Theory of Wing section di Abbot e Von Doenhoff è uno dei testi più diffusi nei politecnici per iniziare a capire che cosa sono e come funzionano le ali. Abbot quando ha scritto il libro era direttore della sezione ricerche della Nasa… un posto dove le ali servivano molto. Letto ormai da generazioni di ingegneri, progettisti e talvolta curiosi serve a costruire una base teorica un poco più solida del solito passaparola in cui i velisti sono espertissimi. Non ci sono tutti i profili più nuovi e aggiornati, frutto di solito di ricerche universitarie americane e tedesche, ma comunque spiega bene cosa succede a un profilo solido che scorre in un liquido. Angolo di attacco, allungamento, distribuzione dei carichi etc diventano concetti più familiari e comprensibili. Si possono comprendere meglio anche tante regolazioni delle vele e il tuning della barca. Nel caso è da segnalare uno dei pochi testi che affrontano in maniera moderna e attendibile il problema lasciando da parte molte favole racontate dai manuali che è “Arte e Scienza della vela” di Tom Whidden, uno dei velisti più forti del recente passato con un certo numero di vittorie della Coppa America come tattico di Dennis Conner e presidente di North Sail.

Per chi vuole curiosare sul sito della Nasa alla ricerca di nuove e vecchie teorie
Nasa Technical Reports

Inizia martedì a Auckland la terza tappa del Louis Vuitton Trophy, regata che vedrà impegnati otto team che hanno l’ambizione di diventare sfidanti nella prossima edizione della Coppa America. Uno dei due italiani iscritti a dire il vero lo è già: Mascalzone Latino Audi Team infatti ha già lanciato la sua sfida a Bmw Oracle attravero il Club Nautico Roma che è divenuto Challenger of Record. Gli altri per farlo dovranno aspettare che vengano rese note le regole della prossima edizione che Larry Ellison e Vincenzo Onorato potrebbero concordare nelle prossime settimane. L’altro team italiano è Azzurra, che ha vinto la prima serie di regate del Louis Vuitton Trophy, quella corsa a novembre a Nizza. Azzurra è dunque la barca da battere anche se i padroni di casa sono gli uomini di Emirates Team New Zealand, che ha messo a disposizione due barche su cui si alterneranno gli otto equipaggi iscritti. Mascalzone Latino ha per timoniere il neozelandese Gavin Brady e tattico l’americano Morgan Larson, stratega il bravo Flavio Favini. Azzurra è timonata da Francesco “Checco” Bruni con tattico Tommaso Chieffi, uno dei velisti italiani più esperti, già timoniere di Italia e tattico di Oracle nel 2003, prima sfida di Larry Ellison. Tommaso Chieffi in questi giorni ha ribadito i valori di Azzurra “un nome che ha portato la vela nelle case degli italiani, con un equipaggio in gran parte italiano, che a bordo parla la nostra lingua”.
Gli altri team in regata sono lo svedese Artemis, con Paul Cayard nel ruolo di skipper e Terry Hutchinson timoniere. All4 One issa due bandiere: la francese e la tedesca e schiera Jochen Schumann, uno dei velisti più forti al mondo con le sue quattro medaglie olimpiche e l’esperienza a bordo di Alinghi, il timoniere è il francese Sebastien Col. Ancora dalla Francia Aleph Sailin Team con lo skipper e timoniere Bertrand Pace, uno degli uomini più esperti con questo genere di barche e regate. Team Origin batte bandiere inglese ed è animato da sir Keith Mills, l’uomo che ha propiziato l’arrivo a Londra delle Olimpiadi 2012. Ai comandi della barca di campioni di assoluto valore, il timoniere Ben Ainslie e il tattico Ian Percy, due atleti olimpici convertiti al match race. Dalla Russia il team Synergy con timoniere il polacco Karol Jablonsky, un equipaggio in realtà molto internazionale che ha dimostrato anche a Nizza di poter competere con i migliori.
Le regate iniziano martedì: dopo una prima fase eliminatoria in cui tutti incontraranno tutti una volta le due barche con il punteggio più alto avranno il diritto di accedere alla semifinale mentre per le altre ci saranno dei gironi eliminatori.

Una delle barche più famose della Coppa America è questa New Zeland, ormai trasformata in museo galleggiante per trasportare i turisti nel Viaduct Basin di Auckland. Disegnata dallo studio Farr doveva essere imbattibile con il vento di San Diego grazie alla sua configurazione con due chiglie: sulla carta una soluzione vincente per la “portanza” ma molto difficile da mettere a punto. In quella edizione della Coppa non era l’unica a tentare questa strada, infatti anche Spirit of Australia di Iain Murray la montava con un certo successo ma il team non era molto ricco.
New Zealand è quella che ha incontrato il Moro di Venezia nella finale Louis Vuitton, la barca diventata famosa per il bompresso e per la grande protesta che lo riguardava poi vinta dal Moro. Va detto che il bompresso era certamente usato in maniera irregolare per le regole del tempo, ma che i vantaggi che dava in termini di prestazioni sono molto modesti, al tempo calcolati come qualche secondo per ogni strambata.
La configurazione con due chiglie “twin keel” può dare vantaggi notevoli soprattutto nella navigazione in linea retta mentre è più difficile la manovra in partenza e spesso dovevano timonare in due, il tattico David Barnes azionava la deriva di prua e il timoniere Roderick “Rod” Davis quella di poppa. Nelle ultime due regate nel tentativo di ribaltare la situzione hanno debuttato in Coppa America il tattico Brad Butterworth e il timoniere Russell Coutts.
Le prestazioni erano ottime con mare quasi piatto e vento di 6, 8 nodi. Per il resto New Zealand era una barca corta e leggera, una soluzione che nella formula Iacc non si è mai confermata vincente e tutti hanno scelto una strada verso le massime dimensioni di peso e lunghezza. Dunque le prestazioni “assolute” della configurazione della chiglia non sono del tutto misurabili. Il Moro di Venezia è stato il primo Iacc a raggiungere le massime dimensioni, strada seguita anche da America Cubed che ha aggiunto due intuizioni fondamentali, ridurre la larghezza in coperta e la superficie bagnata con chiglia e timone molto piccoli, strada seguita poi da tutti i progettisti.