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Vita da diciottesimo

Inutile affannarsi a cercar paragoni. “Fare” il diciottesimo uomo sul BMW Oracle che ha gareggiato in Coppa America, sistemato a poppa un metro oltre il carrello della randa giusto per non essere d’impaccio, con il colpo d’occhio sugli atleti di Azzurra che agiscono con il sincronismo degli orchestrali, induce a pensare alla sinfonia n°40 di Mozart: semplice, all’apparenza, quasi elementare, al punto che la si può fischiettare radendosi la barba. Macché, quelle venticinque tonnellate di poco carbonio e tanto piombo sono come la composizione di Amadeus, un esempio di sintesi e di complessità. Dallo spartito all’esecuzione, dal computer del progettista al varo ci corre il mondo. E’ quasi  un altro progetto, un secondo varo, un’altra storia, insomma: per suonare Mozart ci vogliono anni di preparazione e talento. Come per “portare” una barca di Coppa America con la facilità di chi timona il suo “otto metri” in un giorno di brezza primaverile. Andiamo per ordine: sensazione, suggestione, emozione. La prima: è una macchina da vento, se lo produce da sola. La seconda: più che la velocità, l’accelerazione che riapre la corsa dopo una virata e una strambata, vibrando nelle fibre di carbonio con un canto sordo, secco, profondo, che sale come se un capodoglio avesse “smusato” lo scafo. E’ successo e dunque lo dico: la prima volta mi sono spaventato. Ancora, la scodata della poppa che gira come una bussola sull’ago, ma senza strattoni, è forza centrifuga pura. Un occhio al timoniere, il siciliano Francesco Bruni, l’altro al tattico, il toscano Tommaso Chieffi. Senza togliere nulla ad alcun membro dell’equipaggio, viene da dire: eccoli, il direttore d’orchestra e il primo violino. Poche parole a bassa voce, mai sopra i toni. Nulla di nuovo sotto il sole, la calma è la virtù dei forti nell’ordinario e nell’emergenza. E questa massa filante, questo cetaceo nero moltiplica la sua forza tra cielo e mare, danza, sbuffa, sgroppa, corre. Poche parole, cenni più che altro, d’intesa e subito vele grandi come campi di calcio catturano l’aria, la imprigionano, ne sfruttano le turbolenze. L’equilibrio è sinfonico, è armonia tra le leggi dell’idrodinamica e dell’aerodinamica. Un aliante rovesciato che alterna il suo respiro alle manovre. Sussurra, canta, ruggisce, declinando un sentimento espresso da ruggiti e fremiti. I display della strumentazione dicono molto, forse tutto, anche il carico dello strallo espresso in tonnellate. Ma la verità sta prima e altrove. Atleti o poeti? L’uno non esclude l’altro, è questione di orecchio e di cuore, di stomaco e di braccia. La simulazione della competizione non è gioco, è battaglia, ingaggio con parametri che ogni volta si spostano più in la. Partenze, virate, strambate, a caccia della perfezione. Una domanda: è mai stato costruito un violoncello così grande? Risposta: si, questo e gli altri che hanno raccolto il suo guanto di sfida. Il diciottesimo uomo non sogna ad occhi aperti, si affanna a immagazzinare l’irripetibile, come farebbe un astronomo se si trovasse senza preavviso a salire sullo Shuttle per vedere per la prima e unica volta non le stelle dalla Terra ma la Terra dalle stelle. Quanto è durata, l’uscita? Il cronometro dice duecento minuti. Sbaglia, ne sono certo.

Donatello Bellomo