Si chiama  America la goletta che traversa l’Atlantico per andare a sfidare le imbarcazioni inglesi: è armata da un gruppo di ricchi animati da John Cox Stevens. Sono i fondatori del New York Yacht Club: George Schuyler, Hamilton Wilkes, Beekam Finlay e James Hamilton. Il progetto è di George Steers e riprende canoni molto usati in America per la pesca e per le imbarcazioni dei piloti del porto di New York, profondamente diversi da quelli inglesi. Non si tratta di barche strette e pesanti, ma di scafi larghi e più leggeri. Una esigenza nata nei porti del Maine e New England, ricchi di bassifondi. Il 1851 è  l’anno della grande Esposizione Universale, voluta dalla regina Vittoria, che regna sull’Impero Britannico e la sfida fa parte degli eventi collaterali. Il 22 agosto si regata attorno all’Isola di Wight e gli americani (lo skipper è Dick Brown) devono incontrare quattordici avversari inglesi. Conquistano quella che allora è solo “la Coppa delle Cento Ghinee” forgiata dal gioelliere della regina Garrard e messa in palio dal Royal Yacht Squadron, lo storico club di Cowes. La prima barca inglese è Aurora di Michael Ratsey, proprietario di un importante cantiere locale, che arriva otto minuti dopo America. La leggenda vuole che un valletto della regina abbia pronunciato alla regina, per descrivere la situazione, la frase “Maestà non vi è secondo”. Parole che comunque raccontano bene il vuoto che seguiva la barca americana e l’umiliazione degli inglesi. Adesso si discute se la frase sia vera, se quel valletto sia mai esistito. Certamente è rimasta nella storia ed è sempre citata per descrivere il senso di sfida della Coppa. “There is no second” è il cuore del match racing, è l’essenza del killing instict che viene richiesto ai timonieri.