una modifica del Deed of Gift per ridurre la lunghezza minima al galleggiamento e inoltre si decide che le barche non dovranno più arrivare sul campo di regata americano navigando in autonomia l’Atlantico. Questo rende molto più equilibrata la competizione, perché anche chi arriva dall’Europa potrà costruire una barca per condizioni leggere di Newport.
Lo sfidante è il Royal Yacht Squadron con Sceptre di Graham Mann, uno scafo progettato da David Boyd il cui modello ha vinto una gara in vasca navale contro altri tre progetti. Il pozzetto è molto grande, arriva fino all’albero, e parte dell’equipaggio lavora sottocoperta. Il defender è Columbia affidato a Brigs Cunnigham. L’esperienza su questo tipo di barche, per quanto la formula in realtà esista da una cinquantina d’anni e abbia già generato imbarcazioni interessanti (come Vim considerato il primo della generazione moderna), non è molta. Columbia si batte con una concorrenza agguerrita per conquistare il ruolo di defender ed è ancora una volta una barca che porta novità. Le regate scrivono poca storia: Columbia vince le quattro prove che servono a difendere con successo la Coppa senza una grande resistenza. La leggenda della supremazia americana di rinnova, ma la Coppa è ripartita e ricomincia a muovere passioni e interessi.

Il tempo sulla Coppa America è inglese, oggi sul lungomare Caracciolo sembrava di essere a Cowes, isola di Wight, luogo di nascita della Coppa America: pioggia, vento a raffiche, grigiore. Ombre lontane. Previsioni del tempo drammatiche per la notte che hanno suggerito all’organizzazione di portare tutti i catamarani a terra e smontare le ali rigide per non correre rischi. Per fortuna tra uno scroscio di pioggia e l’altro il programma di regate è andato avanti, anche se partito con ritardo. Succede così che le due Luna Rossa sabato saranno impegnate nelle semifinali di match race. Luna Rossa Piranha di Chris Draper incontrerà Oracle Racing di Bundock mentre Luna Rossa Swordfish se la dovrà vedere con Artemis di Terry Hutchinsons. I grandi favoriti invece sono ormai fuori dalla match race: sia Oracle di James Spithill, sia Emirates Team New Zealand di Dean Barker sono infatti esclusi anche se restano in testa alla classifica della fleet race. Luna Rossa Piranha era già qualificata e Luna Rossa Swordfish ha battuto i francesi di Team Energy con il vento che calava fino quasi a morire in una regata dove fino alla fine tutto poteva cambiare. Nelle due regate di flotta I neozelandesi sono stati protagonisti di disastro ma anche di una regata magistrale, con una rimonta continua che ha fatto capire a tutti quanto siano preparati e riescano a sostenere la velocità della barca. Per il week end si attende il pubblico dei giorni migliori, mentre il sindaco annuncia che vorrebbe lasciare via Caracciolo chiusa al traffico per sempre, si attende, sempre che il sole si faccia vedere, una invasione. Da questo punto di vista le regate sono un successo, è raro vedere tanta gente interessarsi di vela, fare domande anche un po’ sciocche ma comunque che testimoniano un interesse, una curiosità.

I neozelandesi di Emirates Team New Zealand si dimostrano ancora una volta i più forti…hanno vinto senza discussione due regate lasciando gli altri protagonisti a molte lunghezze di distanza, anche in classifica. Però Luna Rossa al suo secondo giorno di regate nelle World Series dimostra di essere molto vicina alle prestazioni dei migliori e vince anche lei due regate. Luna Rossa Piranha ha conquistato la match race contro Team Korea mentre Luna Rossa Piranha ha vinto la “spare race” una prova a punteggio speciale, cinque volte il normale, che sarà determinante per la classifica se il programma di nove regate non sarà completato per ragioni varie. Nel Golfo di Napoli è stata una giornata spettacolare, con tanto pubblico sulla riva di via Caracciolo e molte barche in mare a far compagnia alla flotta. Il tempo ieri era partenopeo, quello che fa pensare a “sole, pizza e ammore” e spinge la gente fuori casa. In ombra i due equipaggi americani. James Spithill è secondo in classifica dietro i kiwi ma porta a casa solo un settimo e un quarto posto: troppo poco per lui e per il defender. La produzione Tv intanto sta mettendo a punto la regia e imparando a usare le molte telecamere on board che stanno facendo la differenza rispetto al passato. Uno degli obiettivi importanti che si erano posti gli organizzatori americani comincia a diventare visibile e reale. Non solo sui canali abituali ma anche su quanto predisposto sul web e you tube con il canale dedicato alla America’s Cup. Al momento solo in lingua inglese, ma con immagini ben comprensibili, e interviste. Aumentare la diffusione delle regate, in un certo senso abbassare il target, renderlo più giovane, è uno degli obiettivi della nuova Coppa.

Il Golfo protesta: a parole le World Series della America’s Cup sono un grande spettacolo per la città di Napoli, che la porta lontano dall’immagine legata alle montagne di spazzatura che periodicamente la invadono, sintomo di un malessere molto profondo. Partecipano i grandi della vela: ieri sotto un cielo grigio e piovoso hanno vinto James Spithill con Oracle e Dean Barker con Emirates Team New Zealand. Luna Rossa ha debuttato per la quarta sfida di Patrizio Bertelli (solo il barone Bich, Aland Bond e Thomas Lipton hanno fatto quanto lui) finendo a centro classifica, con le sue due barche Piranha e Swordfish portate dai giovanissimi Chris Draper e Paul Campbell James, nomi che dovremo imparare nei prossimi mesi. L’eccitazione, i saluti sono quelli soliti della Coppa America. Ma dopo la prima impressione e il piacere di ritrovarsi in famiglia ci ripensi cominci a riflettere sul fatto che siamo tanto sul virtuale e poco sull’evento. Dovrebbe essere un circuito di preparazione alla Coppa, un amplificatore di interesse per la vela, ma lo è davvero? Insomma, non tutto quello che si vede in acqua è quello che era stato promesso sul depliant, fin dalle prime conferenze di presentazione della Nuova Coppa. La scelta di usare i catamarani (adesso gli AC 45 lunghi tredici metri, a San Francisco nel 2013 gli Ac 72 da ventuno metri) ha fatto fare un salto di generazione a equipaggi e spettacolo, però mancano quella decina di eventi promessi per quest’anno e i dieci veri sfidanti di cui si favoleggiava. Quelli veri che saranno nelle Louis Vuitton Cup (regata selezione sfidanti) l’anno prossimo sono solo tre: Emirates Team New Zealand, Luna Rossa e Artemis. Da anni il massimo trofeo velico non era così depresso. Gli organizzatori americani sono partiti con grandi ambizioni ma il licenziamento di Richard Worth (inventore della Champions League) che doveva farne il più grande evento della vela di tutti i tempi dichiara il loro insuccesso. E’ colpa della crisi mondiale? Non solo, il programma era troppo ambizioso e costruito con poco realismo sulla capacità del mercato pubblicitario di assecondare il nuovo formato e le continue incertezze sul programma. Da qui in poi non può succedere molto: ai tre sfidanti si aggiungono alcuni partecipanti al circuito degli Ac 45 come il francese Energy Team, o Team Korea o ancora China Team. I cat sono belli da vedere, complicati da usare, uno degli esempi più concreti di come si debba andare in barca con doti atletiche e tecniche (non hanno strumenti elettronici) e fare spettacolo: le immagini da bordo sono fantastiche. Per questo meritano una sufficienza di incoraggiamento. Napoli è il primo dei quattro eventi dell’anno: gli altri saranno Venezia,San Francisco e Newport. Per questioni di budget il programma è stato ristretto, come (si dice) sarà a Venezia: ogni giorno di regata costa caro, ma è costato caro anche alla città, per cui l’investimento non è cambiato. Altri problemi? La produzione televisiva rinuncerà alla parte migliore, quella delle match race finali per non dover alzare in volo due elicotteri. La domanda resta: questa è vera Coppa America?