Bellezza dei contrasti. Poche decine di metri separano il Marina dell’ex Arsenale della Maddalena dalla base dove si allunga la fila dei container, le “officine mobili” dei team in competizione al Louis Vuitton Trophy. La gigantesca gru telescopica muta il rosso intenso del suo braccio, dritto verso il cielo come se volesse ammonirlo, quando il sole lo scaraventa a terra, annerendolo quasi fosse la lancetta di una meridiana. Una radio a tutto volume, è il rapper Jay-Z ad irretire un’alba pacata,da affresco tiepolesco, e dunque rosa e celeste. In veleria, un ventilatore asciuga uno spinnaker, è tiepido, ronzante scirocco. Carbonio, kevlar, vetroresina: “cose” degne di Jules Verne per le barche a vela latina che beccheggiano appena nel riquadro di un azzurro appena increspato del marina. Sono nate e cresciute quando andar per mare era comunque fatica anche quando non era lavoro. Per orientarsi, le stelle, ben prima del sestante, del cronometro e delle effemeridi.

Apparsa intorno all’anno Mille, diffusa in Mediterraneo dagli arabi, la vela latina ha soppiantato la vela quadra. Per intenderci, quella di Ulisse. Dunque, i latini non c’entrano nulla con il suo nome, contrazione ed evoluzione della definizione “vela alla trina”, a triangolo, formato dall’”antenna”, issata diagonalmente all’albero, con l’angolo di scotta in basso. La Sardegna e in particolare La Maddalena,  hanno contribuito alla sua rinascita insieme a Stintino , Carloforte, Bosa, Alghero. I maestri d’ascia sardi ci sono ancora: tra i più noti, Del Giudice e Carrano, Polese, Sanna. E così i velai, che cuciono- volendo anche in tela- la grande “bastarda”, la media “burda”, la piccola “marabutto”.

Serpe istoriate, essenze pregiate, ottoni: è la palese “lontananza” da ogni assimilazione alla produzione in serie, fosse anche la più limitata. La bellezza è rigore: solo le bussole occhieggiano sulla coperta. Bitte e gallocce?  Domanda inutile, sono in legno. Vecchie signore, fascino d’antan, piacere di un tempo che fu? No, da tutte trasala un profumo ora quasi dimenticato, una compostezza domestica e virile, di quando si costruiva con la prospettiva del “sempre” e invece di buttare via si riparava e si restituiva. Non è solo flatting, è la mano del maestro che ha cercato nei tronchi  e nei rami quelli che avesse già la forma più idonea per intagliare uno un madiere, un segmento del cavallino. Verrebbe da accarezzarle ma potrebbero scostarsi, ingelosite dai tanti sguardi catalizzati dalle protagoniste del Louis Vuitton Trophy, slanciate e fatali nel loro abito nero che lascia spazio agli sguardi e ai commenti.

Il tempo delle signore a vela latina ormeggiate nel marina scorre al ritmo degli anni e dei decenni. Non è così per le atlete che si contendono anche l’ultimo decimo di secondo. Aveva ragione Einstein, anche il tempo è relativo.

Donatello Bellomo

La giornata comincia presto: in acqua Azzurra ed Emirates Team New Zealand. L’incontro è atteso, per gli italiani abbordabile per quanto difficile. Francesco Bruni e Tommaso Chieffi impostano una bella partenza e riescono a conquistare un bel vantaggio. Il pubblico italiano freme: i nostri sono davanti ai maestri, Azzurra che finora ha fatto belle regate senza portare a casa i risultati che merita è li in mezzo al campo, con i kiwi a inseguire. Ma avvicinandosi alla boa di bolina Azzurra invece di mantenere una posizione forte proseguendo a destra pasticcia e si infila in una brutta serie di manovre. Dean “Dino” Barker piomba su Azzurra con eleganza, ma determinazione. E li schianta. Gira la bolina in testa. Game Over, piccolo recupero degli italiani alla fine per tagliare con 16 secondi di ritardo.

Racconta Tommaso Chieffi, tattico di Azzurra: “In partenza entrambi gli equipaggi hanno lottato duramente per l’estremo sinistro e noi siamo riusciti a ottenerlo. Checco è stato molto bravo ad agganciare Emirates Team New Zealand da poppa. Barker ha cercato di resistere, ma a un certo punto ha dovuto mollare il colpo. Per due terzi della bolina non incrociavamo, ma abbiamo avuto pazienza e a circa un minuto dalla lay-line è arrivato l’aspettato salto da sinistra e siamo riusciti a incrociare. A questo punto sembrava una regata fatta. Ma poi, purtroppo, c’è stata un’ingenuità’ da parte mia: guardando dietro, ho pensato che ci fosse spazio per fare due virate, invece così non è stato. Probabilmente eravamo sul massimo sinistro e un pelo di rotazione a destra del vento ha ridotto le nostre tre lunghezze di vantaggio a meno di una; purtroppo questa mia valutazione inesatta ci è costata una regata praticamente vinta… per cercare di fare troppo bene alla fine abbiamo fatto troppo male.”
I kiwi restano in barca e liquidano dopo una falsa partenza e una regata al comando i francesi di Aleph Sailing Team per 29 secondi. Tocca poi a TeamOrigin e Synergy: bella regata, vinta dagli inglesi con un vantaggio di soli 6 secondi.
I motori sono caldi, il pubblico pronto, quando salgono sulle barche il leader della classifica Artemis, la barca di Paul Cayard e Terry Hutchinson contro Mascalzone Latino Audi Team: si combatte per la parte alta della classifica. Artemis è imbattuta dopo quattro regate. I Mascalzoni sono bravi, il timoniere Gavin Brady usa tutta la sua perfida cattiveria: impacchetta gli avverasi, li lascia fermi come non si dovrebbe mai finire e si lancia verso la gloria. All’arrivo il vantaggio di Mascalzone è di 46 secondi. Spiega il tattico Morgan Larson: “Gavin ha fatto una grande partenza sulla sinistra, dove volevamo essere. Ieri sera avevamo fatto una bella riunione puntualizzando la debolezza di Terry nel prepartenza. Credo che Gavin abbia sfruttato quella lacuna anche se sarebbe bastato pochissimo per Terry per volgere la situazione a suo favore”.
Dopo i Mascalzoni tocca a Synergy battere i francesi di Aleph per 33 secondi, in attesa del grande match tra BMW Oracle e Luna Rossa. Dalla parte americana il timoniere australiano James Spithill, che nel 2007 era su Luna Rossa. Le due barche partono lontane: Luna Rossa dalla parte del Comitato e gli americani vicino alla boa. Il vento da ragione a Luna Rossa che naviga indisturbata per tutto il resto del percorso e vince con un vantaggio di 22 secondi. Cicco Rapetti, un ex di Alinghi e uno dei più forti velisti italiani, scivola in mare a mezza barca ma si tiene a una scotta, riesce a risalire. Per l’equipaggio di Ed Baird e Torben Grael la vittoria è una grossa soddisfazione, un secondo punto che da forza dopo l’avvio incerto. Dice Romolo Ranieri, uno dei vecchi leoni del team di Patrizio Bertelli: “Un vittoria importante, perché possiamo continuare a contare sui nostri risultati e  non su quelli degli altri. Un momento difficile è stato al giro di boa quando Cico Rapetti è rimasto impigliato in una controscotta ed è caduto in mare. Per fortuna è riuscito a tenersi e a tornare a bordo”.   

La giornata si chiude con i preparativi per la grande festa di domani: località a sorpresa, come nella tradizione di Louis Vuitton, sempre autore di grandi feste. Gli invitati sono eccellenti e saranno ambasciatori delle bellezze della Sardegna e dell’arcipelago della Maddalena. Donne bellissime come Margareth Made, Kasia Smutniak, Bianca Balti, Martina Codecasa, Diane Fleri, Daniela Fiu. Da Bolliwood arrivano Sameera Reddy e Malaika Arora Khuan; dalla Francia la conduttrice televisiva Arianne Bourgoin, Léa Seydoux, Charles Gilibert.  

Classifica provvisoria
1) Artemis, 4-1, 4 punti
1)  Emirates Team New Zealand, 4-1, 4 punti
3)  Mascalzone Latino Audi Team, 4-1, 3 punti *
3)  All4One, 3-3, 3 punti
3)  Synergy Russian Sailing Team, 3-3, 3 punti.
3)  TEAMORIGIN, 3-3, 3 punti
7)  Azzurra, 2-3, 2 punti
7)  Luna Rossa, 2-5, 2 punti
9)  BMW Oracle Racing Team, 1-4, 1 punto
10)  ALEPH Sailing Team, 2-4, -2 punti *

* Punti dedotti per intervento della Giuria/Comitato

Una bicicletta, pochi minuti di pedalata senza affanni dall’Antico Arsenale che ospita il Louis Vuitton Trophy, ed ecco il ponte tra La Maddalena e Caprera. Massi di granito che il vento ha sbozzato in sculture improbabili, macchia mediterranea, una pineta popolata dai cinghiali. La sequenza di rettilinei e curve finisce a Stagnali, la nostra meta, un’antica struttura militare non lontana dalla casa di Garibaldi, dove si trovano il Museo Geomineralogico, il Museo del Mare e delle Tradizioni Marinaresche e il Centro Ricerca Delfini.

Tutti ma proprio tutti i minerali dell’isola sono raccolti nelle due sale della prima struttura. Il responsabile Ennio Santoro, esalta le caratteristiche del granito isolano. “E’ il più tenace e duro. I nostri scalpellini e la nostra pietra hanno reso La Maddalena famosa nel mondo”. Una foto, vecchia di ottant’anni, immortala la preparazione sull’isola del singoli elementi e il montaggio in Egitto del gigantesco monumento intitolato “Alla difesa del Canale di Suez”, una sorta di torre-obelisco visibile a chilometri di distanza. Una scacchiera a settori, protetta da un cristallo. “Ognuno contiene la sabbia di una nostra spiaggia”. Dal grigio all’oro al giallo al rosa. Santoro indica contemporaneamente due riquadri, il primo è grigio, appena macchiato di rosa, nel secondo il colore è intenso. “La spiaggia di Budelli ha ritrovato il suo colore naturale grazie alla tutela ambientale. I turisti prelevavano la sabbia come souvenir, le ancore aravano i fondali e uccidevano la Posidonia, “responsabile” della colorazione della rena. Siamo tornati all’antico, fortunatamente”. Domina la sala un grande blocco di quarzo che Santoro definisce “eccezionale”. In un’altra vetrina, le testimonianze preistoriche dell’utilizzo delle pietre locali: coltellini in selce, punte di freccia in ossidiana, pestelli in “Gneiss”. Un settore è dedicato alle attrezzature dei cavatori. Scalpelli, ovviamente, martelli di ogni tipo, manuali e pneumatici. Nella seconda sala, decine e decine di specie di conchiglie e di flora marina.

Il Museo del Mare e delle Tradizioni Marinaresche “apre” con un’attrezzatura completa da palombaro con tanto di pompa della ditta Italo Zannoni di La Spezia, risalente ai primi del secolo scorso, baule, vestiario e tabelle originali di decompressione. Poi, modelli in scala di scafi. E madieri, bozzelli, passacavi, tutti di fattura artigianale, fanali di via, bussole. Non si tratta di cimeli ma di “strumenti quotidiani”, opacizzati dall’uso e dal tempo. Un armo latino, completo di vela, campeggia nella seconda sala, a fianco di un boma proveniente da una grande imbarcazione ottocentesca.

Tra i responsabili del Centro Ricerche Delfini, Irene Galante, milanese. “In queste acque vivono circa cinquanta esemplari della specie Tursiope. Nelle Bocche di Bonifacio, transitano anche Stenelle e Balenottere. Un maschio adulto di Tursiope, che in libertà vive sino a quarant’anni, può pesare sino a trecento chili per tre metri di lunghezza”.

Il Tursiope è il delfino che conosciamo grazie al cinema. Pare sia un attore nato. Curioso, intelligente, facile da addestrare. Il Centro monitora tutto l’anno dal gommone gli esemplari in arcipelago; il Tursiope ha abitudini costiere e stanziali. Ogni delfino ha una sorta di carta d’identità che ne permette il riconoscimento: la pinna dorsale, mai eguale a un’altra. Da qui, il nome attribuito a ciascun esemplare: Pippo ( è il più famoso, un grande poster lo ritrae a pelo d’acqua mentre si sta immergendo, la pinna è ben visibile), Pennabianca, Lembo… Al nome non corrisponde sempre la certezza sul sesso dell’esemplare. “Andiamo per esclusione” precisa Irene. “Se un esemplare viene avvistato per più stagioni senza un piccolo che nuota al suo fianco, è un maschio. I cuccioli restano con la madre per almeno tre anni”. Il delfino ha un palato fine; le sue papille gustative ne fanno un intenditore di triglie e calamari. Meno gradito è lo scorfano. Tra le attività del centro, i corsi di educazione ambientale per studenti, la divulgazione ai turisti e un parallelo monitoraggio dei Tursiopi in collaborazione con i pescatori locali.

Donatello Bellomo

Il Louis Vuitton Trophy La Maddalena è arrivato al suo quinto giorno, con la Sardegna che finalmente è diventata l’isola del vento, con un programma ricco di scontri tra grandi campioni che non si risparmiano negli scontri che ogni giorno animano l’aricipelago de La Maddalena. Mentre lo shore team (la squadra che si dedica alle operazioni di terra) lavora alle barche danneggiate ieri nell’incontro tra Azzurra e Aleph, penalizzato per un totale di quattro punti per quanto successo, in acqua il Comitato presieduto da Peter “Luigi” Reggio ha lavorato come al solito per rispettare il programma. Al mattino, prima regata, è sceso in acqua l’equipaggio di Mascalzone Latino Audi Team per incontrare il sindacato russo Synergy,idea di un gruppo di imprenditori con interessi internazionali affidato al sanguigno timoniere polacco Karol Jablonski. Synergy è partito meglio e ha condotto per gran parte della regata e i fatti decisivi sono nell’ultima poppa. Gavin Brady riesce a girare la boa di bolina proprio dietro i russi, con una manciata di secondi di ritardo e poi comincia il suo attacco. Li pressa da vicino, resta all’interno nella strambata e poi riesce a “rollarli” come si dice in gergo per definire il sorpasso. In quel momento Jablonski si innervosisce e quando gli italiani sono già oltre, liberi di scegliere la loro rotta cerca di portarli all’orza. Il risultato sono due penalità, una per l’infrazione e l’altra per aver reagito male nei confronti degli Umpire, gli arbitri in acqua, quando ha visto alzare la bandiera di penalità. Capita.  Racconta Alberto Barovier aiuto prodiere su Mascalzone Latino: “Oggi scirocco a 15 nodi, e con questo nuovo vento abbiamo provato anche nuove emozioni nella regata contro Synergy. Abbiamo tenuto il contatto con l’equipaggio russo per tutta la regata e nella seconda poppa siamo riusciti a coprirlo e rollarlo, scatenando la sua aggressività che lo ha portato a subire ben due penalità. Un altro punto molto importante per noi”. Per la barca italiana il programma non prevedeva altre regate mentre i russi sono rimasti restare in barca per affrontare Emirates Team New Zealand. Synergy al mattino era imbattuta, al pomeriggio deve incassare due sconfitte: Dean Barker e il suo equipaggio non perdonano, non lasciano spazio a Karol e compagnia non ostante un grande recupero nell’ultima poppa che li porta a tagliare la linea di arrivo con soli quattro secondi di ritardo. Terzo match del giorno quello tra BMW Oracle e All4One, dove gli americani sono finalmente protagonisti  e conquistano la loro prima vittoria dopo un avvio non facile. Incontro combattuto, vivace, con l’equipaggio franco tedesco sempre vicino e autore di una partenza migliore di quella espressa da James Spithill che però ha ritrovato la sua mano felice lungo la bolina dove ha superato gli avversari rimanendo poi al comando fino alla fine.

Il quarto match della giornata era molto importante per i colori italiani: Luna Rossa contro Artemis, il leader della classifica, imbattuto dall’inizio del Trophy. Per Ed Baird e Torben Grael un incontro importante. Purtroppo si gioca tutto nella partenza, quando Artemis riesce a rallentare Luna Rossa mentre le due barche sono in anticipo sulla linea, a partire più veloce e mettersi in una posizione di controllo. Per Luna Rossa è un lungo inseguimento che dura tutta la regata. Nella prima bolina incisivo, restano vicini, ma poi non riesce più a tenere aperta la regata e lascia il via libera alla quarta vittoria, su quattro regate, per gli svedesi.

Il Comitato è riuscito a rendere possibile una ulteriore regata, per completare il pomeriggio del Louis Vuitton Trophy La Maddalena. L’equipaggio di Luna Rossa è rimasto su Ita 99, una delle due barche messe e disposizione da Mascalzone Latino Audi Team per affrontare All4One, la barca franco tedesca portata da Jochen Schumann e Sebastien Col. Nella partenza Ed Baird e Sebastien Col hanno scelto lati diversi del campo, ma quando è stato il momento di convergere Luna Rossa, che era a sinistra si è trovata anche dietro. L’equipaggio di Patrizio Bertelli ha inseguito per tutto il resto della regata ma non è riuscito a tornare vicino, in una posizione che consentisse di attaccare veramente.