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Luna Rossa again

Patrizio Bertelli ha presentato a Palermo nella sede del Circolo della Vela Sicilia la sua quarta Luna Rossa, a fare tanto sono stati pochi nella storia del grande evento velico: cinque sfide con Shamrock per Thomas Lipton, il droghiere del re. Quattro per il barone Bich e l’australiano Alan Bond, che al suo quarto assalto riuscì finalmente nella storica edizione del 1983 a portare la Coppa in Australia. Quattro volte è tanto, è il sintomo di una passione forte e quasi inesauribile. Al punto che nel corso della conferenza stampa di presentazione della sua nuova avventura Bertelli ha fatto capire che la sua non è una sola sfida, ma che questo è un programma per arrivare fortissimi alla edizione successiva, che potrebbe essere nel 2015 o 2016. Il team della nuova Luna Rossa è un mix di “senatori” come lo skipper Max Sirena, che continua a navigare anche sugli AC 45, il responsabile della costruzione dello scafo Matteo Plazzi (già navigatore di Bmw Oracle) l’allenatore Stevie Erikson, il senior designer Roberto Biscontini. I timonieri sono i giovanissimi Paul Campbel Jones e Chris Draper che condurranno gli AC 45 fin dalle regate di Napoli. Bertelli è a suo agio nel presentare la quarta sfida, davanti a un pubblico che per lui è quasi una famiglia. Il punto forte della sfida è l’alleanza con Emirates Team New Zealand, con cui condivide il progetto della barca. Luna Rossa ha sostanzialmente pagato la metà delle ore lavoro che sono state impiegate finora dal grande team dei progettisti kiwi: una trentina di persone che lavorano da più di un anno al catamarano con vela alare rigida. Un buon compromesso che porta risorse a tutte e due le squadre. Le prime regate saranno a Napoli la prossima settimana. Come nel 2000 Luna Rossa avrà solo lo sponsor di Prada più qualche semplice partecipazione tecnica.
Come mai ha deciso di partecipare a questa edizione della Coppa?
“E’ una decisione che avevamo rinviato, pensavamo di non poter essere competitivi. Poi la possibilità di stringere una alleanza con Emirates Team New Zealand mi ha portato alla decisione di partecipare. Condividendo il design che loro avevano sviluppato abbiamo all’istante guadagnato tempo e competitività. Gli americani avevano pensato alla possibilità di collaborare al design tra team diversi per favorire la partecipazione delle squadre più deboli ma l’unione di due forti e storici, che di solito tengono ai loro segreti, credo li abbia presi di sorpresa”.
Quale è il suo obiettivo?
“Siamo partiti in ritardo e stiamo lavorando molto. Il team è nuovo con qualche senatore che viene dalla precedenti sfide. I cat sono molto diversi dai monoscafi, tuttavia il nostro obiettivo è di arrivare alla finale della Louis Vuitton Cup assieme a Emirates Team New Zealand… con tanti saluti a Paul Cayard e al suo Artemis”. Quanto è il vostro budget?
“E’ di circa 40 milioni di euro. In realtà nella storia non c’è mai stata una corrispondenza diretta tra i soldi spesi e la vittoria. Nel 95 a San Diego i neozelandesi con un budget ridotto hanno vinto. Costruiremo una sola barca, ci siamo detti che non era possibile partecipare a una Coppa successiva senza una esperienza diretta con i catamarani. Il nostro è un progetto per due edizioni”.
Quanto ha perso la Coppa America dopo le dispute legali tra Alinghi e Bmw Oracle?
“Queste cose sono insite nella storia della Coppa. E’ successo altre volte. Sono convinto però che si potesse gestire diversamente, in tempi e modi diversi, ricomponendo la lite a beneficio di tutti. La crisi finanziaria mondiale ha portato a una sommatoria di cause negative. Mi ha molto offeso che il Challenger of Record italiano si sia ritirato: in tutta la storia della Coppa non era mai successo. Io esporto l’85% della produzione, facciamo prodotti seri e non mi piace che l’immagine della nostra Italia sia sempre confusa con questa incertezza fatta di spaghetti e fantasia”.
Cosa pensa dei catamarani con cui si correrà la prossima Coppa?
“Come velista mi piacciono molto, sono curioso. Su quei grandi gli Ac72 però non salirò: sono troppo pericolosi, velocità troppo alte. Non solo puoi cadere in mare, se si ribaltano cadi dentro la vela e ti fai male. In ogni caso è un esperimento che andava fatto, poi scopriremo se sarà un successo o no. Al momento penso che non c’è emulazione, i velisti non possono rispecchiarsi, non c’è affinità con la vela di tutti i giorni. Vedremo”.
Oracle ha speso 400 milioni di dollari contro i 250 di Alinghi per vincere nel 2010 disputando due regate.
“Beh, anche questa è Coppa America. Noi nel 2007 li abbiamo battuti sonoramente e poi per vincere nel 2010 hanno assunto 28 persone che erano con me. Timoniere compreso. Noi sappiamo fare squadra, questa è la nostra forza. Se guardo indietro la nostra organizzazione e le persone sono state sempre più forti delle barche che abbiamo costruito: siamo sempre stati più forti nella parte velistica che in quella progettuale”.
Cosa pensa della possibilità che la Coppa venga disputata con i piccoli AC 45? “Se verrà presa una decisione del genere, che non credo sia possibile, non parteciperemo alla Coppa America e chiederemo i danni. Non si possono fare questi giochetti”.