Dicono che non si debba toccare prima di vincerla…. ma quando l’ho vista li, nella Base 8 di Bmw Oracle, circondata da gente al limite del coma etilico ho pensato: “e io quando posso vincerla… e quando mi ricapita”… mi sono messo in coda per prenderla finalmente in braccio. Avevo fatto tante foto, ma mai così. La prima volta che ho sentito parlare di Coppa America è stato attorno agli anni 80. Allora navigavo sull’Ec 26 dell’amico Enrico. Sesta classe Ior, progetto Ceccarelli. L’equipaggio della prima Azzurra usciva in mare a Porto Corsini: quando vedevo l’albero di comparire tra le dighe correvo con la moto a dare un occhio. Quella che adesso consideriamo una vecchia pentola per noi giovani velisti era fantascienza. Durante le regate di Newport l’unico collegamento era la radio, qualche articolo sulla Gazzetta, ma due giorni dopo. Da allora ho inseguito la Coppa con quella vena di follia che può finire per rovinarti la vita. Ho fatto della vela un mestiere, sono diventato anche direttore di Vela e Motore e lo sono stato per quindici anni. La Coppa vive molte leggende, alcune sinistre. Ma è troppo bello prenderla, alzarla, toccarla…. Quanto pesa? Ah, si alza bene, più leggera di quel che sembra, ma neanche così leggera come quelle coppette che si vincono all’invernale. L’hanno costruita i gioiellieri della regina Vittoria, Garrard a Londra. Ne sono stati fatti due esemplari, è stata pagata 100 Ghinee ma ormai il suo valore è senza misura. E’ il Trofeo dello sport internazionale che si disputa ininterrottamente dalla sua nascita, se si esclude qualche parentesi bellica. Una delle leggende racconta che il secondo esemplare sia stato comprato da Ted Turner e sostituito con l’originale. Dunque la vera Coppa America sarebbe rimasta sul caminetto dell’inventore della CNN che l’ha vinta nel 77, ultimo “gentlemen driver” a riuscirci prima dell’era Conner e del professionismo attuale. Ci voleva provare Bertarelli…. ma abbiamo visto com’è andata. Insomma, io al momento mi contento della foto… che è già tanto.

Complice una perturbazione che genera vento fino a 45 nodi il poliscafo di Frank Cammas sta viaggiando costantemente a 33/35 nodi e guadagna rispetto alla tabella di marcia del record di Orange II mentre si avvicina a Capo Horn. Il suo vantaggio è di 340 miglia. Le scene di navigazione sono quelle cui ci ha abituato anche la Volvo Race: acqua soprattutto, sopra e sotto la barca. Per il francesce Frank Cammas, che ha avuto un ruolo importante nella realizzazione di Bmw Oracle, il record è alla portata. La sua prossima avventura tuttavia sarà nella Volvo Race cui parteciperà con lo sponsor di sempre e una barca disegnata dal vincitore delle ultime due edizioni con Abm Amro e Ericcsson, l’armeno argentino Juan Koumdjian. Alla comparsa delle sue barche in banchina qualcuno disse, comparandole ai progetti Farr: “qui qualcuno ha sbagliato”. Aveva ragione lui, con poppe più larghe di settanta centimetri.
Cammas sta navigando con un equipaggio di nove persone a una latitudine di 55 gradi sud, potrebbe scendere ancora verso i sessanta, rotta considerata proibitiva e in molte regate ormai interdetta perchè troppo pericolosa per la presenza di ghiaccio.

Alcuni dei più noti giramondo a vela stanno affrontando il mare più pericoloso del globo, quello dove a far paura non sono le tempeste ma la presenza dei pirati somali. Le barca a vela sono di solito un bersaglio poco interessante, perchè ormai i pirati hanno imparato che si tratta in generale di materiale, umano e non, di poco valore se confrontato alle grandi navi che vengono fermate alla caccia di riscatto. Tuttavia non si può mai sapere. Sono partiti da una piccola rada dell’Oman un paio di convogli. In uno navigano delle vecchie conoscenze come Gigi Nava e Irene Moretti, gli skipper di Adriatica e della Numero Uno, attualmente a bordo id Akoya. Sono con Horace di Decibel, il compagno di una redattrice di Yacht Capital che ha scelto di vivere attorno al mondo. Per proteggersi dagli attacchi hanno scelto di navigare ragionevolmente vicino al canale protetto dalle forze militari, ma non proprio nella zona dove possono essere “cercati”. Ovviamente c’è un contatto radio continuo su frequenze poco esplorate dai pirati, come quelle in onde corte SSB con cui si tengono anche in contatto con gli amici in Italia.
Come si può vedere dalla foto in attesa della partenza c’è una piccola flotta di barche di tutti i tipi, che arrivano in genere dalle Maldive.
Per saperne di più è molto interessante il blog di Horace
Decibel
Anche Gigi e Irene hanno un blog
Akoya