L’incontro della giornata per il pubblico italiano è toccato a Mascalzone Latino Audi Team e Luna Rossa,  al debutto con la nuova configurazione con al timone Ed Baird e in equipaggio un mix di velisti che hanno partecipato alle campagne precedenti e nuovi inserimenti. Mascalzone naviga sotto i fari: è il team ospitante e ha già vinto una regata contro Azzurra, per Luna Rossa la regata era una prima assoluta.
Fin dalla partenza si è avuta la sensazione che su Luna Rossa ci fosse un equipaggio ben rodato e in grado di competere al massimo livello. E infatti Baird e compagni hanno messo la prua della loro barca oltre la linea di partenza dalla parte giusta, navigando in vantaggio con l’avversario. La barca di Patrizio Bertelli è rimasta al comando per tre lati, amministrando bene il suo vantaggio iniziale e controllando i Mascalzoni.

In cerca della mossa giusta per ribaltare la regata a loro favore. Scelgono il mitico gybe set, ovvero la manovra con cui si stramba sulla boa issando il gennaker sulla nuove mura. Complessa e costosa in termini di velocità. Ma anche una scelta obbligata per chi è dietro e cerca nel cappello un coniglio bianco. Le barche si allontanano tra loro: i tattici annusano l’aria con la speranza di trovare la raffica giusta. Mascalzone non si infila nel buco d’aria che aveva rallentato Luna Rossa e consentito di avvicinarsi all’avversario e invece naviga pulito verso l’arrivo. Sul traguardo il vantaggio di Mascalzone è di soli cinque secondi, che servono a conquistare il suo secondo punto del Trophy. Per Luna Rossa il debutto cambia colore, anche se l’equipaggio ha dimostrato di esserci e di non aver perso smalto nel portare la barca. Quello di Luna Rossa non è un errore ma una scelta obbligata nelle condizioni di vento debole e Mascalzone Latino Audi Team ha fatto l’unica scelta che, come è successo, gli ha consentito il sorpasso, deciso dal vento.

Non bene Azzurra, che per il secondo giorno incassa una sconfitta poco piacevole: finora oltre tutto l’equipaggio di Francesco Bruni era stato tra i migliori a interpretare le giornate di vento debole, come quando ha vinto a Nizza. Oggi nella prova contro All4One, la squadra franco tedesca condotta da Jochen Schumann e Sebastien Col dopo una buona partenza è finita dietro e non è mai stata in grado di arrivare a toccare la coda dell’avversario, che ha vinto con un vantaggio di 20 secondi.

Il risultato sensazionale è quello ottenuto da Aleph contro BMW Oracle Racing, il defender della Coppa America, portato da James Spithill non è stato in grado di controllare fino alla fine i francesi, che hanno vinto una bella regata con un vantaggio di 28 secondi.   Per i francesi che già ieri si erano dimostrati molto più in forma che negli eventi precedenti è una bella prova mentre per lo squadrone americano, che a dire il vero per molti mesi non si è mai allenato sul monoscafo, mentre era impegnato a costruire la sfida per la Coppa America c’è da mettere a punto qualcosa.

Senza storia la quarta regata della giornata tra Artemis e TeamOrigin, Paul Cayard e Terry Hutchinson hanno condotto una prova molto lucida e al contrario Ben Ainslie e Iain Percy non hanno trovato la marcia giusta. Il distacco alla fine è di 46 secondi.

Siamo a La Maddalena per le regate del Louis Vuitton Trophy. Uno dei maggiori quotidiani nazionali ha iniziato la sua battaglia “contro” già  da tempo, proponendo articoli e documenti molto contrari all’iniziativa, che hanno provocato anche qualche sconquasso: in particolare l’affermazione che una manifestazione sportiva dedicata ai vip non era non doveva essere di pertinenza della Protezione Civile e del Governo che hanno firmato i provvedimenti. Sulla carta non è sbagliato, le regate non sono una catastrofe, un terremoto, un allagamento. Però…. Per una comunità locale scippata del G8, che ha assistito allo scempio di una costruzione che ha visto protagonista il temibile Anemone con un esborso da parte dello Stato di oltre trecento milioni di euro destinata a restare lettera morta, mai finita, e mai destinata a essere finita come quei pezzi di autostrada che terminano nel nulla in mezzo alla campagna, serviti solo a qualche propaganda elettorale.  Insomma, la cosa equivale a un terremoto. Forse non brutale come quando la terra trema davvero, ma lo è. Ha fatto scalpore che i denari, circa 2,3 milioni presi dal fondo destinato al Sulcis su 4,5 del valore complessivo dell’evento (il resto lo mettono altri sponsor e Wsta che di fatto organizza le regate) fossero stati presi “a prestito” da quelli destinati al Sulcis, terra da bonificare dove da molti anni cento minatori manifestano per un futuro migliore. Cento minatori là, cento e forse più operai e impiegati nel vecchio Arsenale: con l’intervento di Mita (Forte Village di Marcegaglia) che ha preso in carico le strutture ben disegnate da Stefano Boeri e mal costruite da una pletora di imprese del “solito” giro italiano potrebbe tornare alla vita. Valore dell’intervento 75 milioni di euro, compresi ampi rifacimenti di quello che è stato fatto per il G8, perchè fatto male, come tutte le linee (ma come avrebbero fatto i servizi di comunicazione e sicurezza se davvero gli otto forti del mondo si fossero incontrati qui?) dedicate alle reti Web. Dopo un anno le colonne bianche, ma di ferro, sudano ruggine. Siamo al mare… Ma sembrano avere appena una mano di vernice. Anche questo è un terremoto insomma, il solito terremoto sui nostri portafogli. Forse non si doveva neanche cominciare a pensare che un posto come La Maddalena poteva avere una destinazione turistica di lusso…. Ma questo è l’unico modo per un posto incantato come questo per creare ricchezza per la sua comunità locale. Gli anni di dominio militare hanno avuto un esito positivo: è paradossale ma hanno conservato l’ambiente, lasciato all’isola un sapore autentico e non artificiale come nella vicina Costa Smeralda. Dunque ci chiediamo se quei due milioni e trecento, nulle al confronto dei trecento già spesi dallo Stato, dei 75 che verranno spesi da un imprenditore privato, siano davvero così scandalosi visto che sono il pretesto per parlare, scrivere, ma soprattutto riportare vita in un posto che sarebbe destinato a restare una cattedrale nel deserto.

Nel solito stile italiano la parte che si oppone tace che qui ci saranno delle opportunità di lavoro, tace sul fatto che i posti barca sono un buon modo per recuparare strutture portuali come questa e attivare una operazione “Robin Hood”: togliere ai ricchi per far lavorare i poveri. Talvolta si toglie anche troppo: ristoranti con listini criminali, dove si spendono 10 euro per un panino, 50 euro per un piatto di pasta e un mezzo vino, oppure 200 euro per un menù completo. Ma questo non fa scandalo.,. fa solo essere furbi.

Il lusso a portata di mano. Quale lusso? Forse non quello di sprecare denaro. Quello di fare grandi vacanze si. Oceanis 58 è una barca costruita da un cantiere che non ha bisogno di presentazioni che si affaccia, come ha fatto con il marchio Jeanneau, a un mercato di taglie importanti. Piccoli numeri, un mercato fatto di cantieri abituati a offire tra i plus l’idea di una barca “custom” che poi molto spesso finisce per essere solo la barca che ha voluto un armatore in cerca di guai: perchè troppo vicina ai suoi desideri e non alle idee di un buon progettista. Spesso più bravo. La carena di questa nuova ammiraglia del più grande cantiere del mondo per le barche a vela è disegnata da Berret Racopeau, gli interni dallo studio milanese Nauta, che ha firmato già tutto il resto della serie Oceanis applicando uno stile concreto, fatto di semplicità per l’occhio con colori tradizionali e di spazi molto ampi per vivere.

Oceanis 58 è disponibile in versione tre cabine più equipaggio e in versione quattro cabine più equipaggio. Finiture e impianti come sempre completi a livello Beneteau, uno dei primi cantieri che ha voluto proporre barche con dotazioni adeguate a navigare davvero nel listino o al massimo in un unico pack con sovrapprezzo per non disorientare i clienti con una lista infinita di optional. Insomma il contrario di quanto ha fatto per anni Grand Soleil che nella lista magica ha inserito perfino il bulbo.

Le scelte di base fatte per questa ammiraglia sono grande luce negli interni, con ampie finestrature anche nelle cabine di poppa, da cui se lo spoiler è libero si può ammirare la vista. Non del molo… ma della rada quando si è all’aperto. Oceanis 58 è destinato a diventare un esempio, perchè unisce alcuni elementi di evidente tradizione con delle scoperte o meglio “ri” scoperte che ne fanno una macchina da crociera formidabile. La lunghezza fuori tutto supera di poco i 18 metri e si attesta sui 60 piedi reali, quella della carena arriva a 17,75. La larghezza è di cinque metri, l’immersione di 2,60, il dislocamento tutto sommato contenuto: 22 mila kg circa.   Motore da 140 cavalli per veloci trasferimenti.