E’ un anno storico perchè debuttano sul grande palcoscenico due personaggi che scrivono la storia moderna della Coppa. Sono Dennis Conner, che è timoniere di partenza per il defender Courageous dell’armatore timoniere Ted Hood e Alan Bond il finanziere australiano che inizia il suo percorso verso la gloria. Gli americani fanno le loro selezioni con tre progetti di Olin Stephens: Courageous a cui collabora anche Dave Pedrick, il vecchio Intrepid e Valiant dove naviga Ted Turner. C’è anche una barca particolare disegnata da Britton Chance, su cui debutta Dennis Conner che poi salirà a bordo del defender designato per la grinta dimostrata, si chiama Mariner. Courageous vince, ma non senza fatica.
Alan Bond, che lancia la sfida attraverso il Royal Perth Yacht Club e per accedere alle regate della Coppa deve superare France del barone Bich. Bich in questa edizione ha voluto in squadra il grande olimpionico Paul Elvstrom che lavora con un equipaggio nordico. Purtroppo France affonda durante un trasporto, viene recuperata e riarmata. Inizia anche la costruzione di una nuova barca ma Bich non soddisfatto caccia Elvstrom e parte per Newport con la vecchia che ha poche speranze contro gli australiani. Le regate della Coppa sono dunque tra Courageous e Southern Cross, va a finire che gli americani incassano il solito quattro a zero a loro favore. Un punteggio cui gli sfidanti sono ormai abituati.

Per l’edizione del 1970 al New York Yacht Club arrivano quattro sfide. Una è del barone Marcel Bich, un tenace valdostano che ha invaso il mondo con le penne a sfera, uno dei primi esempi di tecnologia diffusa e non utilizzata per oggetti esclusivi e costosi. Il barone ingaggia una decisa corrispondenza con gli americani per spingerli a consentire la disputa di regate di selezione tra gli sfidanti. Alla fine li convince. Il barone Bich schiera France progettata da André Mauric, poi ci sono gli australiani di Packer con Gretel II disegnata da Alan Payne. Si perdono invece  per strada una sfida inglese e una greca e la selezione è quindi tra francesi e australiani. Le cose si mettono subito male per il barone che cambia ogni giorno timoniere fino a prendere lui la ruota affermando che “posso tranquillamente perdere da solo”. Gli americani hanno affidato il progetto a Olin Stephens che ha realizzato Valiant. Purtroppo Olin non supera se stesso e il vecchio Intrepid acquistato da William Ficker e modificato dal giovane Britton Chance è più rapido e il comitato dei saggi di New York finisce per schierarlo alla partenza delle regate. Le barche nella prima regata restano vicine fino a quando cade in mare un uomo di Gretel II. I cinque minuti che servono per recuperarlo sono determinanti per la vittoria americana. La seconda regata è vinta dagli australiani, poi squalificati per un incrocio ravvicinato. La terza prova è ancora per gli americani. Poi tocca agli australiani salire al tre a uno. Nella quarta regata Gretel II sembra più rapida ma gli avversari conservano fino all’ultimo il diritto di rotta con abilità e vincono. Gli australiani se non altro sono andati vicini a un gran risultato.

Si corre a Newport e gli americani schierano una grande novità.  Si chiama Intrepid, è disegnato da Olin Stephens e raccoglie i frutti della maturazione del grande progettista che mette in acqua una barca carica di novità, che non a caso riuscirà a difendere la Coppa con successo per due edizioni. La novità più grande è che per la prima volta il timone si separa dalla chiglia, un’idea che aveva già provato Dick Carter su alcuni ocean racer. In questo modo il controllo della direzionalità della barca e le manovre per il “match racing” sono molto più facili. Dietro la pinna di deriva resta una pala più piccola che diventa un “trim” ovvero lo  strumento per rendere asimmetrico e quindi più efficiente il profilo. Dello studio newyorkese fa parte anche l’italiano Mario Tarabocchia, che resterà per molti anni una colonna portante.
Olin inoltre costringe sette persone dell’equipaggio a lavorare sottocoperta, dove colloca gran parte dei verricelli e dei coffee grinder. Dall’esterno quando naviga di bolina la barca sembra deserta, si scorgono solo tre persone che si muovono: timoniere, tattico, tailer. Qualche volta compare il prodiere. Nel tempo questo modo di impiegare l’equipaggio verrà impedito dai regolamenti.
Gli sfidanti sono gli australiani: da Sydney arriva Dame Pattie dell’armatore Emil Christensen timonato da John Sturrock e disegnato da Warwick Hood. Gli australiani issano vele realizzate con un materiale che chiamano kadron: non funziona bene quanto il dacron di Ted Hood. Così il confronto è impari e Bus Mosbacher conduce Intrepid senza troppi problemi verso il quattro a zero. Intrepid si esprime in boline impressionanti, frutto delle linee di carena ma anche delle vele americane.

Lo scriviamo tutti: l’ America’s Cup è una sfida. Una sfida non solo nei confronti di uno o più avversari, molto spesso lo è con e contro se stessi, perchè la battaglia non è solo battere l’avversario ma farlo con la propria ricetta. Le cartoline che raccontano la Coppa America sono tante: Sir Thomas Lipton in posa al timone del suo Shamrock, Harold Vanderbilt e consorte su Ranger, sir Thomas Murdoc Sopwith su Endeavour. Per arrivare a tempi più recenti, il chiassoso petroliere Bill Ingraham Koch (4 miliardi di dollari di patrimonio) o il riservato Larry Ellison (41 miliardi di patrimonio), amante della cultura giapponese e del Mediterraneo, attuale padre padrone della Coppa, l’uomo che l’ha portata a bordo dei catamarani battendo Alinghi di Ernesto Bertarelli, il più giovane, l’uomo che è arrivato al successo subito nel 2003 con una barca invincibile. Gli italiani sono Raul Gardini che accarezza il leone di Venezia dicendo “che bel gattone” , come lo avesse addomesticato. Patrizio Bertelli che sceglie l’eleganza di una sottile linea rossa per decorare le sue barche, una linea che nasconde anche un confine impalpabile tra affari e sport. Quasi tutti, visti a bordo hanno una sincera e infinita passione per la barca, uno straordinario occhio per gli affari, la voglia di vincere usando la propria ricetta di vita. E’ mitica la sceneggiata del barone Marcel Bich che nella nebbia di Newport ha tolto il timone ai professionisti per perdersi lontano dalle boe. Eppure proprio Bich è uno di quelli che ha avuto belle intuizioni: ha costretto gli americani del New York Yacht Club ad accettare regate di selezione tra gli sfidanti che poi con la collaborazione del suo timoniere Bruno Troublè è diventata la Louis Vuitton Cup. Trouble, non a caso nato a Versailles, è poi diventato il cardinale del gran gioco almeno fino alla prossima edizione della Louis Vuitton Cup, probabilmente l’ultima per il cambio di vertice che non ama la vela.
C’è una cartolina che, più di ogni altra, racconta cosa sia la Coppa America per l’Italia, ritrae John Kennedy e Jacqueline Lee Bouvier assieme a Gianni Agnelli, Marella Caracciolo e Beppe Croce, spettatori delle regate a Newport. Era il ‘62, la barca è Manitou di proprietà della US Coast Guard, detta anche la Casa Bianca galleggiante, e dove ne son successe un po’ di tutti i colori, non solo dal punto di vista diplomatico. Gianni Agnelli ama la vela, cui regalerà quel monumento alla modernità galleggiante che si chiama Stealth, ma vuole anche promuovere la Fiat negli Stati Uniti: la raccomandazione del Presidente è buona ma non basta. Gli americani fingono anche di mostrare i disegni della barca vincente al progettista Carcano, un geniaccio innovatore. Agnelli sarà in panchina per altri venti anni prima di poter lanciare Azzurra, ma uscirà con un successo personale: una breve vacanza a Ravello con Jacqueline. L’avvocato unisce ragione e passione, come ha fatto prima di lui Lipton e come faranno altri, arriva al mercato americano con i rapporti esclusivi che si stabiliscono in barca.
Patrizio Bertelli ha lanciato la sua quarta sfida. Il toscanaccio (nel senso buono) è un puro irascibile (memorabili le sue strapazzate al team) ama la barca e in casa ha una libreria che testimonia la sua ossessione per la Coppa. E’  l’unico italiano entrato nella Hall of Fame, non vuole confessare i benefici finanziari ottenuti con la Coppa. Ma esistono, come la “simpatica plusvalenza” per alcuni affarucci fatti con LVMH e una immagine internazionale che altri sport non avrebbero promosso allo stesso modo. Sono pochi quelli che hanno fatto come lui: Lipton, il droghiere del re come lo chiamavano i nobili invidiosi della sua amicizia è arrivato alla quinta sfida ottuagenario, il barone Bich con i suoi France e l’australiano Alan Bond, autore della più grande bancarotta della storia dell’Australia. Bond, di questi serial challenger è l’unico che ha conquistato la Coppa, nell’83 con Australia II, una macchina da guerra condotta da John Bertrand che inginocchia Dennis Conner. Bond nell’87 compra gli Iris di Van Gogh da Sotheby’s di New York per 53 milioni 900 mila dollari, allora circa 70 miliardi, con un prestito della stessa casa d’aste. Il crac in Borsa quasi simultaneo lo mette in ginocchio e finirà anche in prigione per la garibaldina gestione di un altro quadro famoso.
Nella Coppa ci sono anche gli ego senza portafoglio, i grandi condottieri, i timonieri. In testa a tutti lo scozzese Charlie Barr, è il comandante dei primi del novecento, vince e rivince la Coppa timonando le barche americane, si lancia in Atlantico per il record di traversata con lo schooner Atlantic che conquista perché nella tempesta non può ammainare le vele. Ted Turner, detto “captain outrageous” per la sua propensione a insultare gli avversari, dopo la vittoria inventa la CNN. Dennis Conner è l’uomo della modernità, cambia il metodo e la preparazione diventa professionale e scientifica, inventa con John  Marshall la “two boat campaing”, che serve a mettere a punto le barche in maniera perfetta . La leggenda dice che nell’83 abbia voluto perdere  apposta in quel bordo di poppa contro Australia II, per togliere il gioiello di Garrard dalla sua bacheca del New York Yacht Club, dove era conservato da 132 anni, e dimostrare che era in grado di riportarlo a casa sua a San Diego, come del resto ha fatto.
Peter Blake è il neozelandese che vince nel 95 ipotecando la casa per tenere vivo il sindacato dove Russell Coutts sta crescendo: finirà assassinato dai ratos de agua nel Rio delle Amazzoni.
Coutts è il suo pupillo, il ragazzo che ha cresciuto, che abbandona il maestro per vincere con Alinghi nell’2003  e poi con Ellison nel 2010. Russell è l’uomo dei record, più bravo di Barr. E’ un ingegnere opportunista, con un talento ineguagliabile per il timone e una pericolosa passione per le donne. Ma adesso ha portato la Coppa su un territorio che molti non comprendono: ci sarà lo spettacolo della velcotià, ma non ci sono gli sfidanti che fanno grande il palcoscenico.

Per Luna Rossa dopo il battesimo con la grande festa primi bordi di collaudo. Le prime foto arrivano dal Golfo di Hauraki con molta gente a bordo, oltre ai velisti si vedono bene gli ingegneri che misurano sforzi e resistenza della barca in diverse situazioni. C’era Frank Cammas, il francese esperto di catamarani che è appena arrivato dalla vittoria della Volvo Race. La rosa dei timonieri possibili finora non lo comprendeva in maniera evidente ed era di quattro persone: oltre a Bruni, che finora sugli AC 45 ha fatto il tattico, ci sono lo spagnolo Iker Martinez, scelto per la sua predilezione per le alte velocità visto che ha partecipato alla Volvo Race (le cui barche arrivano ai 40 nodi come queste) e alle Olimpiadi con il 49er, altra barca scattante. Gli altri due sono i giovani che hanno condotto gli AC 45 negli eventi dell’anno scorso vale a dire Chris Draper e Paul Campbel Jones. Quest’ultimo il meno quotato, visto che non ha mostrato la sicurezza che aveva con gli Extreme. A bordo, ovviamente, si riconosce lo skipper Max Sirena e il responsabile della costruzione Matteo Plazzi, due esperti di poliscafi con vela rigida, che hanno navigato e gestito l’ala di Bmw Oracle. In questi giorni le uscite di Luna Rossa sono indirizzate al collaudo per verificare le strutture. Luna Rossa però ha una sola deriva: nella scassa sopravent onon c’è nulla, significa che ne hanno costruita una sola? Probabile, durante il varo le derive che sono state mostrate al pubblico erano del tutto provvisorie, fatte solo per impieghi scenografici: chi le ha viste da vicino ha potuto rendersi conto della finitura sommaria. Il sindacato di Patrizio Bertelli tuttavia naviga con una certa tranquillità: la barca è praticamente gemella di Emirates Team New Zealand che ha navigato senza risparmio per 16 giorni in ogni condizione di vento anche nella condizione “aliscafo” per cui sono progettate. New Zealand si alza sulle ali già con un vento di 16 nodi con cui raggiunge velocità di 33 nodi. Grant Dalton, lo skipper neozelandese si è detto sicuro che la barca italiana sarà più veloce della sua: “abbiamo lavorato insieme in una direzione che ci darà dei vantaggi, è la prima volta che sono contento dei progressi di un avversario, perché questo significa che abbiamo scelto la strada giusta per la nostra seconda barca”. L’alleanza tra i due sindacati insomma funziona senza reticenze: il modo migliore per ottenere davvero buoni risultati. New Zealand è in cantiere per alcuni giorni per piccole modifiche, poi saranno organizzate delle regate tra le due barche: il regolamento infatti consente la progettazione comune ma non gli allenamenti se non in forma di vera regata con un vero Comitato. Tutto questo mentre gli avversari di Artemis si preparano a navigare su una barca molto diversa, che non sembra disegnata per volare sull’acqua. Il defender Oracle, dopo lo spettacolare ribaltamento, sarà in cantiere per le riparazioni fino a gennaio. Un disastro non solo economico, che è un grande vantaggio per gli avversari che potranno invece allenarsi e raccogliere dati preziosi.

Claude Luis Navier è nato nel 1785, George Gabriel Stokes nel 1816. Perché citiamo questi due scienziati in riferimento a Luna Rossa espressione di sport e tecnica del terzo millennio? Sono i padri della dinamica dei fluidi: le equazioni di Navier – Stokes infatti sono alla base di ogni ricerca predittiva che si fa in campo navale e non, un sistema complesso che ha sempre trovato l’ostacolo della potenza di calcolo per essere completamente efficace. Il progresso dei moderni computer ha amplificato la velocità e l‘affidabilità al punto che ormai la sperimentazione in vasca navale, o galleria del vento, per molto tempo ritenuta fondamentale alla riuscita di un progetto, passa in secondo piano. In termini contemporanei si parla di CFD: Computational Fluid Dynamics. Nelle segrete stanze dei progettisti di Luna Rossa, come di tutte le altre barche della Coppa America, un problema da risolvere, anzi spesso “il” problema è come riuscire a verificare rapidamente intuizioni e percorsi dei designer e velisti in un processo bidirezionale che porta al miglioramento della velocità del manufatto barca. Per simulare un catamarano che naviga veloce il dominio fluido è scomposto in decine di milioni di elementi che vengono digeriti da un “cluster” dove possono lavorare simultaneamente 22 nodi da 12 processori l’uno. Il calcolo è un percorso iterativo “what – if” che prevede piccoli cambiamenti delle forme e delle situazioni: maggiore è la potenza di calcolo più grande il numero di simulazioni possibili e maggiore anche l’affidabilità. Luna Rossa ha acquistato il progetto da Emirates Team New Zealand, ma questo è solo un punto di partenza per lo sviluppo successivo. I catamarani della classe AC 72 hanno due elementi dove questa ricerca è fondamentale: la vela alare e le derive. C’è chi dice che saranno proprio le derive a fare la differenza perché queste barche si comporteranno come aliscafi in alcune condizioni di navigazione. Per Luna Rossa il responsabile di questo settore è l’ingegnere aerospaziale e nautico (due lauree) Giorgio Provinciali. “Abbiamo scelto di non comprare le macchine ma di appoggiarci a centri di calcolo – dice – non è solo un problema economico ma di aggiornamento degli strumenti. Usiamo il programma FineMarine di Numeca, con una serie di centri di calcolo in Italia. Collaborano con noi per il lavoro di routine Cilea di Milano Segrate, un consorzio italiano di supercalcolo che è stato recentemente raggruppato con Cineca di Bologna e Caspur di Roma. Sono società senza scopo di lucro e hanno un costo per le ore di calcolo molto buono. Anche gli americani di Oracle, che hanno confermato nel loro staff Mario Caponetto, si appoggiano a Cineca. Per le simulazioni sperimentali abbiamo stretto un accordo con il “Tecnopolo della Nautica di Ravenna”. Un altro istituto coinvolto è la vasca navale di Roma Insean, che in questo caso si occupa di fluidodinamica numerica molto competente su cavitazione, fenomeno che riguarda eliche e derive. Il Politecnico di Milano ha un gruppo di lavoro diretto da Fabio Fossati coinvolto nella previsione delle prestazioni del sistema completo. I campi di ricerca non si fermano qui, c’è da esplorare l’interazione tra struttura e fluido, l’impatto della deformabilità delle derive sulle prestazioni, la resistenza in navigazione delle strutture che sono monitorate da centinaia di punti di misurazione con strain gauges o fibre ottiche, una operazione necessaria soprattutto nella fase iniziale. All’ala lavorano due guru della vela, Michael Richelsen cui si deve gran parte dei programmi di modellazione delle vele, e Mike Allan Schreiber (ha vinto 4 volte) con modalità simili per quanto riguarda il calcolo, usano i servizi della Wolfson Unit e della Southampton University.