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Passione e ragione

Lo scriviamo tutti: l’ America’s Cup è una sfida. Una sfida non solo nei confronti di uno o più avversari, molto spesso lo è con e contro se stessi, perchè la battaglia non è solo battere l’avversario ma farlo con la propria ricetta. Le cartoline che raccontano la Coppa America sono tante: Sir Thomas Lipton in posa al timone del suo Shamrock, Harold Vanderbilt e consorte su Ranger, sir Thomas Murdoc Sopwith su Endeavour. Per arrivare a tempi più recenti, il chiassoso petroliere Bill Ingraham Koch (4 miliardi di dollari di patrimonio) o il riservato Larry Ellison (41 miliardi di patrimonio), amante della cultura giapponese e del Mediterraneo, attuale padre padrone della Coppa, l’uomo che l’ha portata a bordo dei catamarani battendo Alinghi di Ernesto Bertarelli, il più giovane, l’uomo che è arrivato al successo subito nel 2003 con una barca invincibile. Gli italiani sono Raul Gardini che accarezza il leone di Venezia dicendo “che bel gattone” , come lo avesse addomesticato. Patrizio Bertelli che sceglie l’eleganza di una sottile linea rossa per decorare le sue barche, una linea che nasconde anche un confine impalpabile tra affari e sport. Quasi tutti, visti a bordo hanno una sincera e infinita passione per la barca, uno straordinario occhio per gli affari, la voglia di vincere usando la propria ricetta di vita. E’ mitica la sceneggiata del barone Marcel Bich che nella nebbia di Newport ha tolto il timone ai professionisti per perdersi lontano dalle boe. Eppure proprio Bich è uno di quelli che ha avuto belle intuizioni: ha costretto gli americani del New York Yacht Club ad accettare regate di selezione tra gli sfidanti che poi con la collaborazione del suo timoniere Bruno Troublè è diventata la Louis Vuitton Cup. Trouble, non a caso nato a Versailles, è poi diventato il cardinale del gran gioco almeno fino alla prossima edizione della Louis Vuitton Cup, probabilmente l’ultima per il cambio di vertice che non ama la vela.
C’è una cartolina che, più di ogni altra, racconta cosa sia la Coppa America per l’Italia, ritrae John Kennedy e Jacqueline Lee Bouvier assieme a Gianni Agnelli, Marella Caracciolo e Beppe Croce, spettatori delle regate a Newport. Era il ‘62, la barca è Manitou di proprietà della US Coast Guard, detta anche la Casa Bianca galleggiante, e dove ne son successe un po’ di tutti i colori, non solo dal punto di vista diplomatico. Gianni Agnelli ama la vela, cui regalerà quel monumento alla modernità galleggiante che si chiama Stealth, ma vuole anche promuovere la Fiat negli Stati Uniti: la raccomandazione del Presidente è buona ma non basta. Gli americani fingono anche di mostrare i disegni della barca vincente al progettista Carcano, un geniaccio innovatore. Agnelli sarà in panchina per altri venti anni prima di poter lanciare Azzurra, ma uscirà con un successo personale: una breve vacanza a Ravello con Jacqueline. L’avvocato unisce ragione e passione, come ha fatto prima di lui Lipton e come faranno altri, arriva al mercato americano con i rapporti esclusivi che si stabiliscono in barca.
Patrizio Bertelli ha lanciato la sua quarta sfida. Il toscanaccio (nel senso buono) è un puro irascibile (memorabili le sue strapazzate al team) ama la barca e in casa ha una libreria che testimonia la sua ossessione per la Coppa. E’  l’unico italiano entrato nella Hall of Fame, non vuole confessare i benefici finanziari ottenuti con la Coppa. Ma esistono, come la “simpatica plusvalenza” per alcuni affarucci fatti con LVMH e una immagine internazionale che altri sport non avrebbero promosso allo stesso modo. Sono pochi quelli che hanno fatto come lui: Lipton, il droghiere del re come lo chiamavano i nobili invidiosi della sua amicizia è arrivato alla quinta sfida ottuagenario, il barone Bich con i suoi France e l’australiano Alan Bond, autore della più grande bancarotta della storia dell’Australia. Bond, di questi serial challenger è l’unico che ha conquistato la Coppa, nell’83 con Australia II, una macchina da guerra condotta da John Bertrand che inginocchia Dennis Conner. Bond nell’87 compra gli Iris di Van Gogh da Sotheby’s di New York per 53 milioni 900 mila dollari, allora circa 70 miliardi, con un prestito della stessa casa d’aste. Il crac in Borsa quasi simultaneo lo mette in ginocchio e finirà anche in prigione per la garibaldina gestione di un altro quadro famoso.
Nella Coppa ci sono anche gli ego senza portafoglio, i grandi condottieri, i timonieri. In testa a tutti lo scozzese Charlie Barr, è il comandante dei primi del novecento, vince e rivince la Coppa timonando le barche americane, si lancia in Atlantico per il record di traversata con lo schooner Atlantic che conquista perché nella tempesta non può ammainare le vele. Ted Turner, detto “captain outrageous” per la sua propensione a insultare gli avversari, dopo la vittoria inventa la CNN. Dennis Conner è l’uomo della modernità, cambia il metodo e la preparazione diventa professionale e scientifica, inventa con John  Marshall la “two boat campaing”, che serve a mettere a punto le barche in maniera perfetta . La leggenda dice che nell’83 abbia voluto perdere  apposta in quel bordo di poppa contro Australia II, per togliere il gioiello di Garrard dalla sua bacheca del New York Yacht Club, dove era conservato da 132 anni, e dimostrare che era in grado di riportarlo a casa sua a San Diego, come del resto ha fatto.
Peter Blake è il neozelandese che vince nel 95 ipotecando la casa per tenere vivo il sindacato dove Russell Coutts sta crescendo: finirà assassinato dai ratos de agua nel Rio delle Amazzoni.
Coutts è il suo pupillo, il ragazzo che ha cresciuto, che abbandona il maestro per vincere con Alinghi nell’2003  e poi con Ellison nel 2010. Russell è l’uomo dei record, più bravo di Barr. E’ un ingegnere opportunista, con un talento ineguagliabile per il timone e una pericolosa passione per le donne. Ma adesso ha portato la Coppa su un territorio che molti non comprendono: ci sarà lo spettacolo della velcotià, ma non ci sono gli sfidanti che fanno grande il palcoscenico.