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Oracle ha paura

La terza giornata di San Francisco, dovevano essere regata cinque e sei, è iniziata con l’ansia di una prova decisiva. Sarebbe stata infatti rivelatrice delle forze in campo, ovvero della concreta possibilità di Oracle di rimontare Emirates Team New Zealand, di difendere con successo la Coppa America (nel loro caso non si vince, si difende e questo definire i termini ha una sua importanza) per riuscire trattenerla nelle acque della California. Per tutti è ormai a mezza scaletta di un Airbus Emirates, ben chiusa nella sua valigia di pelle griffata, accompagnata dalla guardia del corpo. La Coppa non deve partire… e dopo questa terza giornata salta fuori che forse nella sterminata base di Oracle, un molo intero con cantiere e quant’altro bisognava pensarci prima. Costruire una velocità diversa, osservare meglio le api operaie che a Auckland ogni giorno mettevano un mattoncino nuovo, conquistando un decimo per volta ma anche qualche nodo. Il progresso dal momendo del varo di barca uno a oggi è impressionante: allora non passava i 35 nodi con bufera, oggi in una fase del pre-partenza ha quasi certamente bucato il muro dei 50 nodi. Peccato non ce lo dicono…
La cronaca è questa: si parte con vento di 18 nodi, per tutti è un cross over tra un modo di portare la barca e un altro. Sopra sembra che Oracle soffra meno. Dean spinge Spithill ma ancora una volta Oracle accelera bene ed è in testa alla prima boa. I kiwi inseguono restando attaccati a poche lunghezze lungo il lato di poppa. Dean Barker non molla, attaccato come un’ombra il nemico “devi navigare con loro nell’aria migliore, c’è un canale di vento forte dove bisogna star dentro, per poi attaccare dopo”.  Al cancello di poppa ETNZ arriva con otto secondi di ritardo, poi inizia la bolina, la vecchia cara andatura controvento dove di solito, nel vecchio manuale, si vincono le regate. Oracle fa manovra molto strana: ha girato la boa a sud del cancello e logica vorrebbe che usasse tutta la velocità per orzare senza perdere acqua,  ma qualcuno chiama la destra, la barca vira ed è quasi ferma, dopo pasticciano anche un po’ a nove nodi mentre New Zealand inizia la bolina senza virare ma anzi con tutta la potenza accumulata in poppa e guadagnando subito. Molti danno la colpa a Kostecki ma e pensarci bene non può essere la stessa persona ad aver chiamato prima la boa sud e poi la destra con virata, sintomo che a bordo si discute, qualcuno non crede più a Kostecki o l’errore è proprio il suo? Chi ha “over called” forse Slingby.  Difficilmente sapremo come è andata davvero. Dopo si capisce anche molto in fretta che gli americani sono molto più lenti. I kiwi sono scatenati, usano la porta aperta da Oracle per iniziare la rimonta, che dura poco. La barca neozelandese, a leggere i dati numerici è sempre più veloce di quella americana almeno due nodi e orza almeno tre gradi di più, vira meglio con una specie di rolling tack che alza subito lo scafo. Ci sono momenti in cui naviga a 27 nodi, in semi foiling, ovvero con lo scafo che si solleva appena dall’acqua per ridurre il drag (guardare le scie come cambiano) .
Oracle, che nel giorno di riposo aveva subito delle modifica, sembra un cavallo zoppo: irriconoscibile rispetto alla regata in cui l’abbiamo vista combattere e vincere. Una prestazione, ci sta anche una battuta poco generosa con i nostri eroi ma certamente tollerata, da Luna Rossa. In altre parole la regata di Oracle ne rivaluta le prestazioni. Dean Barker chiude la pratica galoppando a pancia bassa con un minuto e diciassette secondi di vantaggio sul traguardo.
Gli americani sono tra lo sconsolato e l’infuriato. Qualcuno da la colpa a quella mossa sbagliata, tuttavia sembra che la barca neozelandese sarebbe stata un brutto cliente in ogni caso. E’ sempre faster and higher. Così a bordo di Oracle decidono di sfruttare il “jolly” ovvero di chiedere il “postponement” della seconda prova del giorno dove sarebbero di certo sconfitti. Spithill salta dalla barca al gommone per parlare con Coutts a voce e non per radio o telefono. La sospensione è tempestiva e probabilmente giusta, anche attesa dai kiwi,  ma è anche un forte segno di debolezza, segno che si sono resi conto di non potere andare avanti. Sembra quasi una dichiarazione di resa. La conferenza stampa era gremita di spettatori, Patrizio Bertelli compreso in attesa di iniziare le sfilate ma interessato al prossimo Protocollo di cui sarà con ogni probabilità Challenger of Record.
Intendiamoci, può ancora succedere di tutto, ma di fronte alla forza dei nervi distesi dei neozelandesi, che oggi nel giorno di riposo faranno semplice manutenzione è un segno di nervosismo. Ray Davies, simpatico tattico dei kiwi: “se cambiano per noi è meglio, significa che stanno cercando un assetto che non hanno”. Sottintende anche che quando cambi qualcosa la devi anche provare, ed è difficile far miracoli quando gli altri ti aspettano al varco. Cosa possono cambiare? Di tutto, persone, derive, timoni. Il parterre di tattici e timonieri che possono schierare fa anche un po’ paura: da sir Ben Ainslie unico velista con quattro ori e un argento olimpici, allo stesso Russell Coutts sempre rimasto a terra ma che comunque in barca ci sa andare. James Spithill, timoniere dalle partenze fulminanti ha detto “non sono sicuro nemmeno io di essere a bordo…”. Come dire Larry Ellison può arrivare e fare una rivoluzione, come ha fatto in passato. Gli uomini nuovi li possono anche avere, ma hanno 36 ore per trovare 2,5 nodi di bolina, una impresa davvero difficile. Il programma prevede per il prossimo giovedì due regate. Il punteggio è Emirates New Zealand 4, Oracle meno uno.